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Da Infermiere a cameriere: “Ora guadagno molto di più e non ho responsabilità”

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Vale ancora la pena lottare per la professione infermieristica? La maggior parte degli infermieri laureati negli ultimi 10 anni è attualmente precario, disoccupato o sottopagato e sfruttato. Ogni professionista è subissato da un carico di lavoro elevatissimo e da enormi responsabilità che però non determinano alcun riconoscimento economico.

L’Italia detiene il record europeo di “Neet” tra i 20 ed i 24 anni (Not in Education, Employment or Training) ovvero persone che hanno rinunciato a studiare e a cercare lavoro ormai scoraggiate dalla situazione lavorativa in cui riversa il popolo italiano.

Un fenomeno simile si sta verificando anche tra gli infermieri a causa delle difficoltà ad ottenere un colloquio, buone condizioni lavorative o uno stipendio che permetta al lavoratore di sopravvivere. Molti neolaureati, dopo anni trascorsi ad inviare curricula senza ricevere nemmeno una risposta, hanno iniziato a mettersi in gioco nel mercato del lavoro generico, per il quale non è certo richiesta la laurea in Infermieristica conseguita dopo aver investito lunghi anni della propria vita e aver sostenuto enormi sforzi economici.

Di seguito riportiamo l’intervista rilasciata da un Infermiere “Neet”, che preferisce mantenere l’anonimato:

Benvenuto Mario (nome di fantasia), cosa ti ha spinto ad intraprendere il corso di laurea in Infermieristica?

Diventare infermiere è sempre stato il mio sogno. Ho desiderato questa professione già da ragazzino, provando ammirazione per gli infermieri che vedevo lavorare in ospedale. Ho da subito capito che avrei dovuto fare molti sacrifici per riuscire a laurearmi, ma la soddisfazione di riuscire ad aiutare il prossimo mi ha fatto superare ogni ostacolo.

Come potresti descrivere il tuo percorso di studi?

Mi sono iscritto all’Università degli Studi dell’Aquila nel 2008, all’età di 22 anni. Le lezioni teoriche sono state molto interessanti. Mi sarei aspettato di più dal tirocinio clinico ma, in ogni reparto da me frequentato, erano presenti troppi tirocinanti.  Imparare tecniche infermieristiche risultava spesso difficile. Il terremoto che ha colpito L’Aquila nel 2009 ha reso tutto ancora più complicato. Sono infatti stato trasferito ad Avezzano, a 60 chilometri di distanza da casa. Nonostante tutto sono riuscito a laurearmi nel mese di novembre 2011.

Dopo quanto tempo hai iniziato a lavorare?

Nonostante io abbia inviato migliaia di curricula, la mia prima esperienza lavorativa è stata nel 2014. In precedenza ho sostenuto numerosi colloqui, ma non ho mai iniziato a lavorare. Spesso la retribuzione proposta era davvero ridicola (per non dire offensiva), altre volte avrei dovuto cambiare regione per poter lavorare dovendomi pagare l’affitto di una stanza. In Abruzzo il mercato degli infermieri è ormai saturo da anni.

Sono stato sul punto di spostarmi a Modena nel 2012 ma il terremoto che ha colpito la regione Emilia Romagna mi ha impedito il trasferimento.

Ho ricevuto una proposta accettabile da una clinica privata di Varese ma, a causa dello scandalo che ha coinvolto l’ex presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, non ho mai potuto iniziare a lavorare.

A fine 2014 mi sono finalmente trasferito a Roma iniziando a lavorare per una Onlus che effettuava servizi urgenti per conto del 118.

Quali erano le tue responsabilità presso questa Onlus?

Affiancavo il medico a bordo di un automedica che io stesso dovevo guidare intervenendo in servizi urgenti del 118 di Roma. Mi occupavo anche della manutenzione del veicolo, del rifornimento e delle pulizie dello stesso.

Come sei stato inquadrato dall’organizzazione di volontariato?

Inizialmente figuravo come volontario ma di fatto ho sempre lavorato come un dipendente. Il presidente mi rassicurò dicendomi che a breve mi avrebbe offerto un contratto di lavoro ma, dopo sei mesi di sfruttamento, ho perso il posto di lavoro venendo sostituito dal nipote dello stesso presidente.

Quali condizioni economiche ti vennero applicate?

Ero pagato 100 euro lordi per turni lavorativi di 12 ore. Svolgevo 15 giornate lavorative consecutive dalle ore 9 alle ore 21. Mi sono sempre ritenuto molto fortunato poiché altre associazioni offrivano condizioni di gran lunga peggiori. Una mia amica lavora tuttora come infermiera per una Onlus romana che paga 90 euro lordi per turni da 24 ore consecutive. In una realtà simile un infermiere lavora 240 ore al mese per uno stipendio di 900 euro, meno di 4 euro lordi per ogni ora.

Cosa è successo dopo aver perso anche questo posto di lavoro?

Da allora lavoro come cameriere per un ristorante a L’Aquila. Ho ricominciato a svolgere il mestiere che facevo da ragazzo, prima di diplomarmi al liceo e di intraprendere il percorso universitario. Ho un regolare contratto a chiamata che mi permette di guadagnare 100 euro a servizio più le mance che i clienti del ristorante lasciano. Guadagno nettamente di più e non ho praticamente alcuna responsabilità paragonabile a quelle di un infermiere.

Hai intenzione di cercare nuovamente lavoro come infermiere?

Vorrei svolgere la professione di infermiere ma non in questo paese. Non cercherò mai più lavoro in Italia, non alle condizioni ridicole che mi sono state proposte. Valuterò solo proposte lavorative provenienti dall’estero. Germania e Regno Unito mi affascinano molto. Non sono disposto a lavorare in Italia come infermiere guadagnando meno di 1000 euro al mese. Finché la situazione lavorativa attuale non cambierà continuerò a fare il cameriere.

La situazione descritta dal collega 30enne è sovrapponibile a quella di migliaia di altri infermieri. Le Pubbliche Amministrazioni mettono a disposizione posti di lavoro con il contagocce tramite i concorsi pubblici che, molte volte pare abbiano già un vincitore prima ancora di essere indetto. A queste selezioni partecipano oltre 15.000 candidati e, durante le prove, non si può certo parlare di situazioni “limpide” e trattamenti paritari tra i candidati.
Pertanto ha davvero ancora senso sognare di diventare infermiere?
Simone Gussoni
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