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Coronavirus, contagi sul lavoro (dati Inail): la categoria più colpita è quella degli infermieri

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Coronavirus, contagi sul lavoro (dati Inail): la categoria più colpita è quella degli infermieri
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Lo dicono le segnalazioni raccolte dall’inizio della pandemia al 31 maggio 2021.

Dall’inizio della pandemia alla data dello scorso 31 maggio i contagi da Covid-19 sul lavoro segnalati all’Inail sono 175.323, pari a quasi un quarto del totale delle denunce di infortunio pervenute da gennaio 2020 e al 4,2% del totale dei contagiati nazionali comunicati dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss) alla stessa data. Come emerge dal 17esimo report nazionale sulle infezioni da nuovo coronavirus di origine professionale, rispetto alle 171.804 denunce rilevate dal monitoraggio precedente del 30 aprile 2021, i casi in più sono 3.519 (+2,0%), di cui 757 riferiti a maggio, 960 ad aprile, 541 a marzo, 249 a febbraio e 273 a gennaio di quest’anno, 201 a dicembre, 297 a novembre e 183 a ottobre 2020, mentre i restanti 58 casi sono riconducibili agli altri mesi dell’anno scorso. Il consolidamento dei dati permette, infatti, di acquisire informazioni non disponibili nelle rilevazioni precedenti.

I settori più colpiti – Il settore della sanità e assistenza sociale, che comprende ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche e policlinici universitari, residenze per anziani e disabili, è sempre al primo posto tra le attività produttive con il 65,9% delle denunce e il 25,1% dei casi mortali codificati, seguito dall’amministrazione pubblica (attività degli organismi preposti alla sanità – Asl – e amministratori regionali, provinciali e comunali), con il 9,2% dei contagi e il 10,4% dei casi mortali. Gli altri settori più colpiti sono il noleggio e servizi di supporto alle imprese (vigilanza, pulizia e call center), il trasporto e magazzinaggio, secondo per numero di decessi con il 12,8% del totale, il manifatturiero (addetti alla lavorazione di prodotti chimici e farmaceutici, stampa, industria alimentare), le attività dei servizi di alloggio e ristorazione, il commercio all’ingrosso e al dettaglio, le altre attività di servizi (pompe funebri, lavanderia, riparazione di computer e di beni alla persona, parrucchieri, centri benessere…), e le attività professionali, scientifiche e tecniche (consulenti del lavoro, della logistica aziendale, di direzione aziendale).

Oltre un terzo dei contagi riguarda i tecnici della salute – L’analisi per professione dell’infortunato conferma che circa un terzo dei decessi riguarda il personale sanitario e socio-assistenziale. La categoria dei tecnici della salute è quella più coinvolta dai contagi, con il 37,7% delle denunce complessive, l’82,7% delle quali relative a infermieri, e il 10,7% dei casi mortali codificati (il 67,2% infermieri). Seguono gli operatori socio-sanitari con il 18,5% delle denunce (e il 4,5% dei decessi), i medici con l’8,6% (5,9% dei decessi), gli operatori socio-assistenziali con il 7,0% (2,7% dei decessi) e il personale non qualificato nei servizi sanitari (ausiliario, portantino, barelliere) con il 4,8% (3,7% dei decessi). Tra le altre professioni spiccano gli impiegati amministrativi, con il 4,5% delle denunce e il 10,6% dei casi mortali, gli addetti ai servizi di pulizia, i conduttori di veicoli con l’1,3% delle denunce e il 7% dei casi mortali, gli addetti ai servizi di sicurezza, vigilanza e custodia e gli impiegati addetti al controllo di documenti e allo smistamento e recapito della posta.

Nella sanità e assistenza sociale infezioni in calo grazie ai vaccini – Il nuovo report conferma l’inversione di tendenza osservata a partire dallo scorso mese di febbraio rispetto al trend dei mesi precedenti. Se la sanità e assistenza sociale nell’ultimo quadrimestre è scesa sotto la soglia del 45% dei casi codificati, riposizionandosi sugli stessi livelli dell’estate 2020 grazie all’efficacia delle vaccinazioni, che hanno coinvolto prioritariamente il personale sanitario, altri settori produttivi registrano infatti una crescita dell’incidenza di contagi professionali, pur rilevando un calo in valori assoluti rispetto alla “seconda ondata” del periodo ottobre 2020-gennaio 2021. È il caso, in particolare, dei trasporti, del commercio, dei servizi di alloggio e ristorazione, dei servizi di informazione e comunicazione e del manifatturiero, che raccolgono complessivamente il 31,4% dei casi, contro l’8,4% della prima ondata, il 29,0% del periodo estivo e il 10,6% della seconda ondata.

