La prima bozza del relativo documento è stata presentato alla Cabina di regia per il Patto per la Salute. Vediamo le principali novità.
Formulata dal gruppo di lavoro Agenas sull’assistenza territoriale, è stata sottoposta all’esame della Cabina di regia per il Patto per la Salute la bozza del documento contenente nuovi modelli e standard per le cure territoriali (in allegato il testo completo). Si tratta di un primo tentativo di definire un ambito di applicazione per i servizi territoriali, all’interno del quale le Regioni saranno poi libere di organizzarsi secondo le rispettive specificità. Di seguito un sunto delle dispsizioni.
Il primo tassello del rinnovamento è rappresentato dal Distretto socio-sanitario, che avrà il compito di programmare, organizzare e anche erogare i servizi. Lo standard ne prevede uno ogni 100mila abitanti, con variabilità secondo criteri di densità di popolazione e caratteristiche orografiche del territorio.
La programmazione del Distretto deve prevedere:
– 1 casa della comunità hub per ogni Distretto e almeno 3 case della comunità spoke (1 ogni 30/35.000 nelle aree metropolitane; 1 ogni 20/25.000 abitanti nelle aree urbane e sub-urbane; 1 ogni 10/15.000 abitanti nelle aree interne e rurali) per favorire la capillarità dei servizi e maggiore equità di accesso, in particolare nelle aree interne e rurali. Tutte le aggregazioni dei MMG e PLS sono ricomprese nelle case della comunità avendone in esse la sede fisica oppure attraverso un collegamento funzionale di riferimento;
– Le aggregazioni della medicina generale e pediatria di libera scelta, quali le AFT (aggregazioni funzionali territoriali) e UCCP (unità complesse delle cure primarie), medicine di gruppo integrate, con sede fisica all’interno delle case della comunità, oppure a questa collegate funzionalmente, in qualità di strutture spoke, per quei territori disagiati e a minore densità abitativa;
– 1 infermiere di comunità ogni 2.000-2.500 abitanti, afferenti alle case di comunità;
– 1 Unità speciale di continuità assistenziale (1 medico e 1 infermiere) ogni 100.000 abitanti;
– 2 ospedali di comunità (20 posti letto ogni 50.000 abitanti), da attuarsi in modo progressivo secondo la programmazione regionale;
– 1 hospice fino a 10 posti letto all’interno della rete aziendale delle cure palliative;
– 1 Centrale operativa territoriale (1 ogni 100.000 abitanti).
Il fulcro del territorio sarà rappresentato dalla casa della comunità: il Pnrr ha stanziato 2 miliardi di euro per istituirne 1.288. “La casa della comunità – si legge nella bozza – è il luogo fisico di prossimità e di facile individuazione dove la comunità può accedere per poter entrare in contatto con il sistema di assistenza sanitaria e socio-sanitaria. La CdC promuove un modello organizzativo di approccio integrato e multidisciplinare attraverso equipe territoriali. Costituisce la sede privilegiata per la progettazione ed l’erogazione di interventi sanitari e di integrazione sociale”.
Si prevedono una casa della comunità hub per ogni Distretto e almeno tre case della comunità spoke (1 ogni 30/35.000 nelle aree metropolitane; 1 ogni 20/25.000 abitanti nelle aree urbane e sub-urbane; 1 ogni 10/15.000 abitanti nelle aree interne e rurali) per favorire la capillarità dei servizi e maggiore equità di accesso, in particolare nelle aree interne e rurali.
Previste inoltre le aggregazioni di medicina generale e pediatria di libera scelta, quali le AFT (aggregazioni funzionali territoriali) e UCCP (unità complesse delle cure primarie), medicine di gruppo integrate, con sede fisica all’interno delle case della comunità, oppure a questa collegate funzionalmente, in qualità di strutture spoke, per quei territori disagiati e a minore densità abitativa. Previsto anche un infermiere di comunità ogni 2.000-2.500 abitanti, afferenti alle case di comunità.
