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Caro Cavicchi, il congresso Ipasvi è “solo” un convegno. Gestito dalla “dittatura dolce” della maggioranza

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Gentile Direttore,

vorrei intervenire su quanto affermato ieri dal professor Ivan Cavicchi sul congresso Ipasvi tenutosi a Roma nei giorni 5/6/7 marzo u.s. Il Congresso triennale di una istituzione pubblica i cui organi sono eletti, rappresenta un momento di sintesi politica della professione circa il ruolo che ha nella tutela della salute e per gli infermieri, circa l’assistenza infermieristica alla persona

I congressi pre- elettorali di solito sono svolti mesi prima della sessione elettorale.

Nei congressi esiste una relazione del Presidente e poi si alternano gruppi, soggetti che esprimono diverse idee, modalità, vision e per tre giorni si lavora per arrivare a sintesi di una mozione o più mozioni poste ai voti. Nel dibattito i Presidenti delle diverse regioni esprimono lo stato dell’arte della professione nella loro realtà e formulano ipotesi partendo dal valore di rappresentare a livello nazionale il loro necessario percorso evolutivo, facendo alleanze, proponendo nuovi leader, programmi rappresentativi di istanze di contesto in una cornice di fattibilità nazionale.

Dopo,  per alcuni mesi, si sviluppa il dibattito sulle mozioni di maggioranza e di minoranza nella famiglia professionale o quanto meno nei Consigli Direttivi (programmi, strategie, vision, candidati….), orientando il voto del Presidente.

Gentile prof. Cavicchi, il Congresso di fatto è un convegno strutturato da convegno, gestito da convegno, chiuso con una “mozione” da convegno.

Siamo in un sistema che da Democrazia rappresentata diviene piano piano Dittatura “dolce “: un leader unico, che tanto va di moda ora nella società, uno solo decide e gli altri approvano,  se pensano diverso sono eretici.

Pertanto non esistendo il presupposto paradigmatico del congresso tutto è di conseguenza. I consiglieri in carica decidono tema, contenuti, relazioni, relatori, mozioni, vision .

Chi ha il potere decide quando fare congresso (convegno), decide la mozione e non sono ammissibili altre vision (tanto meno si votano mozioni). Il congresso pre-elettorale dove si fanno analisi profonde del triennio e si rilancia per il prossimo triennio dovrebbe essere il luogo di incontro dei Consigli Direttivi provinciali, invece è un convegno nazionale degli Infermieri (tanti studenti), importante ma è un convegno.

Venendo poi ai climi interni alla professione tutto deriva da una logica che sostiene l’attuale assetto legislativo che regolamenta gli enti Ordinistici e di conseguenza il loro ruolo ed il ruolo marginale della famiglia professionale  (siamo eletti da circa 40.000 infermieri su oltre 400.000). Con l’attuale sistema è sufficiente conquistare 20 grandi realtà provinciali e così governi per 20 anni. Professore Cavicchi,  in Italia tutti puntano al Ventennio, si passa alla storia (la regola del 20), quindi la squadra del Comitato Centrale non nasce dal dibattito, dalla scelta di soggetti competenti ma da una repentina proposta fatta pochi giorni prima delle elezioni su criteri di numeri sicuri per stravincere e chi osa è miscredente o sprovveduto. Se ci riflette Professore è tutto regolare.

Voglio alzare il tiro, dove sta il problema? Nel Ministero della Salute, nel Governo, nei Governi Regionali, che dopo 20 anni dove  agli infermieri si riconosce la responsabilità di una Scienza che deve assicurare l’assistenza alle persone ed alle famiglie, si sono disposte leggi a valore generale ma a basso impatto e,  al volere di politici locali illuminati sull’agire quotidiano faticoso, lento, variegato non solo su base Italiana ma nelle stesse Regioni addirittura in uno stesso ospedale.

