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Coronavirus, a serio rischio anche la salute mentale

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Coronavirus, a serio rischio anche la salute mentale
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In netta crescita i casi di disturbi psichici e psichiatrici legati all’epidemia.

Ce lo hanno promesso gli esperti: per l’infezione da coronavirus la svolta arriverà con la vaccinazione di massa, ed è a quella che tra mille stop and go il mondo guarda. Ma c’è una pandemia ancor più subdola e per la quale il vaccino pare ancora più complicato da trovare: sono i disturbi psichici e psichiatrici, saliti alle stelle proprio per il dilagare del Covid-19. Uno tsunami mondiale, che in un’Italia pesantemente sguarnita sul fronte dei servizi e dei finanziamenti si sta rivelando drammatico.

A spiegarlo è Claudio Mencacci, co-presidente della Società italiana di neuro-psico-farmacologia (Sinpf) e direttore del Dipartimento di Neuroscienze e salute mentale dell’Asst Fatebenefratelli-Sacco di Milano: «La pandemia ha creato uno stress senza precedenti sui servizi di Psichiatria, con un aumento enorme delle richieste di prestazioni volte a fronteggiare le conseguenze psichiatriche del Covid. Ma è più appropriato parlare di sindemia: un mix tra pericolo clinico e sociale fatto di malattia, di paura del contagio, della cosiddetta Covid fatigue, di lutti, di crisi socioeconomica. E dell’emersione di una profonda solitudine, soprattutto tra gli anziani».

I numeri e le stime si sprecano: al dato di 830mila pazienti in cura presso i dipartimenti di salute mentale (Dsm) fotografato in era pre-Covid (ed è appena l’1,6% della popolazione presa in carico, a fronte di un’utenza attesa del 5%), si calcola di dover aggiungere oggi almeno un +30% e nel complesso la sindemia porterà con sé un milione di nuovi casi di disagio mentale.

«Ad alto rischio – spiega ancora Mencacci – sono soprattutto le donne, i giovani e gli anziani: le prime perché più predisposte alla depressione e più toccate dalle ripercussioni sociali e lavorative, i secondi che hanno visto modificarsi la vita di relazione e subiscono isolamento e perdita del lavoro, gli anziani perché più fragili davanti al virus, alla depressione e alla solitudine. Ma più in generale l’intera popolazione è scossa dall’incertezza che scombina l’attività principale del cervello: quella previsionale, basata sulle esperienze e sull’algoritmo che per vivere costruiamo nella nostra testa. Poiché siamo animali sociali, abitudinari e programmati come specie a dare risposte molto capaci in emergenza, l’adattamento a questa situazione, prolungato a tempo indefinito, provoca uno svuotamento emotivo».

La cassetta degli attrezzi con cui l’Italia si è trovata a far fronte a questa maxi-emergenza nell’emergenza è decisamente sguarnita, a cominciare dal personale: a un Servizio sanitario deprivato da almeno 15 anni manca nei Dsm il 20% degli psichiatri (nel 2018 erano circa 5mila), così come 1.500 psicologi, altrettanti terapisti della riabilitazione psichiatrica e assistenti sociali, 5mila infermieri.

«Solo quest’anno ci si è decisi a portare le borse di specializzazione in Psichiatria da 280 a 400, numero che ora va stabilizzato e che in ogni caso produrrà i suoi effetti solo tra quattro anni», avvisa Enrico Zanalda, co-presidente della Società italiana di psichiatria (Sip), direttore del Dipartimento interaziendale di Salute mentale dell’Asl di Torino e Azienda ospedaliera San Luigi Gonzaga, e tra i fondatori del Coordinamento nazionale Dipartimenti di salute mentale, strutture su cui non a caso l’Istituto superiore di Sanità sta realizzando una survey estesa a Covid e psichiatria.

Proprio il Coordinamento, incoraggiato dal discorso inaugurale con cui al Senato il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha annunciato attenzione alle cure sul territorio e al rilancio della salute mentale, ha messo in fila in una lettera al premier e al ministro della Salute, Roberto Speranza, le istanze di un settore “cenerentola”.

A raccontarne i contenuti è lo stesso Zanalda: «La salute mentale in Italia da oltre 20 anni è inchiodata a un budget del 3,6% del Fondo sanitario, poco più di 4 miliardi ma per far fronte alla spesa attuale ed emergente, incluse le dipendenze, quella percentuale dovrebbe crescere almeno al 6% con un aumento di tre miliardi. In ballo c’è la necessità di rimettere la Psichiatria nelle condizioni di fronteggiare un sommerso di 4,5 milioni di italiani con disturbi non ancora intercettati dal sistema e prevenire il peggioramento del loro decorso clinico».

Si guarda anche al Recovery Fund: «È urgente – concludono Zanalda e Mencacci – ricucire la rete strappata dei servizi a mille velocità delle Regioni, rilanciare spazi e strutture anti disagio e modelli di cura in équipe, puntare sulla prevenzione e su risposte innovative anche in termini di teleconsulto e telemedicina, guardare alle nuove povertà anche sociali».

La Francia, che offre dieci sedute gratuite di psicoterapia ai suoi giovani e ora anche ai bambini, sembra molto lontana, ma le proporzioni dell’emergenza in Italia non consentano tentennamenti.

Redazione Nurse Times

Fonte: Il Sole 24 Ore

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