Per quanto concerne la casa di comunità hub, il documento elenca il dettaglio delle sue struttura e funzionalità, indicando la presenza di:
– equipe multiprofessionali (MMG, PLS, continuità assistenziale, specialisti ambulatoriali interni (SAI) e dipendenti, Infermieri e altre figure sanitarie e socio-sanitarie);
– presenza medica h24 – 7 giorni su 7 anche attraverso l’integrazione della continuità assistenziale;
– presenza infermieristica h12 – 7 giorni su 7;
– Punto unico di accesso (PUA) sanitario e sociale;
– punto prelievi;
– programmi di screening;
– servizi diagnostici finalizzati al monitoraggio della cronicità (ecografo, elettrocardiografo, retinografo, oct, spirometro, ecc.) anche attraverso strumenti di telemedicina (es. telerefertazione);
– servizi ambulatoriali specialistici per le patologie a elevata prevalenza (cardiologo, pneumologo, diabetologo, ecc.);
– servizi infermieristici, sia in termini di prevenzione collettiva e promozione della salute pubblica, inclusa l’attività dell’Infermiere di famiglia e comunità (IFeC), sia di continuità di assistenza sanitaria, per la gestione integrata delle patologie croniche;
– sistema integrato di prenotazione collegato al CUP aziendale;
– servizio di assistenza domiciliare di base;
– partecipazione della comunità e valorizzazione della co-produzione, attraverso le associazioni di cittadini e volontariato.
Quanto invece alla casa di comunità spoke, il documento prevede che essa garantisca l’erogazione dei seguenti servizi, anche in questo caso mediante modalità di telemedicina:
– equipe multiprofessionali (MMG, PLS, Specialisti Ambulatoriali Interni (SAI) e dipendenti, Infermieri e altre figure sanitarie e socio-sanitarie);
– presenza medica e infermieristica almeno h12 – 6 giorni su 7 (lunedì-sabato);
– Punto unico di accesso;
– alcuni servizi ambulatoriali per patologie ad elevata prevalenza (cardiologo, pneumologo,
diabetologo, ecc.);
– servizi infermieristici, sia in termini di prevenzione collettiva e promozione della salute pubblica, inclusa l’attività dell’Infermiere di Famiglia e Comunità (IFeC), sia di continuità di assistenza sanitaria, per la gestione integrata delle patologie croniche;
– programmi di screening;
– collegamento con la casa della comunità hub di riferimento;
– sistema integrato di prenotazione collegato al CUP aziendale;
– partecipazione della comunità e valorizzazione co-produzione, attraverso le associazioni di cittadini, volontariato.
Infermiere di famiglia e comunità – E’ un professionista con un forte orientamento alla gestione proattiva della salute e opera rispondendo ai bisogni di salute della popolazione di uno specifico ambito territoriale e comunitario di riferimento, favorendo l’integrazione sanitaria e sociale dei servizi. Se ne prevedono una ogni 2.000-2.500 abitanti (ovvero circa 30mila infermieri di comunità in totale). La sua funzione è orientata a una presenza continuativa e proattiva nella comunità territoriale di riferimento facilitando il percorso della presa in carico e della continuità dell’assistenza, favorendo l’integrazione e la collaborazione tra le figure professionali (MMG, PLS, Specialisti, altri infermieri e altre figure sanitarie, assistenti sociali ecc.) e i servizi socio-sanitari presenti sul territorio, in un vero e proprio lavoro di equipe territoriale. È coinvolto in attività di promozione, prevenzione e gestione partecipativa dei processi di salute individuali, familiari e di comunità all’interno del sistema dell’assistenza sanitaria territoriale.
Unità speciale di continuità assistenziale – Il servizio, attivato durante la pandemia, resterà anche in futuro. Essa è un’équipe mobile distrettuale per la gestione di situazioni condizioni clinico-assistenziali di particolare complessità e di comprovata difficoltà operativa di presa in carico sia a carico di individui che a carico di comunità. Lo standard è di un medico e un infermiere ogni 100.000 abitanti.
Centrale operativa territoriale – E’ un modello organizzativo che svolge una funzione di coordinamento della presa in carico della persona e raccordo tra servizi e professionisti coinvolti nei diversi setting assistenziali: attività territoriali, sanitarie e socio-sanitarie, ospedaliere e dialoga con la rete dell’emergenza-urgenza. Lo standard è di 1 Centrale operativa territoriale ogni 100.000 abitanti o comunque a valenza distrettuale. Lo Standard minimo di personale è di: 5 infermieri/IFeC, 1 coordinatore.
Centrale operativa 116117 – La sede del Numero europeo armonizzato per le cure mediche non urgenti offre un servizio telefonico gratuito alla popolazione attivo 24 ore su 24 e 7 giorni la settimana per tutte le prestazioni sanitarie e socio-sanitarie a bassa intensità assistenziale. Lo standard è di una Centrale operativa 116117 ogni 1-2 milioni di abitanti o comunque a valenza regionale.