La formazione universitaria è in caduta libera (basterebbe esaminare i diversi protocolli regionali); la formazione universitaria post- laurea  scarsamente utilizzata dal sistema, rimane solo una opportunità singola pur essendo programmata; la formazione di giovani infermieri che occorrono disperatamente nei servizi territoriali domiciliari ma che regaliamo alla Germania ed all’Inghilterra (Collegi che organizzano il reclutamento); infermieri dipendenti ai quali in 20 anni non abbiamo tolto funzioni ed attività non più pertinenti, in quanto la logica è non ottimizzare e ridistribuire ma aggiungere carichi fintanto non si arriva alla sindrome da affaticamento psicofisico, per di più con contratti da qualifiche e non da laureati; Infermieri dirigenti che in Italia sono strumentali solo ai processi aziendali e non alle finalità di co-evoluzione della Scienza Infermieristica, studiata, ponderata, implementata, sostenuta, valutata, rappresentata a tutti i livelli e sopra tutto apprezzata per gli esiti dai cittadini in tutta Italia e non per realtà “buone “.

Ed allora Professore, se veramente si propongono diverse vision, modalità, altri rappresentanti, sei eretico ed eretici purtroppo sono anche gli infermieri che tentano di fare gli infermieri in quanto il sistema organizzativo è ancora anni ‘60, piramidale, compitistico, prestazionale e quindi non idoneo a professioni tutte laureate, autonome, da qui aree di contenzioso e di intolleranza.

La politica è sedotta dalla clinica e non dall’assistenza alla persona altrimenti tutto questo contendersi di competenze, peraltro non scritte, non esisterebbe in quanto il governo avrebbe disposto organi permanenti di regolamentazione delle professioni, coerenti con il disegno di tutela della salute (partendo veramente dalla comunità, persona, famiglia, innovando profili, ruoli, attività, campi operativi, aree trans-disciplinari e valore economico di ciascuna professione in un sistema di valori).

L’opposizione in questo sistema non è contemplata come ricchezza al confronto ma eretica e quindi da combattere con tutti i mezzi (isolamento, discredito, smarrimento, perdita di identità …). La rivoluzione culturale delle professioni intellettuali si avrà quando i giovani veri intellettuali decideranno di aggregarsi e ribalteranno i poteri in essere, per disegnare vision professionali e transdisciplinari, strumentali al loro agire nella comunità e con la persona, liberi e maturi di determinarsi (i medici sono sulla strada ) .

Ben vengano Prof. Cavicchi idee e proposte esterne e lei al solito ne offre tante, le valuteremo, ci confronteremo a Firenze e le consideriamo opportunità; daremo il nostro contributo in ogni iniziativa utile all’innovazione delle strutture paradgmatiche sulle quali co-evolvono le professioni.

Psicologicamente non abbiamo né paura, né museruola, abbiamo solo la realtà e adesso la “verità” è questa, chi ottiene la maggioranza, comunque la ottiene ed ha diritto ad affermarla. Noi siamo consapevoli di essere considerati eretici e pertanto liberi ed orgogliosi di continuare a sognare anche “verità” di minoranza come Lei denota.

Il nostro obiettivo primario è convincere gli infermieri  della Provincia, della Regione che si può e si deve esserci nella nostra famiglia professionale e co-evolvere con le altre con impegno, cultura, etica, passione e vision ai bisogni dei cittadini. Che dobbiamo agire negli ambienti di esercizio professionale non facendoci attrarre solo da proclami di alta concettualizzazione ma di scarsa applicabilità, convinti che si cambia partendo dall’analisi del lavoro, in ospedale, nel territorio a domicilio.

Non soffriamo se tutto il Centro Italia non è rappresentato nella proposta dei rappresentanti da eleggere, sappiamo bene che la responsabilità non sta nella Presidente e tanto meno in coloro chiamati per i voti che assicurano, ma nei 100 Presidenti che votano per i 400.000 ai quali sta bene cosi.

Agli infermieri del Centro Italia diciamo di continuare ad evolvere ed impegnarsi con la passione che stanno dimostrando giorno per giorno in ogni luogo di lavoro e livello di responsabilità, in quanto non inferiori a nessuna altra realtà italiana. Sapremo rappresentarci in altre modalità .

Queste sono le regole ed il sistema in tutte le professioni , almeno per adesso.

Danilo Massai

Presidente Collegio IPASVI Firenze

Fonte: www.quotidianosanita.it

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