Tra i capisaldi figurano le piattaforme digitali per rafforzare la trasparenza, l’obbligo di pubblicare online i dati sulle spese, le ispezioni dell’Autorità e la rotazione.
Il Piano nazionale anticorruzione dedica una sezione specifica alla sanità. Si sta provando finalmente a cambiare la rotta, mettendo in campo strumenti mirati per innalzare i livelli di trasparenza e combattere i fenomeni di corruzione. L’Autorità nazionale anticorruzione (Anac), insieme al ministero della Salute e ad Agenas, ha per la prima volta realizzato un modello virtuoso fondato sui principi di responsabilità nell’uso delle risorse pubbliche, trasparenza e buone pratiche, attraverso una mappa dettagliata di regole da seguire per rendere improbabili le deviazioni dal rispetto della legalità.
La sanità, infatti, è una delle aree maggiormente esposte al rischio di corruzione, che ha messo a rischio il valore primario del diritto alla salute, soprattutto in danno dei cittadini meno abbienti, che non possono permettersi cure in strutture sanitarie a pagamento. I fenomeni di maladministration incidono negativamente sulla qualità dei servizi erogati e sulla relazione di fiducia medico-paziente. Le regole introdotte nel Piano nazionale anticorruzione segnano una svolta epocale affinché il Sistema sanitario nazionale possa essere declinato secondo i principi di equità, universalità e gratuità.
Anche le Regioni sono chiamate a fare la loro parte: è indispensabile un grande lavoro che passa dai nuovi Lea per provare a ridurre drasticamente il divario tra i servizi offerti ai cittadini italiani nelle diverse regioni. Nella lista delle diseguaglianze vi sono alcuni dati che fanno riflettere, come quello sui parti cesarei (45% in Campania e 14% in Trentino) o quello sulla spesa sanitaria procapite (1.724 euro in Calabria e 2.160 in Val d’Aosta).
Una parte del Piano anticorruzione è stata realizzata su alcuni settori del comparto sanità particolarmente esposti al rischio di corruzione: obbligo di procedere agli acquisti di beni e servizi tramite centrali uniche di committenza; rafforzamento della trasparenza nel settore degli appalti; sistema di accreditamento con il Sistema sanitario nazionale; gestione delle liste d’attesa; proventi delle sperimentazioni cliniche. La predisposizione di misure di trasparenza in campo sanitario risponde a specificità proprie del settore. Alcune di queste peculiarità, quali ad esempio l’asimmetria informativa tra utenti e Sistema sanitario nazionale, possono costituire potenziali elementi di condizionamento e incoraggiare fenomeni di corruzione.
Il rimedio è quello previsto nella nuova normativa che impone alle strutture sanitarie di pubblicare nei loro siti istituzionali i dati relativi a tutte le spese e a ogni pagamento effettuato, distinto per tipologia di lavoro, bene o servizio. Si prevede la consultazione in forma sintetica e aggregata, in relazione alla tipologia di spesa sostenuta, all’ambito temporale di riferimento e ai beneficiari, nonché la pubblicazione dei criteri per la formazione delle liste d’attesa.
Il rafforzamento del livello di trasparenza tramite informatizzazione e piattaforme digitali delle PA, con interventi mirati in tema di liste d’attesa, costituisce condizione imprescindibile di buona amministrazione e di efficienza organizzativa per la gestione dei tempi d’attesa, con conseguenti effetti diretti sulla qualità del servizio da parte dei cittadini e sull’efficacia degli interventi sanitari.
L’obbligo di rendere visibili in forma digitale tutti i dati e le informazioni in possesso delle strutture sanitarie rende possibile un sistema di indicatori di misurazione delle performance economico-finanziaria, organizzato-gestionale e clinico-assistenziale. I direttori generali delle aziende sanitarie saranno valutati anche sulla base dell’adempimento degli obblighi di trasparenza, proprio in base alla considerazione che la conoscenza generalizzata dei dati costituisce un formidabile deterrente alla corruzione, diffondendo buoni esempi e best practice.
L’obiettivo è superare l’opacità di alcuni segmenti del settore sanitario: tra le azioni previste vi è istituzione di una task force che programma ispezioni e pianifica attività congiunte di controllo e valutazione sul campo. In concreto, il Nucleo operativo di coordinamento, nato da un accordo tra Anac, ministero della Salute e Agenas, è chiamato a effettuare una serie di verifiche congiunte che si avvalgono anche della collaborazione del Nas e della Guardia di Finanza.
Le ispezioni rispondono alla finalità di misurare in concreto la corretta applicazione da parte degli enti del Ssn delle raccomandazioni in tema di prevenzione della corruzione contenuti nel Piano nazionale anticorruzione. La sfida è quella di annullare le differenze comportamentali tra i territori, con un contagio virtuoso di buone pratiche dal Nord al Sud del Paese, diffondendo il rispetto della legalità e dell’etica pubblica.
Il ricorso alla rotazione può concorrere, come indicato da Anac, a prevenire e ridurre eventuali eventi corruttivi, evitando il determinarsi di possibili fattori di condizionamento. In sanità l’applicabilità del principio di rotazione presenta dei profili peculiari, in ragione della specificità delle competenze richieste nel settore. La rotazione va vista prioritariamente come strumento ordinario di organizzazione e utilizzo ottimale delle risorse umane e va accompagnata e sostenuta anche da percorsi di formazione che consentano una riqualificazione professionale.
È fondamentale, per non perdere una specificità di competenza ed esperienza, che le aziende sanitarie realizzino le condizioni per la fungibilità attraverso processi di qualificazione professionale per le figure altamente specializzate. Si potrebbe pensare, in alternativa, a una rotazione tra funzioni analoghe su base territoriale, e non solo aziendale, ovvero ad una misura di “segregazione delle funzioni”, attuabile nei processi decisionali composti da più fasi o livelli (ad es. nel ciclo degli acquisti, separando le funzioni di programmazione da quella di esecuzione dei contratti).
Randolfi Massimo
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