Tra i pazienti coinvolti nello studio VERIFY si è manifestata una maggiore riduzione di emoglobina glicata A1c e di altri valori di cut-off glicemico rispetto alla monoterapia con con metformina.
Per il diabete di tipo 2 il trattamento di prima linea è la metformina, con successivo ricorso a terapie di seconda linea quando non viene più assicurato il controllo glicemico. Spesso, però, il ricorso a nuove terapie è ritardato e il paziente viene esposto a un’iperglicemia del tutto evitabile.
I dati mostrano infatti che il trattamento precoce per ridurre la glicemia (entro i primi 12 mesi dalla diagnosi) migliora la durata del controllo glicemico a lungo termine e riduce il rischio di complicanze.
Pertanto è bene iniziare prima possibile la terapia di combinazione con due o più agenti.
Lo studio VERIFY (Vildagliptin Efficacy in combination with metfoRmIn For early treatment of type 2 diabetic), durato cinque anni e condotto su 2.001 pazienti con DMT2 di nuova diagnosi, provenienti da 254 centri di 34 Paesi, ha confrontato la terapia precoce – metformina associata a vildagliptin (inibitore della dipeptidil peptidasi-4) – con la monoterapia a base di metformina.
Vildagliptin si fa preferire come farmaco di combinazione grazie alla complementarità dei meccanismi di azione, in particolare la stimolazione delle cellule glucosio-dipendente. Tra i pazienti che hanno assunto il trattamento di combinazione precoce si è manifestata una percentuale più alta di riduzione di emoglobina glicata A1c e di altri valori di cut-off glicemico.
I benefici clinici a lungo termine possono essere raggiunti più frequentemente, e senza problemi di tollerabilità, rispetto allo standard della monoterapia con metformina. Il rischio di fallimento del trattamento iniziale è calato nettamente ed è stata registrata una leggera riduzione del peso corporeo nel follow up di cinque anni, senza aumento del rischio di ipoglicemia.
Redazione Nurse Times
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