Le misure di contenimento adottate nel Paese asiatico hanno funzionato a dovere. Anche grazie all’uso della tecnologia.
A tre mesi dalla diffusione del nuovo coronavirus al di fuori della Cina, “le nostre misure di contenimento sono diventate un modello globale”, ha
rivendicato ieri senza nascondere un pizzico d’orgoglio nazionale il presidente Moon Jaein annunciando la riapertura delle scuole in Corea del Sud.
Gli ultimi dati parlano chiaro: finora 254 morti, 10.804 contagiati e, ieri, soltanto tre nuovi casi (tutti “importati” dall’estero). Nelle ultime 48 ore all’interno dei confini sudcoreani nessuno si è ammalato di Covid-19. Davvero niente male per un Paese manifatturiero di oltre 51 milioni di abitanti, una penisola (anche questa una caratteristica in comune con l’Italia) che ha intensi rapporti economici con la Cina, dalla quale è divisa dalla Corea del Nord. Tanto è vero che si può parlare di “modello” sudcoreano, che da mercoledì prossimo nel Paese asiatico dopo 72 giorni di chiusura riapriranno le scuole, gradualmente, a partire da quelle secondarie.
Gli edifici scolastici sono stati già tutti sanificati e il governo ha messo a disposizione degli studenti 14 milioni di mascherine. In ogni aula sarà installato uno scanner per la temperatura, che verrà misurata all’ingresso
degli studenti e prima del pranzo (unico momento in cui sarà consentito loro di togliersi le mascherine). Sarà aumentata la distanza tra i banchi, ogni classe avrà a disposizione abbondanti dotazioni di mascherine e gel
igienizzante, mentre gli studenti ammalati potranno seguire le lezioni da casa, attraverso internet.
Le misure di contenimento sudcoreane sono state definite “democratiche”, per contrapporle all’approccio cinese, anch’esso efficace, stando alle cifre ufficiali (circa 4.500 morti su 1,4 miliardi di abitanti), ma basato su misure coercitive draconiane, messe in atto anche mobilitando gli apparati polizieschi della Repubblica Popolare.
A Seul e dintorni sono stati pionieri nel tracciamento dei contatti dei contagiati attraverso le app, perché hanno capito che la chiave della soluzione del problema era identificare (e isolare) rapidamente i nuovi casi, prima che questi ultimi potessero a loro volta contagiare altre persone. Per questo sulle app per smartphone non c’è stata discussione: sono state accolte come uno strumento indispensabile da una popolazione che vive connessa h24 e che, di conseguenza, non è ossessionata dalla privacy.
Dunque il governo ha potuto utilizzare i dati dei telefoni cellulari e perfino delle carte di credito degli ammalati per rintracciare le persone con cui erano venuti in contatto. Seul ha inoltre annunciato un piano per imporre il
braccialetto elettronico per i furbetti (ce ne sono anche in Corea del Sud) che abbiano violato la quarantena, magari semplicemente andando a fare due passi avendo lasciato il cellulare a casa.
In generale la gente è rimasta il più possibile in casa, evitando di uscire anche per fare la spesa. Tanto che – secondo i dati del ministero del Commercio – nel mese di marzo le vendite dei supermercati online sono aumentate del 16,9%, mentre quelli offline hanno fatto registrare un calo del 17,6%. Il colosso Lotte Shopping ha annunciato la chiusura di 200 dei suoi negozi (il 30% del totale) e lanciato la piattaforma “Lotte ON”, dedicata all’e-commerce.
Inoltre la Corea del Sud ha potuto contare su un ottimo sistema sanitario, che ha effettuato rapidamente 640.237 tamponi e subito destinato unicamente ai malati di Covid-19 7.500 posti letto in 67 strutture ad hoc, 24
delle quali sono già state smantellate per il crollo del numero dei contagi. L’esecutivo è pronto ad abbassare da quattro (il massimo) a tre il livello d’allerta per l’epidemia, ma ha annunciato che manterrà molte delle misure
fin qui adottate. Tra queste, l’efficientissimo sistema di distribuzione delle mascherine a giorni alterni, in base all’anno di nascita. Le autorità sanitarie invitano la popolazione a continuare a indossarle anche nella stagione estiva.
Redazione Nurse Times
Fonte: Il Messaggero
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