Il dibattito sulla nostra professione imperversa da giorni sui media, a causa di gravi quanto incomprensibili fatti di cronaca che poco hanno a che fare col concetto di ‘assistenza’ e che hanno suscitato un notevole e giustificato clamore. Il caso dell’infermiera di Piombino ha innescato una spirale di terrore e psicosi nel paese e lasciato sgomenti gli altri 430.000 infermieri italiani, che ogni giorno si impegnano per aiutare e curare i cittadini tra tante difficoltà
L’argomento è stato affrontato in diversi programmi televisivi. A Porta a Porta, poche sere fa, Bruno Vespa con la presidente della FNC Ipasvi Barbara Mangiacavalli in collegamento da Milano in evidente difficoltà (VEDI) caduta sulle domande (prevedibili) del conduttore che non ha evitato di infierire sulle difficoltà della sua ospite.
Per fortuna, però, ci sono anche programmi televisivi diversi. Che provano a fare della vera informazione e spesso…Ci riescono.
È il caso di Uno Mattina (VEDI) in cui ieri, primo aprile, è stata decisamente fatta maggiore chiarezza sulla questione.
Già dall’inizio si è subito capito che il ‘tono’ sarebbe stato molto diverso rispetto a quello vissuto a Porta a Porta, e allo scempio di Tagadà su La7 (VEDI) qualche giorno prima: la presidente della Federazione IPASVI, infatti, per la prima volta è stata presentata come ‘Dottoressa Mangiacavalli’ ed ha finalmente preparato ed argomentato una più credibile ‘difesa’ a favore della professione infermieristica:
“Intanto voglio fare questo tipo di premessa: massimo rispetto e vicinanza di tutti gli infermieri italiani ai parenti delle vittime e ai cittadini che quotidianamente vengono assistiti con competenza e con professionalità dai nostri infermieri. L’altra premessa che mi pare opportuno fare è questa: queste persone, se i fatti saranno accertati dalla magistratura, hanno utilizzato il privilegio di esercitare la professione infermieristica per realizzare atti e attività che nulla hanno a che fare con l’attività infermieristica e con la professione infermieristica. Cioè, voglio dire: questi atti non sono giustificabili in nessuna maniera e in qualunque modo. Come professione infermieristica prendiamo le distanze da queste persone…”
Ora ci siamo, cara presidente. Ma è stato il medico legale e criminologo prof. Saladini ad analizzare in modo approfondito, grazie alle sue competenze, la questione di Piombino e ad evidenziare le lacune organizzative che non permettono al nostro sistema sanitario di prevenire atti di questo tipo:
“…io vorrei soltanto sottolineare che non si sta facendo un processo agli infermieri italiani che sono i migliori, i migliori in Europa. È un caso singolo. Se si tratta di un angelo della morte, così come li definiamo noi in criminologia, sono dei veri e propri serial killer, che provano piacere nel gestire l’onnipotenza. Ma parte nel 1885 con Jane Toppan, che uccise addirittura 31 persone, quest’infermiera. Può capitare. Una persona con disagio psichico diagnosticato, con un abuso d’alcol, con un abuso di psicofarmaci, è corretto che stia al suo posto in una professione così delicata e difficile come quella di un infermiere? Beh, a mio parere non è corretto. Però probabilmente manca una rete. Manca una rete di controllo sul livello psico-fisico dei nostri operatori sanitari. Non si fanno dei test psico – diagnostici sugli infermieri o sui medici che operano nei nostri ospedali. E se anche l’infermiera fosse andata, come sembra, in un centro d’igiene mentale e le fosse stata diagnosticata una depressione non sarebbe stata poi segnalata alla direzione sanitaria per questioni di privacy”.
Professione complicata, la nostra…si ha a che fare col dolore, con la morte, con la malattia, col rischio, con turni sempre più massacranti e, in molte regioni d’Italia, con un estremo precariato.
Dove il professionista diventa solo una unità numerica ‘esterna’, intercambiabile una volta rotta o usurata. Eh sì, alla fine, in un modo o nell’altro, torna sempre questo participio…‘usurante’. È una professione che probabilmente avrebbe bisogno di essere più tutelata e controllata, la nostra, come afferma il prof. Saladini.
Con visite specialistiche, controlli sulla qualità assistenziale erogata, sistemi di ‘alert’ che possano individuare segnali inquietanti come quelli che hanno probabilmente preceduto i fatti di Piombino e di Lugo; che, è giusto ricordarlo, rimangono comunque casi molto rari. Le aziende, pubbliche o private, dovrebbero quindi essere obbligate a gestire e monitorare il personale in modo diverso…anche quando questo è assunto con contratti a termine e quindi ‘di passaggio’… anche quando si usa l’escamotage dei liberi professionisti che vengono poi inseriti in turno come tappa buchi di qua e di là…senza regole che salvaguardino l’integrità psico-fisica dei professionisti e di conseguenza…gli utenti.
Controlli e tutela per una professione che svolge un ruolo molto delicato e usurante. Controlli e tutela per la sicurezza dei cittadini. Più attenzione per una professione che merita più rispetto. È chiedere troppo?
Alessio Biondino
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