Firenze, 19 marzo 2020 – L’assistenza a domicilio di pazienti positivi al Covid-19 potrebbe diventare una condizione diffusa: cosa fa l’infermiere e cosa devono fare il malato e i familiari?
«Con ogni probabilità arriverà un momento in cui saremo costretti a decidere chi curare. Le terapie intensive arriveranno al culmine possibile di ospitalità e le risorse avranno un punto di fine – spiega Cinzia Beligni segretaria dell’Ordine delle professioni infermieristiche interprovinciale Firenze Pistoia – ed ancora di più i pazienti, a tutti i livelli dello stato d’infezione, verranno gestiti presso il loro domicilio dove saranno assistiti da medici, infermieri, OSS, e soprattutto familiari e care-giver». Opi Firenze – Pistoia ha voluto approfondire la questione rivolgendo proprio a Cinzia Beligni una serie di domande.
Quali sono le principali competenze che deve avere il personale infermieristico a livello domiciliare?
«L’infermiere a domicilio deve avere le conoscenze acquisite dalla formazione, le capacità ottenute dall’esperienza lavorativa e la sensibilità per valutare la persona all’interno del suo sistema-famiglia. Deve saper fornire interventi e trattamenti infermieristici, eseguire rapide valutazioni sullo stato clinico-fisico-mentale e psicologico di tutto il nucleo familiare per decidere su cosa e come intervenire prioritariamente, ma anche saper effettuare valutazioni secondarie per il mantenimento della situazione fino alla dimissione e per gli stili di vita da adottare al fine di evitare altre situazioni di contagio, aggravamento, complicanze. Deve essere in grado di garantire un’assistenza centrata sulla persona assistita e sulla famiglia, in modo da poter effettuare appropriati interventi di cura, promozione della salute, prevenzione delle malattie e controllo delle malattie trasmissibili. Questa non è che una piccola parte delle competenze richieste a questi infermieri».
E in tema di Covid-19?
«Vi sono varie analisi che vengono messe in atto dagli infermieri che accedono per la prima volta al domicilio della persona da assistere. Il più delle volte l’infermiere si presenta al domicilio del paziente con informazioni parziali e frammentate: non sa esattamente quale sarà la situazione che si troverà davanti. È auspicabile effettuare i primi accessi in maniera congiunta almeno con il medico di famiglia o con lo specialista, ma normalmente è difficile poter programmare accessi in equipe. Non c’è un ordine esatto, ma le valutazioni si dividono in due macro-aree: la valutazione clinica della persona e l’analisi dell’ambiente di vita. Quindi, nella valutazione clinica della persona si stabiliscono il livello di gravità e i relativi interventi immediati da fare: si rilevano temperatura corporea, presenza di sintomi influenzali come tosse, raffreddore, mal di gola, stato respiratorio con livello di saturazione, stato confusionale, ipertensione o altri sintomi. Oltre a co-morbosità preesistenti che potrebbero aggravare lo stato generale della persona, l’età della persona e il suo livello di comprensione e collaborazione».
Cosa si intende invece per analisi dell’ambiente di vita?
«Per ambiente di vita s’intende sia la struttura fisica dell’abitazione che quella sociale e familiare. Si valuta se la persona viva con dei familiari e se e come questi possano gestire lo stato di malattia; se la famiglia abbia dispositivi di sicurezza e se sia capace di utilizzarli correttamente. E ancora se la struttura dell’abitazione permetta la gestione in sicurezza per i familiari stessi, ad esempio con la presenza di camera da letto e bagno indipendenti dal resto della casa. Vanno valutate anche le condizioni cliniche dei familiari e il livello comunicativo di chi assiste come nel caso di badanti o care-giver stranieri, ma anche di comprensione e condivisione delle misure di prevenzione».
Cosa deve fare il familiare che assiste un paziente positivo al Covid-19?
«Al familiare e alla persona devono essere insegnate le tecniche di prevenzione, ma anche l’importanza di rilevazione giornaliera di parametri importanti quali: temperatura corporea (due volte al giorno); presenza/assenza di dispnea, tosse, diarrea, espettorazione e presenza di sangue, mal di gola, congiuntiviti, congestione nasale, mal di testa, dolori muscolari, nausea/vomito; stato di coscienza della persona, pressione arteriosa e livello di ossigenazione»
Di quali strumenti necessitano i familiari per effettuare queste rilevazioni?
«È importante che all’interno dell’abitazione siano presenti almeno un termometro per la rilevazione della temperatura, meglio se a distanza (raggi infrarossi), un saturimetro per verificare il livello di saturazione dell’ossigeno e uno sfigmomanometro per misurare la pressione. Tutti, anche il malato, devono saper usare questi apparecchi e conoscere le azioni da fare per la loro cura e manutenzione. Importante, inoltre, è la disinfezione degli apparecchi a ogni rilevazione»
Quali sono le raccomandazioni?
«La persona con sospetta o accertata infezione Covid-19 deve essere isolata. Deve stare da sola in una stanza ben ventilata alla quale i familiari non devono accedere. Chi assiste deve essere in buona salute; quando presta assistenza, deve mantenere la distanza di almeno 1 metro e indossare i dispositivi di sicurezza che devono poi essere gettati e cambiati nel successivo utilizzo. Bisogna lavarsi le mani accuratamente per almeno 1 minuto oppure usare la soluzione idroalcolica. All’interno della stanza del malato è opportuno l’utilizzo di contenitori con apertura a pedale dotati di doppio sacchetto dove gettare guanti, fazzoletti, maschere e altri rifiuti. La biancheria sporca e gli indumenti contaminati devono essere messi in contenitori diversi e toccati con guanti monouso, evitando di agitare la biancheria. Si deve mantenere l’ambiente pulito avendo cura di disinfettare le superfici (con disinfettanti o con prodotti a base di cloro come la candeggina oppure alcol). Se uno dei membri della famiglia mostra sintomi dell’infezione si deve contattare subito il medico. Nel caso di spostamenti obbligatori della persona assistita usare preferibilmente un’ambulanza e assicurarsi che la persona indossi un dispositivo di protezione».
Redazione Nurse Times
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