Sul tema si sono espressi Giuseppe Ippolito, Matteo Bassetti, Alberto Mantovani e Franco Locatelli.
“Chi ha avuto il Covid non deve vaccinarsi contro la malattia perché ha sviluppato anticorpi naturali. Semmai dovrà controllare il livello di questi anticorpi. E quando questi dovessero scendere, si può riconsiderare una vaccinazione”. Per Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto Spallanzani di Roma, chi è già entrato in contatto con Sars-Cov-2 non dovrà ricorrere al vaccino, salvo il riscontro di un calo degli anticorpi.
Per l’infettivologo genovese Matteo Bassetti: “Per quanto riguarda il vaccino anti-Covid bisognerebbe vaccinare sia chi non ha mai fatto l’infezione da SarsCoV-2 che chi l’ha già fatt. Anche chi ha già gli anticorpi anche perché non si sa per quanto tempo durino”.
L’ipotesi di non vaccinare di chi si è ammalato non convince Alberto Mantovani, direttore scientifico di Humanitas e professore emerito di Humanitas University. Innanzitutto “sarà impossibile fare uno screening delle persone esposte”al nuovo coronavirus, dichiara ad Adnkronos Salute. Inoltre, per ciò che si sa, in genere “l’immunità conferita dal vaccino è molto più alta” rispetto a quella acquisita naturalmente da chi è entrato in contatto con il patogeno. “Il vaccino verrà offerto il vaccino anche a persone che sono già state esposte a Covid”, ritiene corretto Mantovani. E la motivazione principale è che, “in base ai dati disponibili, ricordiamo che i livelli della risposta immunitaria indotta direttamente dai vaccini sono molto più alti rispetto a quelli che osserviamo nella grande maggioranza dei soggetti esposti. Per questo saranno vaccinate anche persone che sono state esposte a Covid”.
Dopo l’approvazione del vaccino Pfizer nel Regno Unito, l’attenzione in queste settimane è sempre più concentrata sul via libera della cura contro il Covid-19 e sui suoi tempi di distribuzione. Quanto alla proposta di vaccinare prima gli adolescenti, perché veicoli di circolazione del coronavirus, per Ippolito, che ha parlato ai microfoni di Radio anch’io, su Rai Radio 1, “da un punto di vista scientifico, se fossimo in tempo di pace, sarebbe una via utile per ridurre la circolazione, ma noi siamo in tempo di guerra ed è meglio evitare le morti e i casi gravi”.
Sulle tempistiche della somministrazione, Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità (Css) e membro del Comitato tecnico scientifico (Cts), ha spiegato ad Agorà, su Rai 3, che “nella seconda metà di gennaio è previsto l’inizio delle vaccinazioni, poi le dosi disponibili aumenteranno e, entro fine estate o inizio autunno, dovremmo aver completato la somministrazione della più grande campagna di vaccinazione di massa che abbia mai avuto corso nel Paese”. Passi che seguiranno come annunciato la pronuncia dell’Ema sulla documentazione fornita da Pfizer e Moderna sui vaccini anti Covid, prevista rispettivamente il 29 dicembre e e 12 gennaio, che dovrebbe consentire “di avere 3,4 milioni di dosi per vaccinare 1,7 milioni di persone”.
Sulle pagine del Corriere della Sera, l’opinione di Alberto Mantovani, “L’idea di un’approvazione accelerata, perché non possiamo dimenticare il contesto: le vittime sono numerosissime e i problemi di salute che verranno, dato che stimiamo che pagheremo un caro prezzo negli anni in termini di incidenza di tumori”. Una serie di passaggi burocratici sono stati snelliti, ma “non si sono saltate tappe: i vaccini in dirittura d’arrivo saranno stati sperimentati su decine di migliaia di persone, con effetti collaterali a tutt’oggi accettabili”.
Guardando invece all’efficacia dei diversi vaccini con i dati di due mesi di osservazione nella fase 3, Mantovani precisa: “Non possiamo fare confronti. Non esiste il vaccino ‘migliore’ ed è bene che ce ne siano diversi, perché nessuno singolarmente protegge il cento per cento dei soggetti. Inoltre, ci possono essere bisogni differenti, sia dal punto di vista logistico che fisiologico”. La maggiore severità dell’agenzia europea nelle autorizzazioni emergenziali sui vaccini “è una peculiarità salutare”, sottolinea. Ci si augura che con il vaccino la risposta immunitaria e la conseguente protezione “ci copra per almeno sei mesi”.
E ancora: “La terapia, comunque, è ancora fondamentale perché i vaccini sono luci in fondo al tunnel, ma il tunnel dobbiamo attraversarlo e si chiama inverno. Nel piano vaccinale mi auguro che gli aspetti organizzativi siano accompagnati da una campagna di formazione e informazione. Se non si prepareranno i cervelli e i cuori alla campagna vaccinale, temo che andremo a sbattere”.
Redazione Nurse Times
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