Ad un mese dall’inizio, oggi voglio raccontarvi la mia storia.
h 5:00. La sensazione che si prova il primo giorno è molto simile a quella di un primo giorno di scuola: paura, agitazione, senso di inadeguatezza e disagio.
h 6:55, dopo giri interminabili finalmente trovo il mio reparto, suono ed entro. Camminando lungo il corridoio noto una divisione insolita sul pavimento: una linea verde ed una rossa percorrono parallele il reparto in tutta la sua lunghezza.
Passano le ore, e la sensazione che provo è quella di intralciare i colleghi più che di aiutarli.. poi arriva quella frase: “Vestiti, che entri con me”. Mi guardo intorno per avere conferma che parlasse proprio con me, e si, quel collega parlava proprio con me.
Chiedo se qualcuno può aiutarmi a capire come vestirmi ed in quale ordine: quindi mi dicono di mettere il camice, i doppi e tripli guanti, la mascherina chirurgica, la FFP2, gli occhiali, la visiera, i calzari.. un “sei pronta Giù” seguito da una pacchetta tenera sulla spalla mi fa capire che non ho più tempo per tergiversare.
È ora di entrare. Mi dirigo verso una delle porte chiuse, cercando di capire dove fosse il collega che mi aveva “reclutata”.. sento la sua voce, faccio un respiro profondo, oltrepasso la linea verde, poi quella rossa.. tiro giù la maniglia, la porta si apre.. e subito dopo si chiude alle mie spalle.
Ho il cuore in gola, non respiro bene, anzi, non respiro per niente!!Davanti mi trovo il collega, e due signore sui letti che mi guardano e mi salutano con la mano, una con uno strano casco di plastica in testa mi dice “quanto sei bella!”.. e in modo spontaneo le rispondo “so bella si..perché non me se vede proprio!”.. e lei di tutta risposta mi dice “sei bella perché ti sorridono gli occhi”.
Tiro un respiro di sollievo, il peggio è passato. Questa, sarà la mia nuova realtà. Sento troppo spesso dire “è il vostro lavoro.. vi pagano per farlo! lo sapevate che era difficile e dovevate essere pronti” ma non è così. Non si è mai pronti a questo.
Devi imparare rapidamente a respirare in assenza di aria quando le mascherine ti tolgono il fiato. A comunicare senza parlare quando il paziente non ti sente per i troppi rumori. A guardare senza vedere quando gli occhiali e la visiera si appannano.
Ho imparato anche, che al di là della linea rossa ci si commuove quando i pazienti ti prendono la mano e guardandoti negli occhi ti dicono “grazie per quello che fai per me”. Al di là della linea rossa, si piange con i colleghi quando hai fatto tutto, ma tutto, non è bastato. Al di là della linea rossa, si ride quando i pazienti si alzano dal letto per tornare a casa dalle loro famiglie.
Al di là della linea rossa accadono tante cose difficili da spiegare a parole, un universo parallelo di vite che si intrecciano con le nostre, ma non posso spiegare tutto questo a chi dice che ció non esiste, a chi dice che è una banalità, una menzogna, una balla inventata. In fondo, come puoi spiegare il mare a chi vede solo acqua?
Giulia ?♥️
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