“Siamo di fronte al rischio concreto, nelle realtà sanitarie da Nord a Sud, che la crisi legata principalmente alle irrisolte carenze di organico, rischi di esplodere da qui a poche settimane, quando entreremo nel pieno della stagione estiva. Non è affatto un’esagerazione. La carenza di personale medico e infermieristico è a un punto di non ritorno e si stima che, proprio nel settore dell’emergenza-urgenza, manchino ad oggi oltre 4.500 medici e circa 10mila infermieri”. Così Marco Ceccarelli, segretario nazionale del Coordinamento Infermieristico Autonomo (Coina).
“Il quadro è a tinte fosche – prosegue il segretario Coina -. Ci sono i tempi di attesa per il ricovero (boarding), stante la carenza di posti letto disponibili nei reparti di degenza causata dalla difficoltà a garantire un turnover adeguato. Ecco poi l’elevato numero di accessi impropri a causa di una sanità di prossimità inefficiente, ma anche il progressivo invecchiamento della popolazione. Così come siamo alle prese con la disaffezione per la medicina di emergenza-urgenza da parte dei professionisti che scappano a gambe levate da determinate aree sanitarie, dove i turni massacranti, a causa degli organici ridotti all’osso, sono all’ordine del giorno”.
Sempre il segretario Coina: “Le richieste di trasferimenti in reparti meno caotici è l’ipotesi meno drammatica, visto che siamo di fronte alla triste realtà delle dimissioni volontarie a raffica dalla sanità pubblica per abbracciare la libera professione, e soprattutto aumentano le fughe all’estero dei giovani. Non è affatto una previsione catastrofica: da qui a breve si rischia il 30% in più di afflusso dei pazienti nei pronto soccorsi, soprattutto al Sud, e in particolar modo nei fine settimana (assenza dei medici di base) e nei grandi ospedali delle città capoluogo con un enorme bacino di utenza, in località oltretutto con una presenza turistica non indifferente”.
E ancora: “Dal Centro in su le direzioni sanitarie dei grandi ospedali di Lazio, Lombardia, dove l’emergenza è all’apice, Veneto e Piemonte, potrebbero decidere, al fine di garantire le ferie ad un personale già ridotto all’osso, di rimodulare le attività di determinati reparti, chiudendo determinate realtà se non ci sono interventi programmati o accorpandone altri, o riducendo di almeno il 10% il numero dei posti letto. Non possiamo essere d’accordo con tutto questo. Potrebbe essere vero che, sulla base delle esperienze passate, determinati reparti potrebbero lavorare di meno, ma tagliare, ridurre, vuol dire sempre minare la qualità di prestazioni sanitarie già in grande affanno”.
Aggiunge il segretario Coina: “Lasciateci dire, poi, sulla base di esperienze come quelle degli anni passati, che ridurre i posti letto o chiudere o accorpare i reparti non vuol dire garantire al cento per cento le ferie a tutti. Non è una certezza! Immaginate se la maggior parte dei professionisti sanitari, medici e infermieri su tutti, andassero in ferie tra giugno e agosto. E’ vero che ci sono le turnazioni delle ferie, ma rispetto a organici già deficitari, serve ben altra strategia che quella di chiudere i reparti o ridurre i posti letto, già contati, per garantire le ferie a tutti”.
Ancora il segretario Coina: “Si può assumere a tempo determinato, ci si può rivolgere ai liberi professionisti con contratti a termine. Mai come in questo caso, in estate, gli infermieri a gettone, ad esempio, sarebbero una scelta indovinata, con spese naturalmente equilibrate, per tenere i reparti aperti e garantire l’efficienza degli ospedali nella sua totalità. E poi si ignora che spesso le ferie organizzate all’ultimo momento dalle aziende sanitarie non tengono conto delle esigenze delle giovani famiglie. Laddove ci sono ad esempio due genitori con minori a carico, entrambi impiegati nella pubblica amministrazione, nel momento in cui le ferie non coincidono come periodo, e non accade quasi mai, diventa penalizzante gestire un tempo libero con la famiglia al completo. Difficile se non impossibile programmare una vacanza tutti insieme”.
Conclude il segretario Coina: “Poche, pochissime realtà sanitarie, in particolar modo quelle delle regioni dove la carenza di personale è ormai una vera e propria emergenza, nella disorganizzazione generale, hanno già organizzato ad oggi i piani ferie estivi, se non sanno di fatto chi rimpiazzerà coloro che si assenteranno dal lavoro. Le famiglie, di contro, non hanno modo e tempo finalmente di riunirsi e di programmare le ferie, proprio perché i genitori non sempre sono liberi nello stesso periodo, sempre che ci sia chi davvero si possa permettere alla fine un viaggio in aereo, un albergo, una casa al mare, alla luce dei magri stipendi che gli infermieri portano a casa e con i costi della vita ad esempio delle grandi città del Nord”.
Redazione Nurse Times
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