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Decesso del paziente caduto dal letto: a processo solo un’infermiera. “Non effettuò attento esame neurologico”

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Decesso del paziente caduto dal letto: a processo solo un’infermiera. “Non effettuò attento esame neurologico”
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Un’infermiera di 42 anni in servizio presso l’ospedale di Castellaneta è stata rinviata a giudizio dal pm Mariano Buccoliero.

L’infermiera venne denunciata dai familiari di Antonio Pesce, che il 17 dicembre 2016 morì cadendo dal letto, in quell’ospedale.

“Pur rendendosi conto delle condizioni di disorientamento del paziente, lì ricoverato, ometteva di avvisare il personale medico di tale criticità e di adottare immediate misure idonee a prevenire il rischio di una caduta dal letto di ricovero, in tal modo provocandone appunto la caduta direttamente sul pavimento e cagionandogli lesioni cervico-midollari da cui derivava la morte per insufficienza respiratoria”.

Il paziente, cardiopatico, venne ricoverato il 15 dicembre. I congiunti di Pesce sono assistiti dallo Studio 3A, che ha comunicato quanto segue:

“Alle 9 del 17 dicembre, però, è stato trovato nella sua stanza ‘a tratti disorientato’, e poi, alle 10.15, ha accusato un’improvvisa perdita di coscienza rovinando per terra dal letto dov’era seduto. L’impatto con il capo contro il pavimento è stato tremendo: il 64enne ha riportato un violento trauma cranico e facciale e dopo tre ore è spirato.”

Pesce ha lasciato la moglie e cinque figli, i quali sostengono di non avere mai ottenuto informazioni chiare su quanto accaduto. Sostengono inoltre che la Direzione Sanitaria, intenzionata a procedere con il riscontro autoptico, avrebbe negato loro la possibilità di nominare un medico legale di fiducia e asserendo che il decesso fosse dovuto a un infarto, come se la caduta non fosse mai accaduta.

Ciò spinse la famiglia a presentare un esposto ai carabinieri di Castellaneta affidandosi attraverso il consulente personale Luigi Cisonna, allo Studio 3A, società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini che, per ottenere giustizia per i propri assistiti, oltre che sul fronte penale, si è subito attivato anche sul piano civile con l’Azienda Sanitaria per ottenere, appunto, un equo risarcimento.

Un fascicolo per omicidio colposo è stato aperto dal Pm tarantino Bucciliero, il quale ha iscritto nel registro degli indagati tutti i sanitari che hanno assistito la vittima.

Complessivamente furono dieci tra medici e infermieri dei reparti di Cardiologia, Anestesia Rianimazione e Radiologia a prenderlo in carico. Inoltre, il Sostituto Procuratore, come invocato dai familiari della vittima, ha disposto il sequestro di tutta la documentazione medica e l’esame autoptico, incaricando la dott.ssa Stefania Concetta Bello, specialista in medicina legale e dottore di ricerca all’Università di Foggia che il 16 ottobre 2017 da depositato la sua perizia. La CTU ha dissipato ogni dubbio sulla causa della morte, individuata nella “insufficienza respiratoria acuta in lesioni cervico-midollari (frattura del soma di C5 con contusione midollare) e trauma cranico, riportati a seguito di caduta”.

Pertanto Pesce sarebbe deceduto proprio a causa delle conseguenze della caduta dal letto.

Il medico legale si è poi soffermata sugli accorgimenti da adottare per ridurre il pericolo di cadute accidentali all’ospedale: “controllare e valutare i pazienti a rischio, accompagnarli al bagno a intervalli regolari, verificare il livello di autonomia nei trasferimenti e la stabilità durante la deambulazione, fornire il sistema di chiamata e utilizzare le spondine nel letto”. Ed è qui che ha individuato le responsabilità dei sanitari nella gestione del paziente, con particolare riferimento per quella infermieristica.

La dott.ssa Bello ha evidenziato come una delle infermiere avesse riportato nella cartella infermieristica la seguente annotazione: “ore 9.00: paziente vigile a tratti disorientato”. “Questo segno clinico avrebbe dovuto costituire di per sé un elemento sufficiente atto a intensificare considerevolmente la sorveglianza clinica attiva e continua del paziente da parte del personale infermieristico – spiega – E ancor più avrebbe dovuto imporre l’allerta del medico di reparto e la messa in atto di provvedimenti anche pratici finalizzati a prevenire l’evento caduta”. E invece, conclude, “non vi è stato un attento monitoraggio clinico del paziente, se non per il solo rilievo dei parametri vitali, ed ancor più non vi è stato un attento esame neurologico, che anche il personale infermieristico è chiamato a effettuare compiutamente ancor prima del personale medico, non vi è stata tanto meno alcuna richiesta di visita medica né sono stati presi provvedimenti pratici in capo al personale infermieristico, nello specifico l’impiego di spondine al letto”.

Dopo aver esaminato la perizia e preso atto che la morte sia stata causata dalla rovinosa caduta dal letto “da attribuire al personale infermieristico in servizio in qual momento”, il Pm ha dunque chiesto l’archiviazione per nove dei dieci indagati, confermando la continuazione del procedimento e l’apertura di un fascicolo ad hoc” per l’infermiera 42enne “in turno di servizio quel mattino in Cardiologia che aveva annotato nel diario infermieristico “paziente vigile a tratti disorientato”.

Dopo la conclusione delle indagini preliminari, per la professionista è scattata la richiesta di processo, dal quale i familiari di Antonio Pesce si attendono finalmente giustizia.

Simone Gussoni

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