L’Istituto di Ricerca in Biomedicina ha creato una molecola artificiale capace di attaccare contemporaneamente due regioni diverse del SARS-CoV-2.
L’Istituto di Ricerca in Biomedicina (IRB), affiliato all’Università della Svizzera italiana (USI), ha sviluppato un anticorpo “doppio” di seconda generazione in grado di proteggere contro il Covid-19. Impedisce inoltre al virus di mutare per sfuggire alla terapia. L’immunoterapia, basata su anticorpi monoclonali, si è già dimostrata efficace, ma ha due sfide da affrontare: funzionare contro le varianti in circolazione e impedire la formazione di nuove varianti, che possono insorgere velocemente con meccanismi simili a quelli che causano la resistenza batterica agli antibiotici.
Il problema è stato risolto unendo due anticorpi naturali in una singola molecola artificiale, in gergo chiamata anticorpo bispecifico, in grado di attaccare contemporaneamente due regioni diverse del virus. Test preclinici hanno dimostrato che questo anticorpo protegge da SARS-CoV-2 e dalle sue varianti, inclusa la quella inglese, già diffusa in Europa. A differenza degli anticorpi di prima generazione, inoltre, impedisce al virus di cambiare la propria struttura per resistere alla terapia. La sua elevata efficacia e le sue caratteristiche lo rendono un ottimo candidato per la sperimentazione clinica, con buone possibilità di utilizzo sia nella prevenzione della malattia che nella cura di pazienti.
“Abbiamo sfruttato la nostra conoscenza della struttura molecolare e proprietà biochimiche del virus per fondere due anticorpi umani e ottenere un’unica molecola che lo attacca contemporaneamente in due siti distinti e necessari per l’infezione – ha commentato Luca Varani, direttore di laboratorio dell’IRB e autore del lavoro –. Simulazioni al supercomputer ci hanno permesso di raffinare e validare il design dell’anticorpo bispecifico, poi prodotto e testato in laboratorio. Sebbene il virus sia in grado di resistere all’attacco di un anticorpo di prima generazione, abbiamo dimostrato che non riesce a mutare per sfuggire alla duplice azione del bispecifico”.
“L’IRB e il Ticino consolidano la propria posizione tra i leader mondiali nella scoperta e sviluppo di anticorpi, in particolare contro malattie infettive emergenti – ha commentato Davide Robbiani, direttore dell’IRB e co-autore del lavoro –. Nonostante le risorse limitate e non paragonabili ai colossi farmaceutici, abbiamo raggiunto l’obiettivo prefissato nel giro di pochi mesi”.
“In test preclinici – ha detto Daniel Ruzek, dell’Accademia delle Scienze Ceca, che ha condotto gli esperimenti preclinici – una singola iniezione di anticorpo bispecifico fornisce protezione istantanea contro il virus. Il bispecifico inoltre diminuisce l’infiammazione e la quantità di virus tipica del Covid-19”.
L’anticorpo è stato sviluppato all’interno del consorzio di ricerca ATAC, finanziato l’aprile scorso dalla Commissione Europea in risposta all’emergenza coronavirus. Membri del consorzio includono l’ospedale San Matteo di Pavia (ITA), il Karolinska Institutet (SWE), l’Università di Braunschweig (GER) e il Centro Comune di Ricerca della Commissione Europea. La collaborazione con la Rockefeller University di New York e con l’Accademia delle Scienze della Repubblica Ceca sono state fondamentali per testare l’efficacia dell’anticorpo.
L’Istituto di Ricerca in Biomedicina fa ricerca di base da più di vent’anni. Finanziato da istituzioni private e pubbliche e da finanziamenti competitivi, attualmente conta 13 gruppi di ricerca e 125 ricercatori impegnati nello studio dei meccanismi di difesa dell’organismo contro infezioni, tumori e malattie degenerative. Le attività di ricerca vanno oltre l’immunologia e includono campi di ricerca quali la riparazione del Dna, le malattie rare, la biologia strutturale e quella cellulare. Con più di 720 pubblicazioni nelle principali riviste scientifiche l’IRB gode di fama internazionale quale centro di eccellenza per l’immunologia e la biologia cellulare.
Redazione Nurse Times
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