Dal presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici anche un appello al Governo: “Rilanciare la professione, sostenere le competenze, premiare merito e capacità”.
Si è aperto nel ricordo di Roberto Stella, primo medico a cadere per il coronavirus, il discorso di Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo), al 78esimo Congresso nazionale Fimmg-Metis, tenutosi a Villasimius (Cagliari). Oltre la metà dei 363 medici e odontoiatri scomparsi durante la pandemia erano medici di medicina generale. A tutti loro Anelli ha voluto rendere omaggio, elogiandone il sacrificio in questo anno e mezzo.
“Vorrei iniziare questo mio intervento di saluto con un grazie a tutte le colleghe e i colleghi della medicina generale – ha esordito –. È un sentimento spontaneo di gratitudine per chi ogni giorno, in silenzio, con grande senso di responsabilità, senza il clamore dei media, anzi spesso vittime di accuse e pregiudizi infondati da parte di una minoranza della stampa, ha continuato a curare i 4 milioni e 300mila cittadini su oltre 4 e mezzo di infetti per il covid. Sono stati curati dai medici di famiglia, dai medici del 118 da quelli della continuità assistenziale, dai medici iscritti al corso di formazione in medicina generali che in buona parte hanno costituito le Usca”.
Ha proseguito il presidente: “Un carico di lavoro immenso, misconosciuto, sottovalutato da molti, che ha travolto ogni regola, ogni norma sulla ordinaria organizzazione del lavoro. Ha messo a dura prova anche i rapporti familiari, compromesso il naturale bisogno di uno spazio per la propria vita privata. I medici di medicina generale non si sono tirati indietro hanno assicurato assistenza ad una popolazione che in termini numerici è stata oltre duemila volte maggiore di quella che ha richiesto cure intensive in ospedale. I medici di medicina generale si sono sentiti coinvolti in questo grande e gravoso compito assistenziale, in ogni ora del giorno e spesso anche di notte, nei giorni feriali e festivi, per garantire non solo una risposta assistenziale e informativa (centralinista della sanità) ma anche per assicurare con una parola di conforto quella vicinanza che solo una persona di “famiglia” come il medico di fiducia sa fare”.
Da qui l’orgoglio di essere medici, e medici di medicina generale: “Oggi è il tempo dell’orgoglio! Il tempo di esaltare il grande valore della nostra professione; il tempo dell’etica che con i suoi principi, i suoi valori contenuti nel nostro Codice di deontologia è capace di condizionare e ispirare questi nostri comportamenti. Siate orgogliosi di essere medici! Siamo orgogliosi di essere medici!”.
E poi, il duro j’accuse sul documento delle Regioni dedicato all’assistenza territoriale, che, “scritto da qualche funzionario che non ha mai vissuto in prima linea l’esercizio di una professione che ti coinvolge professionalmente ed emotivamente, ha espresso considerazioni che giudico ingiuste e poco appropriate. Ingiuste perché non sono stati i medici a non volere il cambiamento in questo Paese. Medici che si sono visti negare i fondi promessi sin dal 2005 per l’associazionismo, per assumere i collaboratori di studio, gli infermieri, i terapisti della riabilitazione, gli assistenti sanitari. Poco appropriate perché l’analisi in quel documento prova a trasformare i carnefici in vittime. Sono invece i medici vittime di un sistema regionale che li ha penalizzati, li ha mortificati nella loro professione, li ha costretti a svolgere contemporaneamente al loro esercizio professionale altre attività come quelle burocratiche, spesso esorbitanti, mansioni di competenza infermieristica, psicologica e pratiche peculiari degli assistenti sociali. Orbene, tutta questa attività di supplenza, per la colpevole mancanza di risorse da destinare proprio alla creazione del team di cure primarie, rischia ora in quella narrazione delle regioni di trasformarsi in un atto di accusa nei confronti dei medici. A me pare paradossale questo tentativo di ribaltare le responsabilità”.
Ancora, i ringraziamenti al ministro della Salute, Roberto Speranza, “per essere stato sempre vicino alla professione medica, per averla sostenuta, ricercando insieme soluzioni e provvedimenti anche nei periodi più bui, quando la nostra sicurezza sembrava non essere più adeguatamente garantita”. E per aver esaltato il ruolo della scienza nella gestione della pandemia: “Noi medici siamo parte della scienza, contribuiamo con le nostre ricerche allo sviluppo delle evidenze scientifiche”.
E poi, un grazie alla Fimmg: “A Silvestro Scotti, alla segreteria nazionale a tutto il consiglio nazionale, ai delegati di questo Congresso va il mio ringraziamento e quello della Fnomceo per aver creduto nei principi sanciti nella nostra Costituzione, rappresentando e difendendo sempre gli interessi dei lavoratori, e per averli incarnati in tutti gli anni di vita della Repubblica Italiana. 70 anni di attività sindacale rappresentano un servizio straordinario reso al Paese e sono un grandissimo merito di cui andare fieri”.
Infine, un appello al Governo: “Sappiamo che il Pnrr punta prevalentemente su interventi di natura strutturale, infrastrutturale e tecnologico. Ora però servono risorse per rilanciare la professione, sostenere le competenze, premiare il merito e capacità. I medici se lo aspettano. Anzi, direi di più, se lo meritano! Se lo meritano per aver supplito alle tante carenze, al punto che qualcuno ha pensato che fosse giusto segnalarli per il premio Nobel della Pace”.
Redazione Nurse Times
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