Il presidente del sindacato interviene sulla tendenza di molti colleghi a trasferirsi all’estero.
«Il Covid-19 ha lasciato sulla pelle degli infermieri italiani tracce indelebili. I segni della lotta, fisica e psicologica, rimarranno dentro di noi per sempre. Ma c’è qualcosa che continua a far più male dei contagi, dei turni massacranti, dello straziante contatto quotidiano con la morte. E’ senza dubbio l’indifferenza di un Governo che volta le spalle alle nostre istanze e ci lascia senza punti di riferimento in chiave futura». Così Antonio De Palma, presidente del sindacato Nursing Up.
De Palma evidenza i rischi concreti di quella che sta gradualmente diventando una vera e propria fuga di cervelli dal nostro Paese: «Germania e Regno Unito ci portano via, ogni settimana, ogni mese, decine di giovani, valenti colleghi. O forse sarebbe meglio dire che aspirano legittimamente a inserire nei loro organici le nostre professionalità infermieristiche, tra le più ambite in Europa. Diciamo pure che non ci vuole poi molto a convincere un giovane infermiere a decidere di cambiare la sua prospettiva professionale. Sarebbe però il caso di chiedersi, nelle stanze del potere, quali sono le ragioni di questa emorragia, che non sembra destinata ad arrestarsi».
Prosegue il leader di Nursing Up: «E’ notizia di qualche giorno fa la succulenta offerta di lavoro di un noto complesso ospedaliero di Monchengladbach, il Maria Hilf, che da qualche anno vanta già una piccola comunità di infermieri italiani al suo attivo. Sulle agenzie di stampa, in riferimento alla ricerca di lavoro da parte dell’ospedale in questione, appare, come in un micromondo lontano anni luce dal nostro, l’immagine di un gruppo di infermieri italiani sorridenti e gioiosi. Di spalle si erge un striscione con i colori azzurri. Della serie: siamo italiani, ci sentiamo italiani, ma a casa non ci torneremo».
I motivi della volontà di non tornare sono semplici: «Stipendio a tempo indeterminato di 2.900 euro lordi al mese, di norma più di 2.000 euro netti, quando un infermiere italiano appena assunto guadagna, in media, tra i 1.150 e i 1.250 euro. Ma vi è di più: tirocinio linguistico, addirittura retribuito, con alloggio a 1.200 euro al mese; nessun obbligo di conoscenza della lingua tedesca, all’inizio. Ma qui ti pagano la formazione, ti permettono di ambientarti e di mettere a frutto le tue capacità, ti assumono se sei bravo e se impari la lingua. Insomma, ti permettono di crescere. E poi si parla di condizioni lavorative che in Italia sembrano una chimera: aggiornamento professionale costante durante l’anno (immaginiamo, quindi, formazione interna pagata dall’azienda), iniziative collaterali gratificanti dal punto di vista umano, succulenti premi produttività, mensa di qualità e a basso costo, possibilità di svolgere attività sportive. Insomma, valorizzazione dell’aspetto professionale, ma non solo».
Conclude De Palma: «Non sarà forse tutto oro quello che luccica, ma, vista la situazione della sanità italiana, ci mettiamo nei panni di un giovane trentenne, infermiere già con una buona esperienza: leggendo questa proposta ci vuole poco a convincersi a preparare i bagagli. Ci piacerebbe che il nostro ministro Speranza e il viceministro Sileri, anziché dedicarsi al gioco dei proclami e delle vane promesse, dessero uno sguardo a questa foto. Li vedete quei volti felici? Allora provate a dirci quando, secondo voi, anche gli infermieri in Italia potranno iniziare a sorridere. Aspettiamo ansiosi una vostra risposta».
Redazione Nurse Times
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