Giulia (nome di fantasia) è una donna disabile, non autosufficiente, affetta da una malattia rara e purtroppo terminale. Ogni giorno è costretta a sottoporsi a terapie essenziali per la sua sopravvivenza. Nonostante l’aggravarsi della sua condizione e il riconoscimento formale dei “carichi di cura” da parte dello Stato, le risorse economiche previste per lei restano nella pratica inutilizzabili, a causa dei limiti di prelievo cui è soggetta la carta ADI (Assegno di inclusione).
L’Inps, infatti, pur avendole riconosciuto l’indennità relativa ai carichi di cura, destinata a sostenere chi si fa carico dell’assistenza di persone fragili, ha limitato il prelievo a 100 euro al mese. Una somma che non copre nemmeno un quarto delle spese di Giulia.
“Devo pagare di tasca mia una persona che mi assiste durante le infusioni – dice Giulia -. Lo Stato non fornisce alcun tipo di supporto infermieristico domiciliare. Perché riconosce l’indennità, se poi non mi permette di usarla quando ne ho bisogno?”.
Giulia è stanca e indignata per essere stata abbandonata da un sistema che, mentre da un lato formalmente riconosce un diritto, dall’altro lo rende praticamente inaccessibile. E non si tratta certamente di un caso isolato. Centinaia di persone si trovano nella stessa condizione e vivono lo stesso assurdo paradosso: fondi destinati all’assistenza che restano bloccati, inutilizzabili, a discapito delle necessità sanitarie urgenti, che devono essere gli stessi cittadini (da soli) a coprire.
“Chiedo dignità, non carità – si sfoga ancora Giulia -. Lo Stato deve rispettare gli impegni presi, dando senso alle misure che sembrano esistere solo sulla carta”.
Redazione Nurse Times
Fonte: Bonusepagamenti.it
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