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Coronavirus, anche il cervello è un bersaglio

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Coronavirus, anche il cervello è un bersaglio
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Ben 300 studi evidenziano sintomi neurologici collegati all’infezione.

Il cervello può essere bersaglio del coronavirus. A dimostrarlo sono circa 300 studi scientifici che riportano sintomi neurologici collegati all’infezione da Sars-Cov-2, che vanno dalla cefalea e dalla mancanza di olfatto a perdite di memoria fino a ictus, micro ischemie e in rari casi attacchi epilettici. A fare il punto è Giulio Maira, neurochirurgo di fama mondiale e già ordinario di Neurochirurgia all’Università Cattolica, che mette in guardia i colleghi: “E’ importante non sottovalutare questo aspetto”.

Il Covid-19 è una patologia primariamente respiratoria, ma aggredisce anche altri organi, tra cui il sistema nervoso. “Le pubblicazioni su questo sono sempre più frequenti e fino a oggi se ne contano già 302 su Pubmed – precisa Alessandra Serraino, neurochirurga del team del professor Maira –. Tra i primi a dimostrarlo un team di medici giapponesi che avevano individuato edemi nel cervello di pazienti gravi, per via dell’infiammazione seguita ala risposta immunitaria al Sars-Cov-2″.

Che il Covid-19 abbia un impatto neurologico era del resto immaginabile anche solo guardando gli studi su altri coronavirus. La Sars, ad esempio, come riporta un articolo pubblicato su Nature online, ha mostrato di essere in grado di attaccare il cervello nello 0,04% dei casi, e la Mers nello 0,2%. Percentuali apparentemente basse ma che, considerando l’elevatissimo numero di contagi da Sars-Cov-2, sarebbero molto rilevanti. E i dati, a tal proposito, si stanno moltiplicando.

“Le evidenze scientifiche – precisa Maira – mostrano che il Covid ha un effetto significativo sul sistema nervoso: a partire da uno dei sintomi più comuni, la perdita dell’olfatto che interessa circa l’80% dei pazienti ed è collegata a un’infiammazione del nervo olfattivo. Molto frequente è anche il mal di testa, riportato da circa il 15%, ma anche i disturbi della memoria interessano una quota non irrilevante di pazienti e permangono per un certo lasso di tempo anche dopo la negativizzazione al tampone. Fino ad arrivare agli effetti più gravi, come i disturbi cerebrovascolari e gli ictus ischemici, che interessano il 2,8% dei pazienti dei ricoverati in terapia intensiva e sono dovuti a un’eccessiva infiammazione e conseguente ipercoagulazione del sangue indotta dall’infiammazione. In altri casi invece possono verificarsi emorragie cerebrali secondarie all’infezione e collegate all’aumento dell’ipertensione, causata da una disfunzione dei recettori ace2. E ancora, vi sono casi, anche se meno frequenti, di disturbi del sistema nervoso periferico causati da una demielinizzazione dei neuroni, simile a quella che si verifica con la sclerosi multipla. In letteratura sono citate persino forme di epilessia in persone che non ne avevano mai sofferto e perdita della memoria collegata a microischemie nella zona dell’ippocampo”.

In Inghilterra uno studio su 125 persone con Covid e sintomi neurologici ha evidenziato anche casi di stato di confusione e una decina di casi di psicosi, soprattutto in persone già psicologicamente fragili. Il problema principale è individuare il meccanismo d’azione di questo attacco. “Una delle ipotesi consistenti – prosegue l’esperto – è che i sintomi neurologici siano una risposta secondaria, non dovuta all’ingresso del virus nel cervello, ma alle conseguenze dello stato infiammatorio causato dall’infezione. Questi sintomi non sappiamo quanto durino, ma sono stati descritti anche a distanza di tempo dalla scomparsa del virus dall’organismo. Una risonanza magnetica cerebrale permette di capire la situazione e i farmaci da assumere. L’invito ai medici è a porre molta attenzione a questi sintomi”.

Redazione Nurse Times

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