Nuova vittoria in tribunale per l’Aadi, che ha ottenuto la seconda condanna dell’Azienda Policlinico Umberto I di Roma al pagamento dei buoni pasto (13.000 euro) e del tempo tuta (5.000 euro) per ogni infermiera.
L’Associazione avvocatura degli ionfermieri è riuscita a dimostrare che “il divieto di monetizzazione del diritto al pasto, come previsto dal d.lgs. di origine europea e interpretato unicamente al Ccnl, si prefigge l’obiettivo di evitare il mercimonio della pausa spettante obbligatoriamente ai lavoratori, ma il divieto non rileva nei casi di inadempimento legale”.
L’Aadi sottolinea in una nota che “superato questo ostacolo interpretativo, il tribunale non ha potuto che accogliere anche la domanda sulla quantificazione del dovuto, come esattamente accertato dallo Studio Commercialista dell’Associazione, senza che l’azienda potesse contestare neppure un singolo centesimo”.
E ancora: “L’accoglimento del ricorso ha comportato anche la condanna delle spese legali, ma, nonostante ciò, l’azienda (come tutte) continua a non pagare i buoni pasto ai colleghi che non hanno il coraggio di reagire. Però gli stessi che hanno paura di far valere i propri diritti poi fanno sciopero per 50 euro in più in busta paga, quando invece il tempo tuta e il buono pasto apportano più denaro”.
L’Aadi rimarca infine come il collega Mauro Di Fresco avesse “già postulato nel lontano 1994 che il diritto di mensa non ammetteva sconti e che andava risarcito sia con il denaro (nonostante la legge dica che non sia monetizzabile) sia attraverso la forma reale dei ticket, ed è quindi ovvio che quando Di Fresco viene ascoltato dal giudice, come è avvenuto in quest’ultimo caso, non c’è via d’uscita che tenga, perché studia questa materia da 30 anni”.
Redazione Nurse Times
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