Stando ai risultati dello studio EuCARE, l’ambiente scolastico è tra i meno esposti al contagio.
Identificare soluzioni per la riapertura in sicurezza delle scuole sulla base di dati scientifici, anche sulle diverse varianti del coronavirus. Questo l’obiettivo del progetto finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del programma EuCARE “European Cohorts of Patients and Schools to Advance Response to Epidemics”, in cui uno dei progetti sulle scuole in Italia è coordinato da Sara Gandini, responsabile dell’Unità “Molecular and Pharmaco-epidemiology” dell’Istituto Europeo di Oncologia e professoressa di Statistica medica all’Università di Milano, in collaborazione con Gabriella Pravettoni, docente di Psicologia cognitiva e delle decisioni all’Università degli Studi di Milano e direttore di Psiconcologia in IEO – Istituto Europeo di Oncologia.
Il grant è stato ottenuto come parte di un consorzio internazionale coordinato da EuResist Network, formato da 18 team di dieci Paesi diversi (Belgio, Germania, Georgia, Israele, Italia, Lituania, Olanda, Portogallo, Svezia, Regno Unito), che analizzerà i dati di pazienti ospedalieri, personale sanitario vaccinato e scuole.
Tra gli obiettivi principali: valutare l’efficacia nel controllo dei cluster Covid-19 delle misure di sorveglianza, come il metodo Lolli (un test semplice e adatto ai bambini per valutare l’infezione Covid-19), rispetto ai protocolli di tracciamento dei contatti (nelle due settimane o solo 48 ore precedenti); confrontare le varie misure adottate in diverse scuole per affrontare l’emergere di nuove varianti; individuare le differenze nell’incidenza dei casi di Covid-19 considerando stato socio-economico e problemi di trasporti; identificare eventuali problemi psicologici associati all’uso delle misure di prevenzione; valutare la didattica a distanza, tenendo in considerazione lo stato socio-economico e la composizione del nucleo familiare.
“Abbiamo ottenuto questo importante finanziamento europeo – dichiara Sara Gandini – grazie ai nostri studi precedenti sull’associazione tra apertura delle scuole e aumento del contagio, che hanno ispirato in buona parte le politiche in molti paesi Europei su didattica a distanza e insegnamento in presenza. Siamo orgogliosi di questo risultato, che aggiunge un tassello significativo al ruolo dell’Italia nella lotta al Covid-19”.
Il gruppo della Gandini ha recentemente esaminato le evidenze scientifiche della trasmissione della SARS-CoV-2 nel contesto scolastico, analizzando tutti gli studi pubblicati durante la pandemia a livello internazionale su dati di tracciamento, screening e indagini sierologiche nei bambini e ragazzi. Le conclusioni di questa meta-analisi, pubblicata ora su Medrxiv, riassumono i dati per più di 250mila soggetti in decine di studi internazionali, e mostrano una frequenza dello 0.31% di soggetti trovati positivi a scuola, considerando gli studi di screening, quindi test a tappeto.
Sono state trovate frequenze maggiori di positivi con tracciamento (2.5%) rispetto agli screening, e questo suggerisce che testare a tappeto tutti i soggetti nelle scuole, indipendentemente dai sintomi, non è efficiente perché si fanno migliaia di test per trovarne una percentuale molto bassa. Non c’è per di più evidenza che aiuti a ridurre i cluster, una conclusione a cui è giunto anche il Comitato Tecnico Scientifico italiano.
Inoltre i confronti per età confermano che i giovani trovati positivi avevano il 74% in meno di probabilità rispetto agli adulti di favorire la diffusione virale e che i minori erano il 40% significativamente meno suscettibili al contagio rispetto agli adulti. Nel complesso, i dati dimostrano che la circolazione della SARS-CoV-2 nelle scuole è stata ragionevolmente controllata, anche grazie alle misure di prevenzione usate nei Paesi in cui le scuole sono rimaste aperte, nonostante la seconda ondata del 2020.
“I nostri dati suggeriscono che le scuole non sono sicure in assoluto – commenta Gandini –, perché durante una pandemia nessun luogo lo è, ma la scuola è uno dei luoghi più sicuri. In assenza di prove evidenti dei vantaggi della chiusura delle scuole, il principio di precauzione a nostro parere indica di mantenere le scuole aperte per prevenire danni irreversibili ai bambini e adolescenti, alle donne e alla società intera. Ci aspettiamo che la nuova ricerca Europea nell’ambito di EuCARE confermi questa posizione”.
L’impegno nella ricerca epidemiologica si inserisce nel programma generale dell’Istituto Europeo di Oncologia per la tutela dei pazienti oncologici durante la pandemia. Fanno parte del piano d’azione, oltre alle ricerche specifiche su cancro e Covid-19, la messa a punto di un test sierologico e di un test salivare IEO per la sorveglianza di tutto il personale e lo studio della risposta anticorpale per contribuire alla ricerca sull’efficacia dei vaccini.
Redazione Nurse Times
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