13/03/2020. Ore 21.40 esattamente 20 minuti alla fine di un “primo” turno diverso dagli altri. Un turno “emotivamente” forte; uno di quei turni che non scorderai mai nella tua vita. Apparentemente in un corridoio di un reparto, in realtà un corridoio di una sala operatoria adibita, svuotata e arrangiata per i pazienti del covid-19. Perché i pazienti ci sono e aumentano ma gli spazi diminuiscono.
Un corridoio fatto mille volte in otto ore ma con quel tutone di 3 taglie in più, la mascherina soffocante e tutto il resto è come averlo percorso 15 volte tanto.
In fondo nascosto dietro i carrelli un telefono o meglio un centralino, comunicazioni sui vari spostamenti, sui pazienti che devono andare e arrivare. Ma all’improvviso rispondi pensando ad una solita chiamata invece è la voce tremante di una figlia di una paziente che ha già saputo dal medico le notizie della mamma.
E lí piangendo inizia a dirti che è malata e che da 8 mesi non vede sua mamma. Ha appena saputo che non la rivedrà più e vuole che gliela saluti.
E così ti dimentichi di essere in un corridoio all’interno di una tuta gigante e gli dici con la voce tremante a tua volta “certo lo farò stia tranquilla” e riattacchi. Continui a lavorare, ma arriva un paziente “critico” e appena si riprende il medico chiama la figlia, prima che riattaccasse gli suggerisco che potevamo fargliela salutare. Perché lei non lo poteva vedere, ma eravamo consapevoli che sarebbe stata l’ultima volta che l’avrebbe sentita, e cosi abbiamo fatto!
Passa un altro turno arrivo a casa con l’adrenalina ancora in circolo che anche stanotte non mi farà dormire (come le notti precedenti) e così passeranno i giorni, sperando che tutto finisca!
In questi momenti mi rendo conto di quanto si viva troppo nel superfluo non apprezzando quello che abbiamo fino a quando non lo perdiamo. Ad oggi questa è la realtà… questa è la nostra realtà… perciò anche io vi chiedo di restare a casa. Perché tutto andrà Bene!
Luisa, pronto soccorso di Parma
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