Un infermiere ed un autista del 118, dopo essere stati malmenati da un paziente in provincia di Venezia, hanno ricevuto una brutta notizia anche dal tribunale al quale si erano rivolti per ottenere un risarcimento.
L’episodio risale al novembre 2015 quando i dipendenti della Usl 3 erano stati inviati a Maghera.
I due sono stati strattonati da un giovane in evidente stato di agitazione psicomotoria dovuto ad abuso di alcol e sostanze stupefacenti.
Al loro arrivo, il ragazzo si presentava inizialmente tranquillo, ma all’improvviso divenne estremamente aggressivo. Nemmeno l’intervento delle forze dell’ordine era riuscito a placare la sua aggressività, tant’è che gli agenti dovettero ammanettarlo alla barella per poterlo trasportare in ospedale.
I due operatori, avevano denunciato di aver subito conseguenze psicofisiche. Il consulente tecnico aveva stimato per loro un’invalidità compresa tra il 4 ed il 5%.
Anche l’azienda sanitaria è stata chiamata in causa, dato che i dipendenti hanno sostenuto di essere vittime di un incidente sul lavoro.
Il datore non avrebbe valutato i rischi specifici dell’intervento non predisponendo un documento di valutazione dei rischi riferiti al Servizio Emergenza.
Secondo i legali degli operatori, non sarebbero state fornite specifiche prescrizioni comportamentali, né tantomeno specifico supporto con un servizio di sicurezza in situazioni di pericolo.
La richiesta di risarcimento ammontava rispettivamente a 17mila e 19mila euro.
Il Tribunale ha però rigettato la pretesa degli attori escludendo la responsabilità colposa dell’Usl. L’azienda sanitaria nel corso del giudizio ha infatti depositato il “Documento di valutazione dei rischi”.
In questo atto “viene individuata quale misura preventiva a medio termine la formazione del personale nel riconoscimento e controllo dei comportamenti ostili e aggressivi”
Per il Giudice, pertanto, la formazione deve ritenersi avvenuta.
Nella sentenza è evidenziato come l’intervento richiesto ai ricorrenti “non assumeva ex ante una peculiare pericolosità”.
Il fatto che l’intervento fosse avvenuto davanti a un centro sociale non avrebbe rappresentato un segno distintivo della sua pericolosità “vista l’assenza di contesti di degenerazione collettiva”.
Simone Gussoni
Fonte: responsabilecivile.it
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