Circa 2.700 i casi tra insegnanti, professori e ricercatori – La stragrande maggioranza dei contagi e dei decessi (rispettivamente 97,1% e 89,8%) riguarda l’industria e servizi, con i restanti casi distribuiti nelle gestioni assicurative per Conto dello Stato (amministrazioni centrali dello Stato, scuole e università statali), agricoltura e navigazione. Sono circa 2.700, in particolare, le infezioni di origine professionale di insegnanti, professori e ricercatori di scuole di ogni ordine e grado e di università statali e private, riconducibili sia alla gestione dei dipendenti del Conto dello Stato sia al settore Istruzione della gestione industria e servizi.

L’andamento per professione e mese di accadimento – L’andamento dei contagi per mese di accadimento mostra per le professioni sanitarie una progressiva riduzione dell’incidenza dei casi tra la fase di lockdown (fino a maggio 2020 compreso) e quella di post-lockdown (da giugno a settembre 2020), una risalita nella seconda ondata di contagi (ottobre 2020-gennaio 2021) e un nuovo calo nell’ultimo quadrimestre analizzato. I tecnici della salute (prevalentemente infermieri), in particolare, sono passati infatti dal 39,1% del primo periodo al 23,2% del secondo, per poi ritornare al 39,3% nella fase di “seconda ondata” e scendere al 25,0% tra febbraio e maggio di quest’anno.

Analogo l’andamento dei casi rilevati tra i medici, scesi dal 10,1% della fase di lockdown al 5,5% di quella post-lockdown, per poi registrare l’8,6% nella seconda ondata dei contagi e passare al 4,6% negli ultimi quattro mesi. Altre professioni, con la ripresa delle attività, hanno visto invece aumentare l’incidenza delle infezioni tra le prime due fasi della pandemia, registrato una riduzione nella terza e un nuovo incremento nella quarta. È il caso, per esempio, degli esercenti e addetti nelle attività di ristorazione (passati dallo 0,6% del primo periodo al 3,7% di giugno-settembre, allo 0,6% tra ottobre e gennaio fino all’1,3% tra febbraio e maggio 2021), degli artigiani e operai specializzati delle lavorazioni alimentari (dallo 0,2% al 4,3%, allo 0,1% fino allo 0,6%) e degli addetti ai servizi di sicurezza, vigilanza e custodia (passati dallo 0,6% all’1,6%, poi allo 0,9% fino all’1,8% dell’ultimo quadrimestre).

Confermato il maggiore impatto della seconda ondata – Il nuovo report elaborato dalla Consulenza statistico attuariale Inail conferma che la “seconda ondata” di contagi, che in ambito lavorativo può essere circoscritta al periodo ottobre 2020-gennaio 2021, con il 59,6% dei casi ha avuto un impatto più intenso rispetto alla prima ondata del periodo marzo-maggio 2020 (29,0%). Lo scorso novembre, in particolare, con 40.029 denunce è il mese col maggior numero di infezioni di origine professionale, e precede marzo 2020, che con 28.600 casi è al secondo posto per numero di contagi denunciati. Nell’ultimo quadrimestre febbraio-maggio 2021, invece, l’incidenza sul totale dei casi registrati da inizio pandemia è scesa all’8,4%.

Il 55% dei casi mortali nel trimestre marzo-maggio 2020 – La prima ondata della pandemia ha avuto un impatto maggiore della seconda per i decessi: il 55,0% dei casi mortali, infatti, è stato denunciato all’Inail nel trimestre marzo-maggio 2020 (il 30,2% nel solo mese di aprile) contro il 29,6% del trimestre novembre 2020-gennaio 2021, percentuale che sale al 41,5% se si considera il periodo novembre 2020-maggio 2021. Le morti da Covid-19 segnalate all’Istituto alla fine dello scorso mese sono 639, circa un terzo del totale dei decessi sul lavoro segnalati all’Istituto dal gennaio 2020, con un’incidenza dello 0,5% rispetto al totale dei deceduti nazionali da nuovo Coronavirus registrati dall’Iss alla stessa data. Rispetto ai 600 casi rilevati dal monitoraggio del mese precedente, i casi mortali sono 39 in più, di cui otto a maggio, 11 ad aprile, cinque a marzo, due a febbraio e due a gennaio 2021, quattro a dicembre e tre a novembre dello scorso anno, mentre i restanti quattro decessi sono riconducibili ai mesi precedenti.

