Riceviamo e pubblichiamo un comunicato stampa a firma del segretario regionale Claudio Delli Carri, che sottolinea la “inaccettabile disparità tra professionisti che operano in prima linea”.
Nessuna discriminazione o discrepanza tra infermieri e professionisti della sanità che lavorano nella grande area dell’emergenza, siano essi nei pronto soccorso, sulle ambulanze del 118, nei pronto soccorso pediatrici, nei pronto soccorso ostetrici, in quelli radiologici o nei settori di urgenza dei laboratori di analisi. È ciò che chiede a gran voce Nursing Up, sindacato degli infermieri e delle professioni sanitarie, alla luce degli incontri che si stanno svolgendo in Regione per la contrattazione sull’indennità di pronto soccorso, prevista dall’ultimo Ccnl per i professionisti sanitari del comparto, la quale di fatto andrà a premiare solo chi si trova “fisicamente” a lavorare all’interno delle strutture di pronto soccorso, e non chi invece opera, sempre in prima linea e sempre nell’area dell’emergenza, al di fuori di tali strutture.
Le difficoltà economiche della Regione, che derivano dalle poche risorse a disposizione, non possono essere una scusa per eludere la necessità di riconoscere anche economicamente a tutto il personale che opera nell’area dell’emergenza quel ruolo di professionisti “in prima linea”, evidenziato ad esempio dalla grande professionalità con cui sono state affrontate in questi anni le grandi criticità sanitarie (prima su tutti la pandemia), molto spesso sopperendo con il solo impegno personale alle carenza strutturali, organizzative, di organico e di servizi sanitari territoriali.
Non possiamo non ribadire che sia i professionisti del pronto soccorso sia quelli impegnati nell’emergenza territoriale 118, sia coloro che operano nei pronto soccorso pediatrici, ostetrici, radiologici o nei settori d’urgenza dei laboratori analisi, sono la prima risposta sanitaria al cittadino, data con un’enorme e ormai cronica carenza di personale, a cui si è sopperito negli anni con riposi saltati, ferie non godute, ore di straordinario e grande abnegazione. Per questo non comprendiamo una discriminazione tra il personale della grande area dell’emergenza, che crea “figli e figliastri”, sebbene tutti operino a parità di disagi, rischi e professionalità.
Claudio Delli Carri (foto), segretario di Nursing Up Piemonte e Valle d’Aosta, spiega: “Per capire a fondo il problema bisogna fare un passo indietro. La normativa a cui si aggrappano molte Regioni, tra cui il Piemonte, prevede che l’indennità per l’emergenza urgenza, detta ‘di pronto soccorso’, vada riconosciuta solo a chi opera fisicamente ‘nel pronto soccorso’. Ma l’area dell’emergenza è enorme. Ci sono infermieri che il pronto soccorso lo fanno in strada, in prima linea, a casa di coloro che hanno necessità e urgenza di essere soccorsi. Pazienti che vengono trattati fuori dalle mura degli ospedali e poi, una volta stabilizzati, portati dentro le mura per essere destinati ai reparti più adeguati alle cure di cui necessitano. E non è pronto soccorso questo? Non è area di emergenza?”.
Prosegue Delli Carri: “E perché tagliare fuori tutti gli infermieri e tecnici di radiologia o di laboratorio che nella nostra regione lavorano nell’emergenza, ad esempio pediatrica o ostetrica, o di analisi, solo perché nel loro ospedale tali attività non sono fisicamente collocate nei pronto soccorso? Ci sono Regioni, come il Veneto, che è stata la prima, ma anche Lombardia ed Emilia Romagna, che riconosceranno questa indennità a tutti gli infermieri dell’area emergenza perché, ad esempio per il 118, i loro infermieri non operano solo ed esclusivamente nei pronto soccorso, ma sono impiegati, a seconda dei turni, o in struttura o nel soccorso esterno”.
