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Assenze per malattia ingiustificabili: danno erariale o semplice infrazione disciplinare?

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Assenze per malattia ingiustificabili: danno erariale o semplice infrazione disciplinare?
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Per rispondere al quesito che presta il titolo al presente articolo, occorre ripercorrere i fatti che hanno portato la Corte dei Conti, sez. giur. Toscana, ha emettere la sentenza n. 126 depositata il 4 giugno 2020.

Siamo nel periodo che va dal 2012 al 2016 e, una dipendente, si era assentata numerose volte per malattia, producendo, come giustificativo, alla sua azienda, certificazioni che seppur veritiere non erano state ritenute idonee, in quanto giustificavano con malattia le cure prestate ai figli o ai familiari, visite odontoiatriche prestate da specialista privato, certificazioni rilasciate da laboratori privati e certificati relativi a “colloquio medico” rilasciati dal medico di base e da altri professionisti sanitari sia privati che pubblici non attestanti né la prescrizione di esami diagnostici, né la necessità di giorni di malattia, o, ancora, certificati rilasciati dal medico di medicina generale in fogli bianchi e non tramite la procedura telematica, prevista dalla normativa.

La Corte dei Conti, nella sentenza richiamata poco sopra, ha assolto la lavoratrice, ritenendo che la presentazione all’amministrazione di appartenenza di certificati medici veritieri ma presentanti irregolarità formali capaci di renderle non idonee a giustificare le assenze per malattia del dipendente pubblico non configura un’ipotesi di danno erariale. Anzi, anche se appare palese che la dipendente ha usufruito illegittimamente di diversi periodi di malattia, la responsabilità per danno erariale è da ricercare nella negligenza dell’Amministrazione laddove, in presenza di documentazione irregolare, anziché ritenere le assenze per malattia ingiustificate, avrebbe dovuto instaurare una contestazione disciplinare.

Quanto sopra per richiamare come, pur non avendo creato direttamente un danno erariale, la dipendente non ha seguito il rituale previsto dalla normativa. 

Il lavoratore, infatti, ha l’obbligo di comunicare il suo stato di malattia al datore di lavoro nel giorno stesso in cui l’episodio si verifica.

Subito dopo questa comunicazione deve recarsi dal proprio medico curante per essere visitato e solo dopo la visita il medico curante o la struttura sanitaria che ha visitato la lavoratrice potrà compilare il certificato telematico di malattia in un’apposita sezione che si trova sul sito dell’INPS, che a sua volta provvederà ad inviare tale certificato al datore di lavoro.

Il dipendente è tenuto a comunicare tempestivamente all’amministrazione di appartenenza, prima dell’inizio dell’orario di lavoro, la prognosi di malattia, l’eventuale prosecuzione, il numero di protocollo del certificato telematico e il domicilio di reperibilità se diverso dal luogo di abituale dimora, ai fini dell’invio della visita fiscale. Il domicilio di reperibilità, infatti, può essere anche diverso dalla residenza, in quanto il dipendente è libero di trascorrere il periodo di convalescenza in luogo diverso, come la casa dei genitori o in domicilio diverso (ad esempio si è ammalato durante le ferie in un luogo di vacanza).

Una volta che il certificato medico è stato inviato, o al massimo entro un giorno, le informazioni sono visibili a tutti i soggetti interessati che a questo punto possono richiedere che venga effettuata la visita fiscale.


Se la durata della malattia e della conseguente assenza dal lavoro supera i giorni di prognosi stabiliti dal Medico durante la prima visita, dovrà sottoporsi ad una ulteriore visita di controllo entro massimo due giorni dal termine della prognosi stabilita nel primo certificato. A questo punto, la procedura si ripete ciclicamente, fino alla guarigione del lavoratore e al suo rientro in servizio.

Carmelo Rinnone

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