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Antibiotici salvavita dal microbioma nasale

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Generalmente si parla di microbioma quando ci si riferisce all’insieme del patrimonio genetico dei microrganismi ospiti.

Le cellule dei microrganismi che vivono nel corpo umano, in particolare nell’intestino, sono fino a dieci volte più numerose delle nostre. L’insieme dei geni di questi microrganismi ospiti, detto microbioma, ha una notevole influenza sulla salute umana, in particolare sui disturbi del metabolismo, ed è per questo che negli ultimi anni è stato oggetto di approfondite ricerche in campo biomedico.

Una nuova arma contro i batteri multi resistenti potrebbe arrivare dal microbioma nasale.

Dell’efficacia del capostipite di questa nuova famiglia di antibiotici, prodotto da un batterio commensale del naso, sono fermamente convinti i ricercatori dell’Università di Tubinga che hanno identificato la nuova potenziale arma, rivelatasi efficace anche nei confronti dello Stafilococco aureo meticillino-resistente (MRSA). È noto che negli ultimi anni le infezioni provocate da microrganismi resistenti agli antibiotici si sono fatte progressivamente più frequenti e le previsioni per il futuro non sono certo rosee: si stima che nelle prossime decadi le infezioni da batteri multi resistenti supereranno i tumori quale causa di morte.

I ricercatori tedeschi sono partiti dallo studio dei meccanismi che interferiscono con la colonizzazione dei microrganismi patogeni a livello della mucosa nasale, a partire dal ruolo giocato dai batteri presenti nel naso. In particolare, testando la capacità antimicrobica nei confronti dello S aureo da parte di diversi ceppi di stafilococco isolati dalle secrezioni nasali, si era osservato come un particolare ceppo, lo S. lugdunensis IVK28, fosse dotato di una spiccata capacità di impedire la crescita dello S. aureo.

Il merito era da attribuire a una particolare sostanza, denominata lugdundina, un antibiotico peptidico ciclico contenente tiazolidina. L’attività del nuovo antibiotico è stata testata nei confronti di un vasto pannello di patogeni umani.

I ricercatori tedeschi hanno così osservato come la lugdundina fosse dotata di una potente attività antimicrobica verso un gran numero di Gram positivi, inclusi molti patogeni opportunisti, quali lo S. aureo meticillino resistente, lo S aureo con resistenza intermedia ai glicopeptidi e gli enterococchi vancomicina-resistenti.

I dati sull’attività in vivo vengono dall’analisi della capacità dello S lugdunensis di interferire con la colonizzazione dello S. aureo a livello nasale. A tale scopo gli autori hanno analizzato i tamponi nasali di 187 pazienti ricoverati in ospedale: si è così osservato come una colonizzazione da parte dello S. aureo fosse presente solo del 5,9% dei di coloro che presentavano nelle secrezioni nasali lo S. lugdunensis, contro il 34,7% osservato nei soggetti in cui non era presente lo S. lugdunensis. Un’ultima nota positiva: la lugdundina sembra essere caratterizzata anche da un basso rischio di indurre resistenze, considerando che tutti i campioni di S. aureo isolati hanno mantenuto la sensibilità al nuovo antibiotico.

La lugdunina ha anche dimostrato una potente azione antimicrobica nei confronti di un’ampia gamma di batteri e si candida quindi come base per un nuovo trattamento antibiotico. Negli ospedali e nei laboratori di microbiologia di tutto il mondo, la sigla MRSA è diventata da tempo sinonimo di grande pericolo. È infatti l’acronimo di Staphylococcus aureus resistente alla meticillina, un ceppo batterico che ha sviluppato una resistenza a diversi tipi di antibiotici cruciali, finora utilizzati per combattere gravi infezioni, come quelle che si instaurano intorno alle protesi, nel flusso sanguigno (batteriemia) o nel rivestimento interno del cuore (endocardite).

Da qui la conclusione che il nuovo batterio, e il peptide che produce, possano rappresentare un’arma terapeutica efficace nei confronti delle infezioni batteriche che colpiscono gli esseri umani, in particolare di quelle che hanno sviluppato una resistenza agli antibiotici.

CALABRESE Michele

Sitografia e Bibliografia:

www.lescienze.it

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