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“Da clochard a infermiere… grazie agli infermieri”: il riscatto di un giovane teramano in tempo di Covid

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"Da clochard a infermiere... grazie agli infermieri": il riscatto di un giovane teramano in tempo di Covid
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Arriva dall’ospedale di Teramo, dall’Abruzzo rosso in piena emergenza coronavirus, una storia di riscatto sociale, resa possibile proprio grazie all’intervento concreto del personale sanitario del nosocomio locale e alla grande forza di volontà del protagonista di questa che sembra una fiaba di Natale.

Lui, un giovane dell’Appennino abruzzese, è fresco di laurea in Infermieristica; Tgcom24 lo raggiunge al telefono all’indomani dell’importante traguardo d’alloro e dopo che lui stesso aveva fatto conoscere la sua vicenda in una lettera aperta pubblicata sul blog d’informazione I due Punti.it.

“Dopo tanta sofferenza fin dall’infanzia, – racconta il protagonista a Tgcom24 – oggi si chiude un cerchio e ricomincio di slancio da zero: da clochard sono diventato infermiere grazie agli infermieri.

Riparto, così, da dove tutto era iniziato, dall’associazione di primo soccorso in cui avevo fatto volontariato e che mi ha permesso di pensare a un futuro diverso in un periodo di emergenza sanitaria così grave per tutti”.

Per tutta la notte ha ricevuto messaggi di solidarietà da parte dei suoi colleghi di Teramo che hanno seguito da vicino la sua vicenda; il giorno dopo aver raggiunto l’agognata laurea in Infermieristica cosa prova?

“Ripenso alla prima notte che ho abbandonato quella mia casa che era un inferno da quando ero bambino e ho dormito in auto: per la prima volta avevo dormito sereno, senza pensieri. Avevo fatto una scelta, la strada. Non sapevo cosa mi sarebbe accaduto ma non ho fatto una scelta avventata e oggi so che davanti a ogni bivio ho potuto preferire sempre il bene al male. E questo mi ha salvato e mi ha portato a realizzare questo sogno: da clochard diventare infermiere grazie agli infermieri”.

Come è accaduto tutto ciò?

“Sono cresciuto in montagna, isolato fin da bambino, senza relazioni con gli altri; ho sempre sofferto l’abbandono materno e ho dovuto fin da piccolo superare da solo conflitti e tensioni che scaturivano in violenza verbale e anche fisica. Così un giorno mi sono trovato a scegliere la strada, lasciare quello che era un inferno, e fare della mia auto la mia casa. Per fortuna avevo avuto l’opportunità di continuare a studiare e la scuola è sempre stata la mia ancora. All’epoca facevo il tirocinio all’ospedale di Teramo: dormivo in auto e mi lavavo nei bagni del pronto soccorso. E dai sanitari dell’ospedale di Teramo mi è arrivato tutto l’aiuto che mi ha permesso di riscattarmi, di diventare un professionista in ambito sanitario e, ora, di ricominciare una vita, in un’altra città, sulle ambulanze del 118”.

Si chiude un cerchio, dunque, come ha raccontato nella lettera aperta dedicata a Teramo e pubblicata su I due punti.it dal direttore Giancarlo Falconi?

“Sì, avevo iniziato a fare volontariato in una società di primo soccorso, sognando di fare da grande il vigile del fuoco, ma gli operatori che conoscevano la mia storia di sofferenza e di strada mi spronavano a diventare infermiere. Tanti amici mi hanno sostenuto moralmente ed economicamente per arrivare fino a qui, permettendomi di ricominciare da zero e lasciarmi il passato alle spalle. Non mi darò pace finché non li avrò ringraziati tutti. A partire dagli infermieri e dai medici di Teramo, ai professori dell’Università dell’Aquila, ai tantissimi che hanno incontrato il mio sguardo e mi hanno sorriso, mi hanno offerto anche solo un caffè. Perché per loro oggi posso dire che questo mio presente, che è così pesante per tutti dal punto di vista dell’emergenza sanitaria, mi ha ricompensato di tutto”.

Il messaggio finale che vuole lasciare?

“Sii gentile con ogni persona che incontri, perché non sai che battaglia quella persona sta combattendo. Non è una frase mia, ma voglio farla mia. Se non fosse per chi ho incontrato, per i miei colleghi che poi mi hanno concretamente aiutato, sarei ancora in strada e a tutti, purtroppo, può capitare di finirci. Chi mi ha affiancato non mi ha mai fatto sentire di peso e, appena ho potuto, ho iniziato a camminare sulle mie gambe senza dimenticare quanto ricevuto”.

Pensa al futuro? A cosa l’aspetta?

“Non voglio aspettarmi troppo dal futuro. Mi basta aver ritrovato la speranza nel bene, che da bambino avevo smarrito”.

Redazione Nurse Times

Fonte: Tgcom24

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