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Accordo collettivo nazionale Mmg, Scotti (Fimmg): “Busta paga ferma da 10 anni. Non riconosciuti gli sforzi dei medici”

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Coronavirus, Scotti (Fimmg): "Italiani preoccupati dagli effetti dei vaccini"
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Intervistato da Sanità Informazione, il segretario del sindacato di categoria parla dei ritardi nella trattativa per il rinnovo.

Si stanno allungando oltremodo le tempistiche per il rinnovo dell’Accordo collettivo nazionale 2016-2018 dei medici di medicina generale. La conferma arriva dall’ultimo incontro svolto in Sisac con Regioni e parti sindacali, che secondo la Fimmg rappresenta un’occasione persa per raggiungere un preaccordo sull’adeguamento dei compensi dei medici di base, stabilizzandoli al 2017.

Sullo sfondo, la questione irrisolta dell’articolo 9 del Decreto Semplificazione, la cui applicazione sta creando non pochi problemi: le modalità per definire l’accesso dei medici che stanno svolgendo il corso di formazione dovrebbero essere definite in sede di negoziazione, ma in assenza si dovrebbe far riferimento alle norme sugli incarichi di sostituzione, che prevedono però dei limiti regionali.

«Il singolo medico che opera tutti i giorni sul campo si sente tradito da un sistema che non gli riconosce gli sforzi che ha fatto in questi dieci anni: se oggi lui va a vedere lo stipendio lo trova più povero – sottolinea Silvestro Scotti, segretario Fimmg, intervistato da Sanità Informazione -. Le spese sono aumentate e il suo stipendio è rimasto uguale. Era chiaro che la nostra soluzione voleva essere una soluzione intermedia che non rallentasse la discussione sulla restante parte dell’accordo ma che desse una soddisfazione a questi medici che avrebbero avuto così la possibilità di motivare quell’attesa su temi sicuramente importanti».

Cosa sta rallentando la trattativa?
«Noi siamo stati chiari dall’inizio. Potevamo chiudere rapidamente rispetto a delle dinamiche che potevano avere anche interessi di consenso politico in vista delle elezioni europee. Affrontare il meccanismo del ruolo unico rispetto alle modalità di accesso, quando oltretutto una discussione in sede di governo e parlamentare si sta determinando rispetto all’accesso alla Medicina generale, ovviamente crea delle sovrapposizioni che non credo facilitino la discussione. Noi avevamo proposto prima dell’ultima riunione di risolvere una serie di altre problematiche contingenti e permettere l’allineamento degli emolumenti dei medici a quanto già erogato in termini di arretrato 2017. Quindi lasciare sul tavolo in questo momento il 2018 ma facendo una specie di operazione stop&go in cui si chiudeva il 2017 con un aumento dell’1,79%: oltretutto i medici fino al 31 dicembre 2017 questa quota l’hanno già in arretrato e le regioni l’hanno già accantonata. Restava sul tavolo il problema della mancata copertura di parte dell’aumento 2018 che farebbe sì che gli aumenti 2018 invece che da gennaio partano da settembre. Il tema al momento è in discussione anche sul tavolo della dipendenza medica avendo verificato per esempio che nel caso del comparto questo era stato portato a soli tre mesi e quindi che gli aumenti partivano da aprile. Ed è chiaro che tutte quelle cose vanno chiarite. Al momento noi abbiamo un atto di indirizzo secondo cui per il 2018 dovevamo rinunciare a questi otto mesi, un atto di indirizzo che affronta tutti gli aspetti contrattuali e quindi se io devo chiudere un contratto devo rispondere a tutte quelle domande. Formalmente bisogna chiarire sui vari punti se le posizioni dei sindacati rispetto alle parti pubbliche siano convergenti. Ci sono ambiti di complessità che, a prescindere da quella che sia la convergenza, sono di interesse specificatamente diretto della parte attiva, di quelli che stanno svolgendo l’attività di medicina di famiglia e quindi i problemi dell’accesso, del ruolo unico che metterebbe insieme due figure come la continuità assistenziale e l’assistenza primaria. Qualcuno tutto ciò lo vede un fatto semplice, io ritengo che lo si stia oltremodo sottovalutando».

Resta il nodo dell’articolo 9 del Dl Semplificazione. Fimmg ha richiesto e ottenuto che la Sisac verifichi presso la Conferenza delle Regioni la necessità e l’urgenza di un nuovo atto di indirizzo…
«Al momento noi abbiamo presentato una pubblicazione di carenze in varie regioni del nord che si sono allineate alla formulazione attuale dell’articolo 9 dove le regioni, non avendo riferimenti contrattuali, stanno facendo a modo loro. Qualcuno mi spieghi perché la maggior parte delle carenze pubblicate prevede invece l’esclusività di partecipazione per i medici che stanno svolgendo il corso esclusivamente in quella regione escludendo quelli residenti in luoghi di ‘confine’. Mi sembra paradossale che un medico di Piacenza non possa fare domanda per una attività di continuità assistenziale a Mantova e viceversa. Secondo la norma attuale si può risolvere solo con la contrattazione, non può essere affrontata monocraticamente come pare abbiano fatto le regioni esponendosi, secondo me, a rischio ricorso. Se io sono un soggetto a cui viene negata la possibilità di partecipare a un concorso ho tutto il diritto di oppormi se non ci sono strumenti legislativi o contrattuali che dimostrino che quella scelta è coerente».

Siete delusi per il rallentamento della trattativa?
«Io ho voluto dare un messaggio alla politica. Se la politica aveva degli interessi a tenere tranquilla una categoria che vede la sua ‘busta paga’ ancora uguale a quella del 2010, è chiaro che non è semplice spiegare a questi medici che devo ritardare i tempi per la complessità degli argomenti di cui abbiamo parlato. Io devo spiegare a un medico in attività tutto ciò quando invece registriamo un aumento dei costi rispetto al suo fattore di produzione. Domani si parlerà dell’aumento dell’Iva non avendo noi nessuna facilitazione Iva nell’acquisto delle nostre strumentazioni nonostante siano usate per una finalità pubblica. Nonostante questo, io gli devo raccontare che bisogna aspettare perché stiamo a cincischiare sull’articolo 9, su come si rendono compatibili le priorità per l’accesso. È fuori discussione che per il sindacato è strategico parlare di quelle cose. Noi da tempo denunciamo la carenza di medici: lo abbiamo detto quasi 15 anni fa, abbiamo denunciato che l’andamento avrebbe portato a quello che oggi tutti stanno vedendo. Abbiamo sempre proposto da tempo le nostre soluzioni. Qualcuno dovrebbe ricordare che nel vecchio Patto per la Salute noi avevamo proposto che le attività professionalizzanti dei medici in formazione diventassero attività proprie all’interno della convenzione, ma qualcuno ce l’ha bloccato, il famoso comma 14. A giugno ci sarà lo scatto della seconda indennità di vacatio contrattuale riferita al nuovo contratto per la parte dipendente a cui si aggiungerà un altro 0,75%, il che significa che i dipendenti nelle loro buste paga rispetto al 2010 prenderanno un altro 0,75%, la somma fa 1,5%. Io avevo chiesto l’1,79%: qualcuno mi spieghi perché non va bene».

Redazione Nurse Times

Fonte: Sanità Informazione

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