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Allarme carenza medici: la Puglia ne chiede 300 dall’estero. Mancano anche gli infermieri

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Allarme carenza medici: la Puglia ne chiede 300 dall’estero
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Amsi, Fnomceo e Opi Bari tracciano un quadro poco edificante della sanità regionale.

Cercansi disperatamente medici e infermieri stranieri residenti in Italia per sopperire alle carenze ormai croniche delle strutture pubbliche e private delle regioni che devono fronteggiare anche i pensionamenti. Sono 6mila le richieste a livello nazionale, e la Puglia non fa eccezione, con le 300 al suo attivo, dopo Veneto, Piemonte e Lombardia. La ciliegina sulla torta è che i sanitari sono spesso «sottopagati rispetto al contratto vigente, ricevendo una paga oraria di 7 euro, contro un minimo di 18 euro da contratto i primi e 5 euro i secondi».

La denuncia arriva direttamente da Foad Aodi, presidente dell’Associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi), ed è confermata da Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri (Fnomceo), che nel giorno della festa del lavoro ha lanciato l’allarme sul «1° maggio grigio dei medici italiani», tra blocco dei contratti, precariato, sfruttamento e imbuto formativo, che regala alla sanità italiana 10mila giovani medici laureati che non possono accedere al mondo del lavoro regolare perché mancano le borse di studio per le scuole di specializzazione.

Il responsabile Fnomceo traccia un quadro da paura: «Contratti di lavoro e convenzioni ferme da più di dieci anni, concorsi bloccati, camici grigi intrappolati tra laurea e specializzazione, medici a gettone, professionisti, stranieri e non, sfruttati e sottopagati, ospedalieri costretti a non rispettare gli orari di riposo o i turni di ferie per poter assicurare il servizio, guardie mediche in condizioni di assoluta carenza di sicurezza».

Anelli, che è anche presidente dell’Ordine dei medici di Bari, sottolinea: «Nella regione, in questo momento, abbiamo la necessità di mille medici. Circa la metà sono legati ai concorsi, l’altra metà da assumere a tempo determinato. Ma il problema è che mancano le specializzazioni richieste e i concorsi rischiano di andare deserti per un surplus di medici laureati e pochi specialisti. L’anno scorso abbiamo fatto inserire nella Finanziaria la possibilità di far lavorare negli ospedali gli specializzandi, in modo da liberare circa 5mila borse di studio».

Anelli denuncia poi che «spesso, a fare da tramite tra aziende e medici, sono cooperative che tengono per sé un grosso margine, senza tutela alcuna dei professionisti della salute». Una circostanza rimarcata anche da Saverio Andreula, presidente di Opi Bari: «Succede anche in Puglia e a Bari. Le aziende sanitarie pubbliche, per ragioni di bilancio o di dotazione organica, si avvalgono di società terze che forniscono loro personale che lavora su più fronti. Anche le aziende private, in attesa di accreditamento, si avvalgono di prestazioni professionali a partita Iva, che ovviamente non hanno l’esclusività. Per esempio l’appalto per il servizio di assistenza domiciliare integrata e quello per l’emergenza-urgenza del 118».

Andreula non risparmia critiche al governatore Michele Emiliano: «Il problema serio è che il presidente della Regione Puglia, nonché assessore alla Sanità, si è consegnato nelle mani di un management che da un lato non sa impostare il sistema sanitario, che assorbe circa l’80% del bilancio regionale, e dall’altro accontenta tutti, società di servizi e cooperative. Al Policlinico di Bari mancano 300 infermieri rispetto alla dotazione organica di circa 1.600. Per reperirli, da una parte si fa un avviso per assunzioni a tempo determinato, dall’altra un concorso per personale in mobilità. Non c’è una scelta di campo precisa. E tra poco scoppierà il bubbone della questione dei direttori generali e sanitari pugliesi, alcuni dei quali non hanno i requisiti di legge».

Redazione Nurse Times

Fonte: Corriere del Mezzogiorno

 

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