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Cuore, in gravidanza lavora il doppio: rischi 5 volte più alti tra donne over 35. GISE: “Urgente affrontare disparità di genere”

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 Il cuore delle donne può essere fragile a tutte le età e in tutte le fasi della vita. In gravidanza lo è molto più di quello degli uomini perché è costretto a lavorare il doppio. Con l’avvicinarsi del terzo trimestre di gestazione, infatti, il volume di sangue aumenta fino al 60%, costringendo il cuore a un superlavoro, che accelera il battito cardiaco.

Sebbene la maggior parte delle donne gestisca questi cambiamenti senza problemi, per quelle con patologie cardiache preesistenti o con una predisposizione i rischi possono essere elevati. Secondo uno studio condotto della NYU School of Medicine, pubblicato sulla rivista Mayo Clinic Proceedings, il rischio è fino a cinque volte più alto tra le donne dai 35 ai 39 anni d’età, mentre è dieci volte più alto tra le donne over 40. Eppure la salute cardiovascolare femminile resta sottovalutata, sia in clinica che nei laboratori di ricerca.

Questi sono alcuni dei temi affrontati dagli specialisti al GISE Women, l’evento organizzato dalla Società Italiana di Cardiologia Interventistica (GISE), a Salerno. Nel corso dei lavori sono state affrontate anche altre tematiche di rilevanza di genere nella cardiologia interventistica e presentate le principali novità nel settore, relative a nuovi approcci diagnostici e terapeutici, all’aterosclerosi coronarica, alla cardiopatia ischemica e alle valvulopatie, oltre al tema molto attuale dei problemi cardiaci associati alle patologie e ai trattamenti oncologici (branca specifica definita cardioncologia).

“Il GISE Women rappresenta un’opportunità importante per la condivisione di competenze, esperienze e prospettive di genere nella pratica clinica cardiologica – spiega Francesco Saia, presidente GISE e direttore della SSD di Cardiologia interventistica all’IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, Policlinico Sant’Orsola –. Il nostro obiettivo è accendere i riflettori sulle disparità di genere che vede le donne in grande svantaggio rispetto agli uomini. La popolazione femminile, infatti, tende a essere sottodiagnosticata e sottotrattata in clinica, e sottorappresentata negli studi clinici”.

In Italia, ogni cinque minuti una donna viene colpita da un infarto o da un’altra malattia cardiovascolare, per un totale di 124mila casi all’anno. La malattia coronarica interessa una donna su nove tra i 45 e i 64 anni e una su tre dopo i 65 anni, con un rischio di morte del 31%, più alto del cancro al seno. Durante la gravidanza il sistema cardiovascolare subisce notevoli adattamenti per supportare la crescita del feto: aumentano flusso sanguigno, frequenza e gittata cardiaca.

“Quando questi cambiamenti procedono senza intoppi, rappresentano un esempio notevole di resilienza – spiega Alfredo Marchese, presidente eletto GISE –. Tuttavia il cuore può non riuscire a tenere il passo a causa di patologie pre-esistenti o per complicanze legate a condizioni come cardiomiopatia peripartum, preeclampsia ed eclampsia, che mettono a repentaglio la salute sia materna che fetale”. 

Lo studio della NYU School of Medicine

Il rischio è più alto soprattutto nelle donne over 35, come evidenziato anche dallo studio condotto dalla NYU School of Medicine, in cui sono state analizzate quasi 50 milioni di nascite negli Stati Uniti tra il 2002 e il 2014.

“Lo studio ha mostrato come il rischio di infarto durante e dopo la gravidanza sia in aumento, anche per la tendenza a posticipare la maternità considerando maggiore la ‘probabilità’ di concomitanti patologie cardiovascolari subentrate nel corso degli anni – commenta Tiziana Attisano, coordinatrice Gise Women e responsabile della UOSD di Emodinamica all’Azienda Ospedaliera Universitaria di Salerno –. La comunità cardiologica ha avvertito forte questa esigenza tanto da stilare nuove Linee Guida sulla gestione clinica e terapeutica della patologia cardiovascolare in gravidanza in tutte le sue peculiarità e insidie.Esse sono state presentate al recente congresso della Società Europea di Cardiologia (ESC) tenutosi a Madrid e saranno argomento atteso durante il congresso GISE Women”.

La triade “invisibile” INOCA-ANOCA, MINOCA e SCAD

La fragilità del cuore delle donne non si limita alla gravidanza, ma dipende anche dalla nostra incapacità di “ascoltarne” i segnali di sofferenza. E’ per questo che nella popolazione femminile è più alto sia il rischio di ischemia o angina senza coronaropatia ostruttiva (INOCA-ANOCA) che di infarto del miocardio senza ostruzione coronarica (MINOCA).

“Molte donne con dolore toracico cardiaco e ischemia o attacco cardiaco non hanno stenosi significative nelle arterie coronarie, ma un restringimento di lieve entità, una disfunzione o spasmo dei piccoli vasi, che sfuggono nella diagnosi iniziale – spiega Simona Pierini, coordinatrice GISE Women e direttore della Struttura complessa di Cardiologia e unità coronarica della ASST Nord Milano –. Il 50-70% di chi ha sintomi aspecifici e malattia coronarica non significativa all’angiografia è donna. Il sesso femminile, inoltre, presenta più spesso fattori di rischio cardiovascolari non classici, spesso aggravati da stress, disturbi dell’umore, fumo, malattie autoimmuni, o come conseguenza della menopausa. Eppure la consapevolezza del rischio cardiovascolare femminile è scarsa. L’infarto ha un ritardo di 10 anni nelle donne rispetto agli uomini, ma la mortalità è più alta, così come le complicanze, che per il 90% colpiscono proprio le donne”.

Tanto pericolose quanto subdole sono anche le dissezioni coronariche spontanee (SCAD), che fanno parte di una patologia sistemica che interessa gli strati della parete vasale. Le donne giovani sono le pazienti maggiormente colpite dalla malattia che può presentarsi come sindrome coronarica acuta, angina instabile o addirittura morte improvvisa. 

Patologie valvolari

Anche le patologie valvolari sono spesso sottovalutate, con differenze importanti rispetto agli uomini per tipologia, diagnosi e trattamento. Meno donne vengono avviate a interventi correttivi, che presentano anche specifiche difficoltà tecniche legate all’anatomia più piccola. Nelle donne, inoltre, i sintomi tendono a essere più subdoli e aspecifici, con conseguente ritardo diagnostico.

“Le pazienti spesso arrivano dal medico in fase avanzata, con progressione rapida e prognosi peggiore”, sottolineano Attisano e Pierini. “È dunque essenziale aumentare la consapevolezza sulle specificità delle patologie cardiologiche femminili, sia tra la popolazione che tra il personale medico, per garantire una diagnosi precoce, un trattamento tempestivo e una migliore gestione a lungo termine – concludono Saia e Marchese –. Affrontare queste disparità rappresenta una priorità per la salute pubblica e l’impegno del GISE, anche attraverso eventi specialistici come GISE Women, è quello di continuare a lavorare in questo ambito”.

Redazione Nurse Times

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