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Aborto, 40 anni dopo quel fatidico giorno

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Aborto, 40 anni dopo quel fatidico giorno 1
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Ripercorriamo l’iter che portò all’approvazione della Legge 194/78 e rileggiamo gli articoli principali.

Il 22 maggio 1978 rimane una data storica nel contesto politico e sanitario italiano. L’istituzione della Legge 194/78, dal titolo “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”, ha dato origine ad un lungo e ancora attuale dibattito sociale.

Aborto, 40 anni dopo quel fatidico giornoPrima che fosse introdotta la legge apposita, la Corte costituzionale aveva stabilito che “l’art. 2 Cost. riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, fra i quali non può non collocarsi, sia pure con le particolari caratteristiche sue proprie, la situazione giuridica del concepito” (sent. n. 27 del 1975). Su questa enunciazione incidentale si fondarono le pressioni di quelle parti politiche che, essendo contrarie all’approvazione della legge, osservavano che essa si poneva in contrasto con il dettato costituzionale e con l’orientamento stesso della Corte, in quanto il concepito si doveva considerare già soggetto di diritto, e quindi non sopprimibile.

Tuttavia, tra diritto alla vita e disciplina dell’aborto non vi sono nessi diretti: l’aborto non priva della vita un soggetto già esistente (dunque un soggetto che ha capacità giuridica, e quindi pieno godimento dei sui diritti dalla nascita, come è stabilito dall’art. 1 C.C.), ma previene la nascita d’individui che, per ragioni tassativamente previste dalla legge, la madre non desidera.

Gli articoli più importanti della Legge 194/78 da prendere in considerazione sono:

Art. 1 – Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio.  L’interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che lo aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite.

Art. 2 – I consultori familiari istituiti dalla legge 29 luglio 1975, n. 405, fermo restando quanto stabilito dalla stessa legge, assistono la donna in stato di gravidanza:

  1. a) informandola sui diritti a lei spettanti in base alla legislazione statale e regionale, e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali concretamente offerti dalle strutture operanti nel territorio;
  2. b) informandola sulle modalità idonee a ottenere il rispetto delle norme della legislazione sul lavoro a tutela della gestante;
  3. c) attuando direttamente o proponendo allo ente locale competente o alle strutture sociali operanti nel territorio speciali interventi, quando la gravidanza o la maternità creino problemi per risolvere i quali risultino inadeguati i normali interventi di cui alla lettera a);
  4. d) contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza. I consultori sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita. La somministrazione su prescrizione medica, nelle strutture sanitarie e nei consultori, dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte in ordine alla procreazione responsabile è consentita anche ai minori.

Art. 4 – Per l’interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni, la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico istituito ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della legge 29 luglio 1975 numero 405, o a una struttura socio-sanitaria a ciò abilitata dalla regione, o a un medico di sua fiducia.

Art. 6 – L’interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni, può essere praticata:

  1. a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna; b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.

Art. 8 – L’interruzione della gravidanza è praticata da un medico del servizio ostetrico-ginecologico presso un ospedale generale tra quelli indicati nell’articolo 20 della legge 12 febbraio 1968, numero 132, il quale verifica anche l’inesistenza di controindicazioni sanitarie.

Gli interventi possono essere altresì praticati presso gli ospedali pubblici specializzati, gli istituti ed enti di cui all’articolo 1, penultimo comma, della legge 12 febbraio 1968, n. 132, e le istituzioni di cui alla legge 26 novembre 1973, numero 817, ed al decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1958, n. 754, sempre che i rispettivi organi di gestione ne facciano richiesta.

Nei primi novanta giorni l’interruzione della gravidanza può essere praticata anche presso case di cura autorizzate dalla regione, fornite di requisiti igienico-sanitari e di adeguati servizi ostetrico-ginecologici. Il Ministro della sanità con suo decreto limiterà la facoltà delle case di cura autorizzate, a praticare gli interventi di interruzione della gravidanza, stabilendo:

1) la percentuale degli interventi di interruzione della gravidanza che potranno avere luogo, in rapporto al totale degli interventi operatori eseguiti nell’anno precedente presso la stessa casa di cura; 2) la percentuale dei giorni di degenza consentiti per gli interventi di interruzione della gravidanza, rispetto al totale dei giorni di degenza che nell’anno precedente si sono avuti in relazione alle convenzioni con la regione.

Le percentuali di cui ai punti 1) e 2) dovranno essere non inferiori al 20 per cento e uguali per tutte le case di cura.

