È stato impiantato con successo il primo dispositivo DiaPort presso l’unità operativa di Diabetologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele. A beneficiarne è stato un uomo affetto da diabete di tipo 1.
Il sistema Diaport è composto da un catetere intraperitoneale connesso ad un dispositivo impiantato a livello della parete addominale anteriore, che consente la somministrazione continua di insulina utilizzando un microinfusore esterno indossato dal paziente.
L’insulina viene quindi drenata dall’addome al fegato, rendendolo così nuovamente primo organo bersaglio dell’ormone, come accade nelle persone non diabetiche.
La somministrazione dell’insulina per via intraperitoneale genera una riduzione della glicemia più simile a quella fisiologica rispetto a quella che si otterrebbe attraverso la somministrazione per via sottocutanea. Richiede inoltre dosi complessive di insulina più basse e comporta un ridotto rischio di ipoglicemia.
L’impianto di DiaPort viene eseguito in anestesia generale e richiede circa 30 minuti ed un ricovero ospedaliero di due giorni, principalmente legato alla necessità di istruire i pazienti riguardo il suo funzionamento.
Con questo dispositivo è necessario utilizzare un particolare tipo di insulina, chiamato Insuman Infusat. Al momento rappresenta l’unica tipologia di insulina con basso rischio di precipitazione e occlusione del catetere intraperitoneale (<1%).
L’impiego di questa tecnologia, pensata per i pazienti con diabete di tipo 1 che mostrano resistenza alla somministrazione sottocutanea di insulina, è possibile grazie alla collaborazione tra la Medicina Interna e Diabetologia, diretta dal professor Emanuele Bosi, e la Chirurgia del Pancreas diretta dal professor Massimo Falconi.
L’unico centro italiano autorizzato all’impianto di DiaPort, oltre all’Ospedale San Raffaele, è l’Ospedale San Giovanni di Dio di Olbia, in Sardegna. Attualmente sono 93 le persone in tutto il mondo che utilizzano questo device, 5 delle quali si trovano in Italia.
La somministrazione di insulina per via intraperitoneale offre dei vantaggi sul compenso glicemico, ma può essere utilizzata soltanto in categorie ben precise di pazienti, come da indicazione del Servizio Sanitario Nazionale.
“L’infusione intraperitoneale di insulina – spiega Emanuele Bosi – è un’opzione terapeutica per pazienti impossibilitati, da cause di tipo fisico, a raggiungere un buon controllo glicemico se non pagando il prezzo di frequenti ipoglicemie. Si tratta in genere di pazienti con un ridotto/alterato assorbimento dell’insulina da sottocute, a volte per condizioni cutanee che possono interferire con l’assorbimento dell’insulina, compresi i casi, per fortuna oggi rari, di allergia all’insulina e ai suoi eccipienti”.
“Questo approccio – aggiunge il Prof. Piemonti, direttore del Diabetes Research Institute dell’Ospedale San Raffaele – può essere considerato come l’ultimo step prima di ricorrere a un trapianto di pancreas o di isole del pancreas. Con l’impianto in un primo paziente possiamo affermare che abbiamo a disposizione un arma in più nel trattamento del diabete di tipo 1 e grazie al riconoscimento di centro di riferimento potremo contribuire alla valutazione delle sue potenzialità e dei suoi limiti”
Conclude il dott. Gianpaolo Balzano, chirurgo: “ I pazienti non devono essere preoccupati dall’intervento chirurgico: si tratta di una procedura breve, mininvasiva e molto ben tollerata”.
A marzo 2019, Milano ospiterà il Global Advisory Board meeting, evento che affronterà proprio tematiche relative a questa tecnologia. Sarà dunque un’occasione per fare il punto della situazione e valutare l’eventuale avvio di studi pilota che prevedano l’utilizzo del dispositivo anche per indicazioni più estese di quelle attuali.
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