Gli atti violenti e criminosi non vanno mai giustificati, ma è doveroso conoscere il panorama drammatico che ogni giorno l’utenza campana è costretta a vivere.
Ennessimo atto di violenza, pochi giorni fa, ai danni di un medico, colpito selvaggiamente al capo con pugni sferrati da un ventenne parente di un paziente, che pretendeva il rilascio di un “certificato telematico TS”. Il dottore aggredito è uno stimato professionista di Medicina generale che opera da anni nella provincia di Napoli. A provocare l’ira del parente del suo assistito è stato il diniego del certificato di malattia, dopo le dimissioni dall’ospedale Cardarelli di Napoli. Solo in Campania le aggressioni agli operatori sanitari nei primi mesi del 2023 sono già 13 e non accennano a fermarsi.
Ovviamente questi atteggiamenti violenti e criminosi devono essere condannati in modo duro e deciso. Ma è anche doveroso ricordare che l’utenza è esasperata da una sanità che non funziona, da un Sistema sanitario perennemente in affanno, che riversa le sue lacune e fragilità sui pazienti, che sempre più impotenti barcollano in un limbo fatto di burocrazie e omissioni. Non bisogna mai giustificare atteggiamenti violenti contro operatori che per primi subiscono questa inefficienza sanitaria, tra doppi turni e gestione di un numero di pazienti ampiamente maggiore rispetto agli standard di civiltà. E’ utile però comprendere, anche per cercare di prevenire, se dietro un atto di violenza c’è solo la barbarie di gente incivile o anche un’esasperazione data dall’inefficienza del Ssn.
Perchè il medico aggredito si è rifiutato di rilasciare il certificato di malattia? Chi doveva rilasciare questo documento? In realtà la legge parla chiaro. Bisognerebbe solo capire perchè in alcune regioni, non viene applicata. L’articolo 2 della Legge n. 33/1980 sancisce che: il certificato medico di malattia deve essere richiesto al proprio medico curante solo quando l’assistito sia da lui visitato, e non può essere da quest’ultimo rilasciato per giustificare assenze per malattie constatate da altri medici o dipendenti da prestazioni eseguite da altri sanitari (art. 45, comma 2, lettera h e art. 52, comma 2 e 3 dell’Accordo collettivo nazionale per la regolamentazione dei rapporti con i medici di medicina generale, reso esecutivo tramite intesa Conferenza Stato-Regioni del 23 marzo 2005).
Dunque, nelle circostanze in cui il paziente sia visitato da altre figure mediche, il medico di medicina generale NON può rilasciare il certificato che attesti la malattia: rischierebbe di commettere un falso in atto pubblico. Sfatiamo quindi la convinzione, radicata in alcune zone d’Italia, che il certificato di malattia debba essere stilato solo dal proprio medico di famiglia.
Tale certificato può e deve essere rilasciato anche da: medico specialista ambulatoriale, sia dei poliambulatori delle Usl sia degli ambulatori ospedalieri, quando l’assistito si sia recato direttamente da questi medici o vi sia stato inviato da altri operatori sanitari; medico del pronto soccorso, in caso di ricorso da parte dell’assistito a questa prestazione; medico dell’accettazione degli ospedali o delle case di cura private o accreditate, quando l’assistito si sia recato in tali strutture per essere ricoverato, sia in caso d’urgenza che in caso di ricovero ordinario; medico specialista convenzionato esterno, nel caso in cui l’assistito vi sia stato inviato da altri operatori sanitari.
Ma allora perchè l’ospedale napoletano che ha dimesso il paziente non ha redatto il certificato di malattia? Senza entrare nel caso specifico, va detto che da tempo i medici di medicina generale della Regione Campania denunciano all’Ordine dei medici delle diverse province, alla direzione della Tutela della Salute e al Coordinamento del Sistema sanitario regionale della Regione Campania le omissioni dei medici ospedalieri, sia di reparto che di pronto soccorso, per la certificazione telematica di malattia, senza ricevere nessun tentativo di miglioramento, se non lettere a tutti gli iscritti all’Ordine dei medici di Napoli dal presidente Bruno Zuccarelli, che ricorda l’obbligo della certificazione telematica di malattia per tutti i medici.
Un’altra omissione che avviene in modo quotidiano ed esaspera moltissimo i pazienti, condannandoli anche a diagnosi tardive, è la mancata erogazione di ricette del Sistema sanitario nazionale e regionale da parte degli specialisti ambulatoriali interni convenzionati Asl e dei dirigenti ospedalieri. In pratica nelle altre Regioni d’Italia, dopo un ricovero o una visita specialistica, il paziente torna a casa già con le impegnative dei farmaci utili alla sua patologia. In Campania, invece, il malcapitato paziente, una volta dimesso o visitato dallo specialista, dovrà prima contattare il medico di famiglia, che prescriverà la terapia o l’esame diagnostico decisi da un altro collega, creando, oltre al disagio per l’utente, anche un carico di lavoro maggiore per il medico di famiglia, già oberato da mille criticità.
Infine la Regione Campania rende valide le impegnative per prestazioni diagnostiche e visite specialistiche per un solo mese (a differenza di altre Regioni, che estendono la validità delle impegnative a un anno). I tempi biblici di prenotazione, dovuti anche al perenne esaurimento del budget da parte della stessa Regione, costringe i medici di medicina generale a ripetere queste impegnative per svariate volte nel tempo. In definitiva tutto ciò non giustifica atti violenti e criminosi, ma è doveroso conoscere il panorama drammatico che ogni giorno l’utenza campana è costretta a vivere. La sanità è un diritto, non un lusso. E questo vale in ogni parte d’Italia.
Valeria Pischetola
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