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Cambiamenti climatici: in aumento le allergie (e non solo)

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Cambiamenti climatici: in aumento le allergie (e non solo)
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Riscaldamento globale, inquinamento, diffusione dei pollini sono fattori collegati ai problemi che assillano 12 milioni di italiani. È allarme anche per le malattie cardiovascolari e tropicali.

L’idea corre subito agli uragani, alle grandi ondate di calore o ai periodi di siccità. Questi per gli esperti sono “eventi estremi”, perché tutti gli altri sono meno evidenti. Apparentemente non catastrofici, ma in realtà rischiano di rilevarsi persino più dannosi. Tra una devastazione e l’altra, infatti, i cambiamenti climatici stanno influenzando silenziosamente la nostra vita quotidiana. Le prove sono in mano ai medici, che sempre più frequentemente diagnosticano nuove malattie e fanno i conti con la maggiore diffusione di alcune patologie certamente legate agli stravolgimenti del nostro pianeta.

Il problema più diffuso, che riguarda circa 12 milioni d’italiani, è quello delle allergie. A farne le spese è una fetta sempre più ampia di popolazione e l’aggressività è ormai allarmante. Il mix più preoccupante, spiegano gli studiosi, è quello tra inquinamento, aumento delle temperature e diffusione dei pollini. Risultato semplice: boom di riniti e asma. «L’incidenza è molto più alta di prima e i cambiamenti climatici sono un fattore determinante – sottolinea Giorgio Walter Canonica, professore e past president della Società italiana di allergologia, oltre che responsabile del Centro asma e allergologia della clinica Humanitas di Bergamo –. Allo stesso tempo la maggiore frequenza delle allergie è riconducibile agli stravolgimenti dei nostri stili di vita».

L’indiziato numero uno è il surriscaldamento del pianeta. E se è vero che non ci sono più le mezze stagioni, allora bisogna fare davvero i conti con le conseguenze. Una riguarda le piante e il loro periodo di fioritura, che anticipa l’arrivo della primavera. «Da questo dipendente il fatto che i pollini si concentrano nell’aria per un arco di tempo ben più ampio – spiega Canonica –. È quasi scontato che l’incidenza delle allergie sia maggiore. Uno studio durato 27 anni e concluso di recente ci ha consentito verificare che alcune paritarie hanno esteso di 90 giorni il loro periodo di pollinazione». Lo stravolgimento delle stagioni e il grande caos ambientale finiscono per avere conseguenze anche più pesanti per chi vive nei grandi agglomerati urbani, diventati roventi.

L’altro problema, fratellastro del surriscaldamento del pianeta, è l’inquinamento. Il legame con una serie di malattie tumorali è già noto, ma la diffusione di particelle nell’aria è anche una delle cause dell’aumento vertiginoso delle allergie. La ragione la spiega ancora il professor Canonica: «La diffusione nell’aria delle particelle esauste del diesel aumenta il rischio di allergie. Queste particelle si legano con i pollini e li aiutano nella loro azione dannosa sul nostro organismo. Di conseguenza può bastare una quantità di 20 volte inferiore per scatenare una grave reazione».

Molti pericoli sono legati inoltre allo sviluppo di diverse specie vegetali, che dalle nostre parti sono arrivate per caso e che si sono subito adattate. La più temuta è una pianta che ha origine americana: si chiama ambrosia, assomiglia a una margherita e i suoi pollini hanno già dimostrato di essere particolarmente aggressivi e capaci di provocare gravi patologie. Un’altra pianta che gli allergologi stanno studiando è la betulla: arriva dalla Scandinavia e in Italia si è diffusa di recente. Anche i suoi pollini sono molto allergenici.

Le conseguenze dei cambiamenti climatici sulla salute umana non riguardano soltanto le allergie. L’allarme suona soprattutto per le malattie cardiovascolari: «Sono principalmente legate ai picchi di calore, a quello che noi definiamo stress da alte temperature – sottolinea Alessandro Pezzoli, bioclimatologo dell’Università di Torino, membro di un’equipe di ricercatori che studia l’impatto del clima sugli esseri viventi –. I rischi maggiori sono nelle zone urbane, dove si crea la cosiddetta isola di calore e dove bisogna pianificare lo sviluppo urbanistico proprio per ridurre l’impatto».

L’altro rischio è legato alle malattie tropicali trasportate da insetti che prima non avrebbero resistito alla rigidità del nostro inverno. «Ora si sono adattate – aggiunge Pezzoli –. Lo dimostra la diffusione di malattie come la Febbre del Nilo».

Redazione Nurse Times

Fonte: La Stampa

 

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