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Assistenza domiciliare integrata in svendita: sarà affidata a volontari?

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Parte nel Cuneese l'infermiere di famiglia e comunità
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Sembra sempre più probabile che l’assistenza domiciliare integrata salentina venga affidata ad una onlus. Appare davvero preoccupante che un servizio importante come l’ADI sia interamente gestito da volontari che dovrebbero, al limite, svolgere una funzione di supporto al professionista. Come può essere garantita la continuità utilizzando solo personale volontario?

Il segretario territoriale della FSI Dario Cagnazzo afferma che sia quasi ufficiale l’assegnazione del servizio ad una onlus. Questa, sempre secondo il sindacalista, avrebbe presentato un’offerta, al bando di gara per l’assegnazione del servizio, al massimo ribasso, con una riduzione pari al 50%.

Il rischio di un ribasso così elevato è tutto a discapito delle condizioni proposte ai volontari stessi (o presunti tali). Pare probabile che si stia verificando una situazione simile a quella che ha visto protagonista le pubbliche assistenze nelle quali è stato legalizzato lavoro nero sottopagato.

L’Asl leccese ha infatti pubblicato, sulla piattaforma della Regione Puglia EMPULIA, la procedura negoziata di gara per l’affidamento dell’ADI, da aggiudicarsi in favore del prezzo più basso, tenendo conto che l’Asl pone come budget da spendere, 31.367,44 euro annui. Tale cifra viene calcolata in misura delle ore lavorative che un oss, un infermiere e un fisioterapista devono garantire al singolo paziente, per il quale viene bandita la procedura di gara, tenuto conto che l’operatore socio sanitario viene pagato annualmente €. 11.512,80, che il costo annuo per un infermiere professionale é di €. 14.015,04 e di un fisioterapista 5.839,60 euro annui.

“Quello che non è chiaro – dice Dario Cagnazzoé come si possa garantire il servizio, affidandolo ad un’associazione che ha presentato un’offerta al minimo ribasso, con una riduzione del 50% sul totale, proponendo così l’ADI a 15 mila euro annui. Sarebbe stato più corretto – aggiunge Cagnazzo – applicare il ribasso sulla percentuale del guadagno e non sul totale che comprende anche la voce di spesa del personale.”

Il sindacalista scrive al direttore generale una nota, per chiedere se nel capitolato é scritto che verranno garantite le norme contrattuali di lavoro, visto che questa, é sola la prima di una procedura che si ripeterà per ogni paziente che avrà bisogno di assistenza a casa. “Con un ribasso del 50% – dice ancora Cagnazzo – si avrà o un ribasso della qualità del servizio, o un ribasso delle tutele dei lavoratori, delle due l’una”.

Considerata la situazione attuale nella quale riversa la sanità italiana e la crisi occupazionale del settore infermieristico e delle altre professioni sanitarie questa potrebbe essere un’interessante opportunità per non rimanere a casa senza lavoro in attesa di ricevere una risposta a migliaia di curricula inviati ma, ad un’analisi più attenta del fenomeno, il dilagare di queste realtà basate sul falso volontariato potrebbero affossare definitivamente il mercato del lavoro e la professione stessa.

Simone Gussoni

Fonti: Corriere Salentino

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