La distribuzione territoriale – L’analisi territoriale, approfondita anche attraverso le schede regionali, evidenzia una distribuzione delle denunce del 43,2% nel Nord-Ovest (prima la Lombardia con il 25,6%), del 24,5% nel Nord-Est (Veneto 10,6%), del 15,1% al Centro (Lazio 6,5%), del 12,6% al Sud (Campania 5,7%) e del 4,6% nelle Isole (Sicilia 3,1%). Le province con il maggior numero di contagi da inizio pandemia sono quelle di Milano (9,7%), Torino (7,1%), Roma (5,2%), Napoli (3,8%), Brescia, Verona e Varese (2,5% ciascuna), e Genova (2,4%). Milano è anche la provincia che registra il maggior numero di contagi professionali accaduti nel solo mese di maggio, seguita da Roma, Napoli, Torino, Messina, Venezia e Firenze.

Le province che registrano i maggiori incrementi percentuali rispetto alla rilevazione di aprile sono però quelle di Vibo Valentia, Reggio Calabria, Salerno, Lecce, Agrigento, Caltanissetta, Sud Sardegna, Messina, Pordenone, Bolzano, Grosseto, Terni, Cosenza, Brindisi e Catanzaro. Prendendo in considerazione solo i decessi, la percentuale del Nord-Ovest scende al 40,2% (prima la Lombardia con il 28,3%), mentre il Sud, con il 24,4% dei casi mortali denunciati (Campania 11,6%), contro il 12,6% riscontrato sul complesso delle denunce, precede Centro (17,1%), Nord-Est (12,7% rispetto al 24,5% delle denunce totali) e Isole (5,6%). Le province che contano più morti dall’inizio della pandemia sono quelle di Bergamo, Milano e Roma (con il 7,5% ciascuna), Napoli (6,9%), Brescia (4,7%), Torino (3,8%), Cremona (3,0%), Genova (2,7%), Caserta e Parma (2,5% ciascuna).

Più contagi tra le lavoratrici, ma a morire sono soprattutto gli uomini – La maggioranza dei decessi riguarda gli uomini (83,6%) e i lavoratori nelle fasce di età 50-64 anni (72,3%), over 64 anni (18,5%) e 35-49 anni (8,4%), mentre tra gli under 35 si registra lo 0,8% dei casi mortali. Allargando l’analisi a tutti i contagi sul lavoro da Covid-19, il rapporto tra i generi si inverte. La quota femminile sul totale delle denunce, infatti, è pari al 68,8%.

Il numero delle lavoratrici contagiate supera quello dei lavoratori in tutte le regioni, a eccezione della Calabria, della Sicilia e della Campania, dove l’incidenza delle donne sul complesso delle infezioni di origine professionale è, rispettivamente, del 48,5%, del 46,2% e del 44,4%. L’età media dei contagiati dall’inizio dell’epidemia è di 46 anni per entrambi i sessi (59 per i deceduti). Il 42,5% del totale delle denunce riguarda la classe 50-64 anni. Seguono le fasce 35-49 anni (36,7%), under 35 anni (18,9%) e over 64 anni (1,9%). L’86,3% delle denunce riguarda lavoratori italiani. Il restante 13,7% sono stranieri, concentrati soprattutto tra i lavoratori rumeni (pari al 21,0% dei contagiati stranieri), peruviani (12,8%), albanesi (8,1%), moldavi (4,5%) ed ecuadoriani (4,2%). Nove morti su 10 sono italiani (90,3%), mentre la comunità straniera con più decessi denunciati è quella peruviana (con il 14,5% dei casi mortali dei lavoratori stranieri), seguita da quelle albanese (12,9%) e rumena (9,7%).

Redazione Nurse Times

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