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Conto annuale 2016, emergono dati preoccupanti

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I tagli al personale e alle retribuzioni rischiano di produrre effetti deleteri per la qualità del servizio.

Nel 2016 si sono persi altri 1.723 infermieri rispetto al 2015, quando già se ne erano persi 2.788 rispetto all’anno prima: oltre 4.500 professionisti in meno in soli due anni. Un’emorragia di personale di cui vanno incolpate le misure di contenimento della spesa, soprattutto dove ci sono i piani rientro. In più, aumentano i precari (lavoro flessibile): ce ne sono 1.951 in più a tempo determinato, 513 in più con lavoro interinale e, per la prima volta, uno in formazione lavoro. Cresce inoltre l’età media, che in un anno “guadagna” oltre sei mesi, passando dai 47,47 anni in media del 2015 ai 48,02 del 2016.

“Un’emorragia di personale che oltre a mettere a rischio chi deve lavorare con turni e ritmi insostenibili, mette in pericolo la sicurezza dei pazienti, che sicuramente subiscono un danno rilevante per via di professionisti stanchi, che non possono ascoltare i loro bisogni come si dovrebbe”. Così dichiara il neo eletto Comitato centrale della Federazione degli infermieri, futura Federazione nazionale degli Ordini delle professioni sanitarie (Fnopi), che nasce con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del 31 gennaio della legge 3/2018 (legge Lorenzin).

Il dato è quello che emerge dal Conto annuale 2016 appena pubblicato dalla Ragioneria generale dello Stato. Ed è la stessa Rgs a spiegare, nella relazione allegata al documento, che la perdita di personale nel Ssn ha come fattore rilevante la sottoposizione delle Regioni alla disciplina del piano di rientro della spesa sanitaria.

Ma c’è di più e di peggio: gli infermieri perdono, tra il 2015 e il 2016, altri 50 euro l’anno di retribuzione, soprattutto per il forte calo delle indennità fisse e accessorie, ridotte di circa 143 euro l’anno, assieme ad altri 11 euro l’anno in meno per indennità varie. Paradossalmente, nonostante il calo di personale e il conseguente aumento di lavoro per chi resta in servizio, c’è un calo di 99 euro l’anno di straordinario.

Ad aumentare, bilanciando in parte le perdite, sono invece le voci stipendiali fisse (ma non la tredicesima, che perde 7 euro). Ovviamente retribuzione individuale di anzianità compresa, visto l’aumento dell’età media del personale dipendente. E questo più che altro per l’indennità di vacanza contrattuale che ha ripreso a essere corrisposta. Nulla di più.

“I servizi – affermano ancora i responsabili della Federazione – fanno fatica a essere erogati con la massima appropriatezza e sul territorio c’è il vuoto, come già sottolineato più volte dalla nostra Federazione. Se questi sono i numeri su cui si deve lavorare per il prossimo contratto, davvero non si parte col piede giusto. Un numero sempre più basso di professionisti e retribuzioni, ancora più asciutte rispetto agli anni precedenti, non sono una buona base su cui cercare un recupero di risorse, sia umane che economiche. È ora dei nuovi contratti, è vero, ma anche di disegnare un nuovo modello e una diversa organizzazione assistenziale e dei servizi, ascoltando e premiando quella che universalmente è riconosciuta come prima risorsa per il successo delle politiche sanitarie: il personale”.

I responsabili della Federazione ricordano poi ribadire alcuni dati elaborati a livello internazionale: “Secondo un recente studio inglese, il tasso di mortalità risulta del 20% inferiore quando ogni infermiere ha in carico un numero di pazienti pari a 6 o meno, rispetto ai contesti dove ogni infermiere ha in carico 10 o più pazienti. E in Italia, lo scorso anno, con più professionisti, la media era di 12 pazienti. Un altro studio ha sottolineato che il rischio di morte aumenta con l’esposizione a turni con ore di presenza infermieristica inferiori di almeno 8 ore rispetto al monte ore programmato o nei quali il turnover dei pazienti è molto elevato. Il rischio aumenta del 2% per ogni turno con presenze di professionisti al di sotto del monte ore e del 4% per ogni turno con elevato turnover dei pazienti. Un brutto segnale, visto che meno personale si traduce in più straordinario e turni necessariamente più lunghi”.

Concludendo: “Basta con i tagli, sia al personale che alle retribuzioni. È necessario tutelare la sicurezza di professionisti e pazienti e la dignità economica di chi lavora, prevedendo risorse degne di professionisti che hanno la responsabilità di organizzare l’assistenza. In questo modo, e i numeri parlano chiaro, a rimetterci sono non solo la qualità del servizio, ma anche quella della nostra professionalità e la sicurezza dei pazienti”.

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