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Caso Lembo: assolta dall’accusa di omicidio l’infermiera che somministrò un dosaggio 10 volte superiore di chemioterapico

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Caso Lembo: assolta dall’accusa di omicidio l’infermiera che somministrò un dosaggio 10 volte superiore di chemioterapico
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PALERMO – Non scatta la prescrizione. Diventano definitive le condanne per l’omicidio colposo di Valeria Lembo, uccisa da una dose letale di chemioterapia. A 10 anni di distanza dalla tragedia i familiari ottengono una giustizia che mai potrà cancellare il dolore per uno dei più gravi errori sanitari che la cronaca giudiziaria abbia raccontato.

Un maledetto zero. Le iniettarono 90 milligrammi di Vimblastina al posto di 9 al Policlinico di Palermo. Una dose talmente fuori norma che fu necessario utilizzare una flebo e non l’abituale siringa. Eppure nessuno fermo l’errore mortale. Alcuni dissero di non essersene accorti, altri di avere solo eseguito ordini.

Era il 2011 e Valeria, mamma di un bimbo di sette mesi, aveva 34 anni.

La Corte di Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi. Definitiva è la condanna a tre anni di carcere e altrettanti di interdizione dalla professione medica per Sergio Palmeri, primario del reparto di Oncologia dell’ospedale universitario.

Due anni e tre mesi per l’oncologa Laura Di Noto a due anni e tre mesi. Nel suo caso è stata annullata la parte relativa alla pena accessoria che per l’imputata, difesa dagli avvocati Stefano Cultrera e Raffaele Restivo, era stata stabilita in 2 anni di interdizione. Accolto il rilievo della difesa secondo cui per questo tipo di reati, con pena al di sotto dei 3 anni, non si può applicare l’interdizione.

La pena più pesante, 3 anni e 5 mesi, è stata inflitta allo specializzando Alberto Bongiovanni (rispondeva anche di falso, per lui tre anni di interdizione dall’esercizio della professione). 

Confermata l’unica assoluzione, quella dell’infermiera Clotilde Guarnaccia, difesa dall’avvocato Salvino Pantuso. 

Fu una catena di errori “inaccettabile” e “vergognosa” a uccidere Valeria affetta di un linfoma di Hodgkin.

La madre, Rosa Maria D’Amico, il padre, Carmelo Lembo, il marito Tiziano Fiordilino e la zia Anna Maria D’Amico si sono costituiti parte civile con l’assistenza degli avvocati Marco Cammarata e Vincenzo Barreca e hanno ottenuto un risarcimento. “Una vicenda straziante. Guardare negli occhi dei parenti e di chi ha amato e ama Valeria significa misurarsi con il dolore”, ha spiegato l’avvocato Cammarata.

Di Noto era l’oncologa in servizio, mentre Bongiovanni era lo specializzando che cancellò dalla prescrizione lo zero davanti al nove. Un tentativo mal riuscito di nascondere la tragica verità.

Di Noto non ha mai negato le proprie responsabilità ed infatti le sono state concesse le attenuanti generiche. Anche Bongiovanni ammise: “Sono stato io. Rileggo la prescrizione e la cartella, mi accorgo della discrepanza e cancello l’errore”. 

Se i ricorsi fossero stati dichiarati ammissibili la prescrizione avrebbe cancellato il processo su uno dei più gravi errori sanitari che la storia ricordi.

Redazione Nurse Times

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