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Alzheimer, scoperto un possibile bersaglio terapeutico

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Alzheimer: il nuovo approccio sviluppato da Ebri
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Si tratta di LL-37, un peptide antimicrobico umano che funge da interruttore per la progressione della malattia.

C’è un “interruttore” che accende il meccanismo che contribuisce alla progressione della malattia di Alzheimer. A scoprirlo un team internazionale di scienziati, composto anche da ricercatori italiani. Gli esperti hanno acceso i riflettori su un peptide antimicrobico umano, denominato LL-37, che attiva la proteina CLIC1, causando iperattivazione microgliale, neuroinfiammazione ed eccitotossicità.

Il peptide, spiegano gli autori di uno studio pubblicato su Molecular Psychiatry, causa fenotipi patologici significativi legati all’Alzheimer, tra cui l’aumento della beta-amiloide, la formazione di grovigli neurofibrillari, morte neuronale, atrofia cerebrale, allargamento dei ventricoli cerebrali e la compromissione della plasticità sinaptica. Tutto ciò porta a un progressivo deficit cognitivo. La scoperta candida LL-37 a diventare un possibile bersaglio terapeutico, spiegano gli studiosi dell’Università Statale di Milano, che hanno contribuito all’individuazione del peptide antimicrobico umano in collaborazione con l’Istituto di Zoologia di Kunming (Cina).

Il gruppo di ricerca italiano, coordinato da Michele Mazzanti (ordinario di Fisiologia al Dipartimento di Bioscienze della Statale), aveva già condotto studi precedenti, dimostrando che la proteina CLIC1, modificando la sua localizzazione dal citoplasma alla membrana cellulare nelle cellule del sistema immunitario del cervello, contribuisce all’insorgenza e alla progressione della malattia di Alzheimer. Ma fino a oggi i meccanismi di formazione e di attivazione di CLIC1 in questa funzione restavano sconosciuti. Nel nuovo studio i ricercatori hanno scoperto che a promuovere il processo è LL-37. Il blocco dell’interazione tra LL-37 e CLIC1 inibisce tutti questi fenotipi.

“La proteina CLIC1, una volta inserita nella membrana cellulare, ha una fondamentale funzione nell’attivazione delle cellule immunitarie che avviene durante i fenomeni di infiammazione cronica, e in particolare quelli che interessano il sistema nervoso centrale, come nel caso della malattia di Alzheimer – spiega Mazzanti –. Il peptide LL-37, favorendo la migrazione della proteina CLIC1 in membrana, può essere considerato un promotore del processo neurodegenerativo. Impedire al peptide di svolgere la sua funzione o inibire direttamente la proteina localizzata nella membrana potrebbe essere una strategia farmacologica per rallentare o addirittura bloccare la progressione del processo neurodegenerativo”.

Redazione Nurse Times

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