Le case di cura potranno scegliere il criterio al quale attenersi, fra i due sopra fissati. Nei primi novanta giorni gli interventi di interruzione della gravidanza dovranno altresì poter essere effettuati, dopo la costituzione delle unità socio-sanitarie locali, presso poliambulatori pubblici adeguatamente attrezzati, funzionalmente collegati agli ospedali ed autorizzati dalla regione. Il certificato rilasciato ai sensi del terzo comma dell’articolo 5 e, alla scadenza dei sette giorni, il documento consegnato alla donna ai sensi del quarto comma dello stesso articolo costituiscono titolo per ottenere in via d’urgenza l’intervento e, se necessario, il ricovero.

Art. 9 Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 ed agli interventi per l’interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione. La dichiarazione dell’obiettore deve essere comunicata al medico provinciale e, nel caso di personale dipendente dello ospedale o dalla casa di cura, anche al direttore sanitario, entro un mese dall’entrata in vigore della presente legge o dal conseguimento della abilitazione o dall’assunzione presso un ente tenuto a fornire prestazioni dirette alla interruzione della gravidanza o dalla stipulazione di una convenzione con enti previdenziali che comporti l’esecuzione di tali prestazioni.

L’obiezione può sempre essere revocata o venire proposta anche al di fuori dei termini di cui al precedente comma, ma in tale caso la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua presentazione al medico provinciale.

L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e non dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento. Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare lo espletamento delle procedure previste dall’articolo 7 e l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8. La regione ne controlla e garantisce l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale.

L’obiezione di coscienza non può essere invocata dal personale sanitario, ed esercente le attività ausiliarie quando, data la particolarità delle circostanze, il loro personale intervento è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo.

L’obiezione di coscienza si intende revocata, con effetto, immediato, se chi l’ha sollevata prende parte a procedure o a interventi per l’interruzione della gravidanza previsti dalla presente legge, al di fuori dei casi di cui al comma precedente.

Dalla “Relazione del Ministro della Salute sull’attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria di gravidanza” del 2016, si evince che:

  • in totale nel 2016 sono state notificate 84˙926 IVG, confermando il continuo andamento in diminuzione del fenomeno, anche se in misura minore rispetto a quello osservato nel 2015 (-3.1% rispetto al dato del 2015 e un decremento del 63.8% rispetto al 1982, anno in cui si è osservato il più alto numero di IVG in Italia, 234˙801 casi). Diminuzioni percentuali particolarmente elevate si osservano in Campania, Lazio, PA di Trento e Valle d’Aosta. La distribuzione per trimestre mostra, come negli anni precedenti, valori più bassi nella seconda parte dell’anno. L’andamento di questi ultimi anni, come già presentato lo scorso anno, potrebbe essere almeno in parte collegato alla determina AIFA del 21 aprile 2015 (G.U. n.105 dell’8 maggio 2015) che elimina, per le maggiorenni, l’obbligo di prescrizione medica dell’Ulipristal acetato (ellaOne), contraccettivo d’emergenza meglio noto come “pillola dei 5 giorni dopo”. I dati AIFA delle vendite dell’Ulipristal acetato (ellaOne), continuano a mostrare, infatti, un incremento significativo nel 2015 rispetto agli anni precedenti (7˙796 confezioni nel 2012, 11˙915 nel 2013, 16˙797 nel 2014 e 145˙101 nel 2015), con un aumento anche nel 2016, ma più contenuto (189˙589 confezioni).
  • Dall’analisi delle schede pervenute e sulla base del confronto con i dati raccolti dall’ISS e dall’Istat emerge che il numero totale delle strutture con reparto di ostetricia e/o ginecologia (intese a livello di sede fisica, denominati nei flussi informativi “stabilimenti”) a livello nazionale nel 2015 risulta pari a 648 e nel 2016 è stato pari a 614, mentre il numero di quelle che effettuano le IVG nel 2015 risulta pari a 385, cioè il 59.4% del totale (era il 59.6% nel 2014) mentre nel 2016 il numero di strutture che effettuano IVG è stato pari a 371, cioè il 60.4% del totale. Si è verificato cioè un lieve aumento percentuale di strutture disponibili.
  • Dal 1983 al 2016 si è passati da 233’976 interventi di IVG a 84’926, e da un numero di 1’607 ginecologi non obiettori a 1’481 non obiettori.

Infine, secondo l’Oms e il Guttmacher Institute statunitense, che hanno condotto una ricerca sul numero degli aborti nel mondo, sono emersi dati impressionanti. Nello studio pubblicato su Lancet, autorevole e prestigiosa rivista scientifica di ambito medico, viene registrato che tra il 2010 e il 2014 sarebbero circa 56 milioni i casi di interruzione di gravidanza ogni anno. Una cifra che, secondo le proiezioni, si stima in crescita.

Pasquale Fava

 

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