In una lettera aperta che getta luce sullo stato attuale dell’operatore socio sanitario, Cristina Schiatti, professionista impegnata in una RSA del Valdarno, afferma con vigore le sfide che affronta quotidianamente.
“Nel periodo COVID, la carenza di figure infermieristiche era critica, con un serrato turn over e la necessità di ricercare personale anche all’estero,” rivela con preoccupazione.
La Cooperativa per cui Cristina lavora continua a confrontarsi con le stesse difficoltà nel reperimento di personale, sia infermieristico che di operatori socio sanitari (OSS). “Il malcontento e la sensazione di svalutazione sono diventati compagni costanti, nonostante l’amore e la dedizione con cui svolgiamo questo lavoro, spesso senza la giusta valorizzazione della nostra formazione,” sottolinea.
La proposta di trasformare la professione degli OSS in una mera manovalanza sotto la supervisione degli infermieri suscita in Cristina sentimenti contrastanti. “Cambiarne solo il nome in ‘assistente infermieristico’ sembra un modo per eludere le questioni più profonde legate alla nostra formazione e competenza,” afferma con una nota di ironia.
La domanda sorge spontanea: “Perché la formazione complementare, la cosiddetta Terza S, non veniva accolta in passato dalle regioni? Solo ora, di fronte alla crisi di personale sanitario, sembra essersi colta la sua importanza,” osserva con una punta di sarcasmo.
La frustrazione cresce considerando il numero chiuso delle facoltà di infermieristica, la normativa che limita la formazione delle professioni sanitarie tramite università telematiche e i bassi salari rispetto alle crescenti responsabilità.
“È come se il nostro impegno costante non venisse riconosciuto a livello retributivo e di valorizzazione professionale,” afferma con un senso di amarezza.
Cristina esprime la sua sfiducia nei confronti di chi detiene il futuro lavorativo degli operatori socio sanitari, ma comprende che il bilancio economico influisce sulle decisioni. Nella sua conclusione, rivolge una preghiera affinché coloro che hanno aperto le porte di questa professione a “porci e cani” si ravvedano. “Magari, con l’avvicinarsi del Santo Natale, potremmo ottenere il permesso di svolgere attività precedentemente vietate, con la dovuta formazione per garantire la sicurezza dei pazienti,” auspica con una spruzzata di speranza.
La testimonianza di Cristina Schiatti, evidenzia con maggiore intensità le sfide e le contraddizioni di una professione che, nonostante la sua importanza, sembra essere stata a lungo trascurata.
Redazione Nurse Times
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