E ancora: “In Piemonte, invece, nel 2014, per precisa decisione della Regione, gli infermieri che operavano sia in pronto soccorso sia nel servizio 118 sono stati obbligati tassativamente a scegliere tra rimanere negli ospedali o salire sulle ambulanze. Oggi questi professionisti si trovano di fatto tagliati fuori da incentivi che invece avrebbero tutto il diritto di avere. I duri anni della pandemia hanno dimostrato quali siano la grande professionalità, il coraggio e l’abnegazione degli infermieri che operano in tutti i settori, nessuno escluso, dell’emergenza. Ciononostante, ci troviamo di fronte a questa deriva, che ha il sapore di una beffa, consistente nel creare una discrepanza tra chi opera nei pronto soccorso e chi invece lavora sulle ambulanze del 118, in pediatria, in ostetricia, nella radiologia o nei laboratori. Per noi questa differenziazione non è accettabile: l’indennità va riconosciuta a tutti coloro che operano nel grande settore dell’emergenza, nessuno escluso. E ci batteremo su ogni tavolo perché ciò avvenga”.
Sempre Delli Carri: “Parliamo poi di questa indennità. Allo stato attuale, se fosse riconosciuta al solo personale del pronto soccorso, sarebbe di 132 euro, che diventerebbero 109 aggiungendo gli infermieri del 118 e circa 90 se destinata a tutti coloro che operano nell’emergenza-urgenza. E qualcuno ha anche avuto il coraggio di chiamarla ‘indennità di attrattività’. Ma davvero? Veramente c’è qualcuno che pensa che con 100 euro mal contati in più in busta paga gli infermieri scelgano di non andarsene altrove a lavorare, dove magari possono essere pagati profumatamente? Ma stiamo scherzando? Prendiamo ad esempio la Valle d’Aosta, dove è stato riconosciuto un aumento in busta paga di 350 euro. A due passi da loro c’è la Svizzera, dove ai nostri infermieri, che ricordiamo sono riconosciuti a livello mondiale come i più preparati, offrono ben 3.500 euro in più! E allora cosa possono scegliere i colleghi, soprattutto i giovani?”.
Aggiunge il sindacalista: “Noi siamo certo favorevoli all’aumento delle indennità, ma qui si deve comprendere che il problema è strutturale. Aumentare le prestazioni aggiuntive da 30 a 60 euro, non può che essere una soluzione tampone, una panacea. Perché i soldi che si utilizzano vanno a diminuire il tetto di spesa per il personale. E quindi, come un gatto che si morde la coda, siamo di nuovo con la coperta corta. Vanno invece fatte le adeguate assunzioni. E va finalmente creata una rete territoriale in grado di ricevere i pazienti in uscita dai pronto soccorso, che oggi invece vengono trattenuti perché non sanno dove andare. La rete del territorio deve essere nelle condizioni di gestire i codici di urgenza più bassi, in modo che in pronto soccorso arrivino le vere emergenza. C’è poi un grave problema relativo alle infrastrutture in cui operano i colleghi, che spesso sono obsolete. Va quindi messo in sicurezza l’ambiente di lavoro. Per fare questo ci vogliono fondi dedicati. Altrimenti non se ne esce”.
Conclude Delli Carri: “Come Nursing Up, ci batteremo affinché l’indennità di pronto soccorso sia estesa a tutta l’area dell’emergenza. In caso ciò non avvenga, non si farà altro che peggiorare l’evidente emorragia dei professionisti della sanità, i quali, specialmente negli ultimi anni, decidono di allontanarsi dalla ‘prima linea’ perché stanchi e demoralizzati da queste decisioni. E ci batteremo con ogni mezzo per mettere in sicurezza i lavoratori e gli ambienti di lavoro, con un piano serio di assunzioni, di revisione dell’organizzazione e di rinnovo delle strutture. Solo così potremo offrire una risposta sanitaria adeguata alle necessità odierne e future della popolazione”.
Redazione Nurse Times
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