Per molti pazienti il superamento della malattia non significa tornare a una vita normale: la funzionalità respiratoria risulta spesso compromessa.
Guariti dal Covid-19, ma con strascichi sulla salute che potrebbero protrarsi a lungo. L’infezione da SarsCov2 potrebbe infatti determinare conseguenze a lungo termine sulla funzionalità respiratoria, e talvolta comprometterla in modo irreversibile, soprattutto nei pazienti usciti dalla terapia intensiva. Tanto che il 30% dei pazienti più gravi guariti avrà problemi permanenti di fibrosi polmonare. È questo il preoccupante scenario che arriva dal convegno digitale della Società italiana di pneumologia (Sip) con la Federazione delle associazioni di ricerca sulle cellule staminali (StemNet) e il Gruppo italiano staminali mesenchimali (Gism).
Proprio questi disturbi, avvertono gli esperti, costituiranno una «nuova patologia respiratoria di domani e una nuova emergenza sanitaria» per la quale sarà necessario attrezzarsi per tempo, rafforzando le pneumologie e prevedendo ambulatori e percorsi ad hoc. Le prime osservazioni «rispecchiano da vicino i risultati di studi di follow-up realizzati in Cina a seguito della polmonite da SARS del 2003, molto simile a quella da Covid-19, confermando il sospetto che anche Covid-19 possa comportare danni polmonari che non scompaiono alla risoluzione della polmonite», spiega Luca Richeldi, membro del Comitato tecnico-scientifico, presidente Sip e direttore del Dipartimento di Pneumologia al Policlinico Gemelli di Roma.
«In molti pazienti Covid-19 che sono stati ricoverati o intubati – precisa Richeldi – osserviamo dopo la dimissione difficoltà respiratorie che potrebbero protrarsi per molti mesi dopo la risoluzione della infezione e i dati raccolti in passato sui pazienti con SARS mostrano che i sopravvissuti alla SARS a sei mesi di distanza avevano ancora anomalie polmonari ben visibili alle radiografie toraciche e alterazioni restrittive della funzionalità. Ma, soprattutto, il 30% dei pazienti guariti mostrava segni diffusi di fibrosi polmonare, cioè grosse cicatrici sul polmone con una compromissione respiratoria irreversibile. In pratica, potevano sorgere problemi respiratori anche dopo una semplice passeggiata».
Inoltre, «questi problemi si sono verificati anche in pazienti giovani, con un’incidenza variabile dal 30 fino al 75% dei casi valutati», ha sottolineato Angelo Corsico, direttore della Pneumologia della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo e ordinario di Pneumologia all’Università di Pavia. Gli esperti temono perciò che la fibrosi polmonare possa rappresentare il pericolo di domani, e per questo richiamano l’attenzione alla necessità di specifici follow-up dei pazienti che sono stati ricoverati, specialmente i più gravi e gli anziani più fragili, che potrebbero necessitare di un trattamento farmacologico e di percorsi riabilitativi dedicati.
Avremo cioè «una nuova categoria di pazienti con cicatrici fibrotiche a livello polmonare da Covid con insufficienza respiratoria, che rappresenterà certamente un nuovo problema sanitario», avverte Richeldi. Da qui il monito degli specialisti che sottolineano come sia necessario prevedere ambulatori di riabilitazione respiratoria. A Pavia è già attivo da aprile il primo ambulatorio post Covid dedicato ai pazienti dimessi. Qui sono sottoposti a esame radiografico del torace, prove di funzionalità respiratoria, test del cammino di sei minuti, ecografia toracica e cardiaca e, se necessario, a Tac toracica per un monitoraggio costante.
Redazione Nurse Times
Fonte: Il Messaggero
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