Assistenza domiciliare – E’ un servizio a valenza distrettuale finalizzato all’erogazione al domicilio di interventi caratterizzati da un livello di intensità e complessità assistenziale variabile nell’ambito di specifici percorsi di cura e di un piano personalizzato di assistenza. Lo standard previsto anche dal Pnrr è del 10% della popolazione over 65, da prendere in carico progressivamente.
Ospedale di comunità – E’ una struttura sanitaria di ricovero breve che afferisce alla rete di offerta dell’assistenza territoriale e svolge una funzione intermedia tra il domicilio e il ricovero ospedaliero, con la finalità di evitare ricoveri ospedalieri impropri o di favorire dimissioni protette in luoghi più idonei al prevalere di fabbisogni socio-sanitari, di stabilizzazione clinica, di recupero funzionale e più prossimi al domicilio. Lo standard è 1 ospedale di comunità (20 posti letto) ogni 50.000 abitanti, da attuarsi in modo progressivo, con 0,4 posti letto per 1.000 abitanti. Lo standard minimo di personale prevede 9 infermieri, 6 operatori socio-sanitari e un medico per almeno 4 ore al giorno.
Hospice – E’ una struttura socio-sanitaria in grado di garantire la presa in carico globale dell’assistito e del suo nucleo familiare, integrata con l’ospedale e il domicilio del paziente. È rivolto a soggetti affetti da patologie oncologiche, croniche, neurodegenerative, irreversibili e in stadi avanzati, candidabili a terapie di supporto, che necessitano di un appropriato sostegno medico, psicologico e sociale nelle ultime fasi della vita. Lo standard è di 1 hospice comprendente fino a 10 posti letto ogni 100.000 abitanti.
Servizi per la salute mentale – Per le dipendenze patologiche e per la neuropsichiatria infantile e l’adolescenza costituiscono la declinazione a livello distrettuale dei servizi afferenti alla rete integrata per la salute mentale presenti in tutte le aziende sanitarie locali.
Consultorio familiare – E’ la struttura aziendale a libero accesso e gratuita, deputata alla prevenzione, consulenza e cura rivolte alla donna, al minore, alla famiglia in senso ampio, in linea con le evoluzioni sociali correnti e al contesto comunitario di riferimento dei predetti. Lo standard prevede 1 consultorio ogni 100.000 abitanti, con possibilità di svolgere l’attività consultoriale programmata nelle case della comunità hub.
Dipartimento di prevenzione (DP) – Ha il compito di promuovere azioni volte a individuare e rimuovere le cause di nocività e malattia di origine ambientale, umana e animale, mediante iniziative coordinate con i distretti e con i dipartimenti dell’azienda sanitaria locale e delle aziende ospedaliere, prevedendo il coinvolgimento di operatori di diverse discipline. Lo standard prevede 1 DP ogni 500.000 abitanti (necessario per mantenere efficienza organizzativa e conoscenza del territorio che ha identità, omogeneità culturale e socioeconomica imprescindibili nell’azione preventiva).
Telemedicina – E’ una modalità di erogazione di servizi di assistenza sanitaria tramite il ricorso a tecnologie innovative, in particolare alle Information and Communication Technologies (ICT), in situazioni in cui il professionista della salute e il paziente (o due professionisti) non si trovano nella stessa località.
Infine va sottolineato come la bozza resti vaga in merito al destino degli studi privati di medici di famiglia e pediatri, mai citati espressamente. Se da un lato il documento, laddove parla di “cooperazione funzionale delle figure che costituiscono l’equipe multiprofessionale”, ribadisce che Mmg e pediatri sono “referenti del caso in quanto titolare del rapporto di fiducia con il singolo cittadino in tutta la sua globalità e in tutte le fasi della vita”, dall’altro afferma che “tutte le strutture fisiche territoriali oggi esistenti devono utilmente rientrare nella progettazione della nuova geografia dei servizi e strutture territoriali, e quindi delle case della comunità e dei servizi correlati in rete”. Inoltre “il piano di sviluppo dei servizi territoriali di ogni singolo contesto regionale deve quindi tendere a una progettazione dei servizi in rete, con una precisa selezione delle infrastrutture fisiche esistenti da valorizzare, ristrutturare, riorientare con altre vocazioni e servizi o dismettere”.
ALLEGATO: Testo del documento
Redazione Nurse Times
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