La Federazione replica a chi mette in dubbio che il contagio dei professionisti sanitari sia avvvenuto fuori dal contesto lavorativo: “Serve rispetto per chi si mette al servizio della salute altrui. Intervenga il Governo”.
Oltre 2mila operatori sanitari contagiati da COVID-19. La maggior parte non vedono ormai famiglie e parenti da settimane e quando finiscono i loro turni estenuanti spesso non si allontanano nemmeno dalle strutture dove lavorano, ma cercano in queste la possibilità di riprendere le forze. Non ci sarebbe nemmeno la necessità di ricordarlo, viste le immagini e le attestazioni di gratitudine dei cittadini che ormai sono sotto gli occhi di tutti.
Eppure no: c’è chi a livello di coordinamento nazionale, a livello di direzione strategica di aziende che non solo sono nell’occhio del ciclone (perfino chiedendo “foto di gruppo” dei turni per verificare che tutti siano in servizio), ma addirittura sono tra le più colpite in Italia, a livello di presidenti di Regioni (non di quelle dove COVID-19 miete sempre più vittime ogni giorno) afferma di voler capire se questi operatori si sono contagiati in ambiente professionale, in ospedale o nei loro studi di medici di famiglia se medici, oppure nella vita privata o anche che i dispositivi di sicurezza forniti, palesemente insufficienti, “devono farseli bastare” quasi fosse una scelta personale.
Uno spettacolo al quale non avremmo mai voluto assistere! Nessuno e a nessun livello e per nessuna ragione dovrebbe in questo momento permettersi di mettere in discussione l’etica e l’impegno (anche civile) degli infermieri! (come tutto il personale che sta dando sé stesso per affrontare la pandemia)
Vita privata per loro, oggi, ai tempi di COVID-19, è inesistente da un lato perché l’impegno professionale non la consente, dall’altro perché se anche ci fosse un po’ di spazio, proprio gli operatori della sanità eviterebbero con tutto il loro impegno di far rischiare i propri cari. Così come il Governo prescrive a tutti i cittadini.
Dove dovrebbero aver contratto l’infezione se non al loro posto di lavoro, dove passano ben di più delle ore previste da turni ormai inesistenti e senza adeguate protezioni?
In questo senso assistiamo ogni giorno al tentativo di reclutare professionisti nei modi più originali, ma mai immaginando di dare loro se non altro la certezza che rischiando la vita e la salute oggi, potranno non essere più precari domani e che i giusti organici non sono la necessità di un momento, sia pure d’emergenza, ma di sempre. Eppure c’è chi vorrebbe ancora agire su turni e presenze come fossimo in tempi normali.
Assistiamo a indennità a tempo, come se anche nei giorni cosiddetti “normali” rischi e stress non fossero all’ordine del giorno per la carenza ormai storica di infermieri che caratterizza il Servizio sanitario nazionale. Eppure, nessun infermiere, anche se offeso da atteggiamenti che non riconoscono il suo impegno, si è mai tirato indietro, né lo farà. E stress e burnout degli infermieri, lo dicono studi internazionali, aumenta il rischio di mortalità tra i pazienti dal 7 alll11 per cento. Non è certo questo l’obiettivo.
Assistiamo alla distribuzione di dispositivi di sicurezza personale non previsti nei protocolli per un utilizzo da parte di chi deve svolgere il lavoro a contatto con i malati. Eppure, c’è chi dice che gli infermieri dovrebbero farseli bastare, come se la loro salute non fosse quella di cittadini italiani, che per di più la mettono anche al servizio degli altri.
Non servono scuse: intervenga il Governo e chi può fermare a tutti i livelli questo ulteriore massacro psicologico e morale ingiusto, fuori da ogni logica e dannoso, che in questo modo davvero diventa pericoloso e controproducente.
Redazione Nurse Times
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