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Coronavirus isolato per la prima volta in Europa: conosciamo le tre ricercatrici dello Spallanzani

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Coronavirus isolato per la prima volta in Europa: conosciamo le tre ricercatrici dello Spallanzani
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Il coronavirus è stato per la prima volta isolato in Europa all’ospedale Spallanzani di Roma, grazie alle abilità di tre giovani ricercatrici provenienti dal sud Italia.

Sono rispettivamente originarie delle Sicilia, Campania e Molise ed una di loro è ancora precaria, nonostante lavori da 6 anni presso l’istituto romano. Il team è composto da Francesca Colavita, molisana e ricercatrice precaria, dalla siciliana Concetta Castilletti e dalla virologa Maria Rosaria Capobianchi, originaria del Napoletano.

La dottoressa Capobianchi, direttrice del laboratorio di virologia, è nata a Procida 67 anni fa, si è laureata in scienze biologiche e si è specializzata in microbiologia. La dottoressa Concetta Castilletti è invece la responsabile dell’unità virus emergenti dell’Istituto Spallanzani, dove lavora dal 2000. È soprannominata “mani d’oro“, come ha raccontato il direttore dell’Istituto Giuseppe Ippolito. Nata nel 1963, è specializzata in microbiologia e virologia.

Un contributo fondamentale è arrivato anche dalla 30enne di Campobasso Francesca Colavita, laureata in biologia applicata alla ricerca biomedica e specializzata in microbiologia e virologia all’università Sapienza di Roma. Da quasi 6 anni lavora allo Spallanzani, ma è ancora precaria (ha un contratto co.co.co.) e guadagna 16.762 euro all’anno, secondo le informazioni aggiornate al 2018 disponibili sul sito dell’Istituto Spallanzani.

Colavita e Castilletti avevano già collaborato in passato in un laboratorio in Africa, nel quale hanno insieme combattuto per trovare una cura per il virus Ebola.

Anche il ministro della Salute Roberto Speranza ha ringraziato le tre scienziate: “Sono state tre donne a portare a termine l’isolamento del coronavirus. È bello che lo siano”. Grazie a’isolamento del virus sarà possibile comprendere i meccanismi di replicazione della malattia potendo elaborare i test sierologici per cercare gli anticorpi nelle persone infettate, nella prospettiva di trovare una cura. La scoperta verrà messa a disposizione della comunità internazionale.

Dott. Simone Gussoni

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