Lo studio legale contesta il contenuto di due articoli relativi ad un presunto demansionamento infermieristico in una Rsa emiliana
“Enorme stupore”: l’affermazione, volutamente virgolettata, è contenuta nella comunicazione che l’avvocato Giuseppe Croari, dello studio legale associato Fiorillo-Croari di Bologna, ha fatto pervenire alla direzione del nostro giornale e, nello specifico a chi scrive.
Cosa ha provocato l’enorme stupore dell’avvocato Croari?
La presenza sul nostro giornale on line dell’articolo e dei video relativi, con i quali si racconta la storia di una infermiera che sarebbe demansionata all’interno della struttura sanitaria nella quale lavora.
Utilizziamo il condizionale e, più avanti, spiegherò anche il perché. Torno, invece, ai contenuti dell’articolo, firmato dal nostro collaboratore dott. Simone Gussoni: si racconta la storia di M. L., infermiera che dopo aver concluso gli studi e al termine della lunga trafila fatta di invio di curricula, è stata assunta da una RSA emiliana (VEDI).
M. L. (si badi bene che le iniziali sono sempre utilizzate nella prima parte dell’articolo) si è rivolta alla nostra redazione chiedendo se fosse lecito richiedere all’infermiere di compiere attività lavanderia, apparecchiamento e sparecchiamento del refettorio, come regolarmente accade nella struttura nella quale lavora.
M. L. racconta, inoltre, che le attività infermieristiche non contemplino il demansionamento, anche se i carichi di lavoro sono abnormi.
Qui di fatto si conclude il racconto e comincia l’analisi di una vicenda che potrebbe riguardare (anzi probabilmente riguarda, quando si parla di demansionamento) migliaia di infermieri in tutta Italia.
Quella di M. L. è una sorta di storia simbolo che ha provocato l’enorme stupore dell’avvocato Croari.
Che nella sua lettera di diffida inviata al nostro giornale, scrive che la sua assistita (che non citeremo perché non l’abbiamo mai fatto) lamenta “circostanze e informazioni imprecise, in quanto non rispondenti alla realtà dei fatti: in particolare, secondo quanto riferito dalla mia assistita e sulla base di quanto risulta dall’articolo, è stato da Voi erroneamente riportato che la stessa avrebbe svolto, presso la RSA di appartenenza, talune mansioni inferiori e degradanti”.
La dottoressa assistita dall’avvocato Croari riferisce di “non aver mai effettivamente svolto” mansioni quali “fare il bucato e lavare i pavimenti nella struttura presso cui è addetta”.
Ho riletto con attenzione l’articolo (lo avevo già fatto prima della pubblicazione) ed è vero: si parla di mansioni domestico – alberghiere pianificate dalla responsabile delle attività assistenziali (RAA) di quella struttura che devono essere comunque svolte, indipendentemente dal personale presente nel turno di notte con l’infermiere obbligato a fare il bucato, a piegare abiti e lenzuola, a stirare, a caricare e scaricare le lavatrici.
Ma anche in questo caso non c’è nessun riferimento diretto come invece sostiene l’avvocato Croari. Che accusa il nostro giornale di ingenerare nel lettore l’errato e infondato convincimento di un’inerzia del Collegio Ipasvi di Bologna sulla vicenda raccontata.
La nostra colpa? Aver scritto “Ipasvi, se ci sei batti un colpo” a seguito di questa storia emblematica (VEDI).
L’avvocato ci assicura, tramite la sua assistita, che l’Ipasvi di Bologna si è mossa immediatamente e non possiamo che prenderne atto: del resto il compito di un ente ordinistico è quello di tutelare i propri iscritti, una regola base che non va disattesa neanche per un solo minuto quando si viene a conoscenza di vicende come quella che abbiamo raccontato.
Abbiamo ottemperato, per eccesso di zelo, alla diffida dell’avvocato, ma su un punto non deroghiamo: quanto abbiamo scritto, utilizzando le iniziali della protagonista di questa storia e senza offrire elementi che potessero far identificare il luogo di lavoro (il territorio emiliano è vasto), non è frutto di fantasia.
Per questo l’enorme stupore dell’avvocato è anche il nostro: abbiamo raccolto elementi a sostegno di questa storia (è la regola principe del giornalismo) e anche il video ci era stato fornito, senza che lo avessimo estorto o ottenuto con l’inganno.
Dispiace che qualcuno possa aver compiuto una inversione a U anche se vale sempre una regola aurea: “Tengo famiglia”.
Redazione NurseTimes
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