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Competenze Avanzate e Specialistiche degli Infermieri: relazione e articolato dell’accordo

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Dott Francesco Saverio Proia Alto dirigente del Ministero della Salute

RELAZIONE ILLUSTRATIVA

Evoluzione della professione infermieristica

Aree di competenza nei nuovi scenari sanitari e socio sanitari

Tavolo di lavoro Regioni-Ministero
(sviluppo dei profili di competenza dell’infermiere)

Nel contesto del servizio sanitario nazionale e in modo più estensivo nell’assistenza alla persona, si sta assistendo ad una significativa evoluzione delle componenti organizzativo-assistenziali conseguenti all’oggettivo manifestarsi di alcuni fenomeni, legati in particolare, all’aumento dell’età media, della popolazione con fragilità e malattie cronico-degenerative, a cui si associa la costante e profonda evoluzione scientifica e tecnologica.

Ciò, rende necessario ridefinire gli ambiti di cura e di assistenza, perseguendo processi basati sulla continuità, data dai percorsi assistenziali tendendo da un lato, a standardizzare e sistematizzare le principali prestazioni e dall’altro, ponendo le basi per la personalizzazione dell’assistenza.
Il generarsi con forza di nuove esigenze nell’istituire servizi, rivisitare luoghi di cura, sia ospedalieri che territoriali, rende peculiare la modificazione del ruolo professionale, dato dalle competenze, abilità e capacità dell’infermiere. La ridefinizione degli ambiti di attività con modalità multiprofessionali, e il conseguente ampliamento delle competenze/responsabilità acquisite nel percorso formativo – laurea triennale, laurea magistrale, master di primo e secondo livello percorsi formativi modulari strutturati dalle Regioni in base a specifiche esigenze – costituisce l’ambito di azione e lo spazio istituzionale in cui proporre le necessarie modifiche.  

Le sfide che dovranno essere affrontate nell’immediato futuro dal Sistema Sanitario (sostenibilità, equità, appropriatezza, efficacia, efficienza, consenso) inducono ad affrontare alcuni nodi problematici al fine di contemperare il raggiungimento degli obiettivi di sistema indicati nel PSN e dai rispettivi Piani Sanitari Regionali. Investire nella professione infermieristica ponendo le basi per una nuova autonomia e responsabilità professionale, consente di favorire un sistema professionale capace di sostenere e soddisfare le esigenze dei servizi e della popolazione.

Uno dei più significativi determinanti del buon andamento/qualità dei servizi sanitari e socio sanitari è costituito dall’insieme degli operatori che, costituendo l’interfaccia principale tra il sistema e i cittadini assumono un ruolo centrale nella realizzazione di risposte di qualità, efficienza/appropriatezza dei processi e dei percorsi di cura e di assistenza, efficacia della relazione umana e professionale e di un proattivo risk management.
Il riorientamento della formazione deve essere centrato sullo sviluppo di piani di studio, programmi di formazione, basati sulle competenze, orientati alla comunità, rivolti allo studente e alla soluzione dei problemi di salute e dei servizi. I livelli di formazione curriculare universitaria (laurea, master e laurea magistrale) devono basarsi su modelli di apprendimento per competenze e tendere a certificare le conoscenze, le abilità e i comportamenti del professionista in linea con quanto previsto dal «processo di Bologna».

Il quadro normativo delle professioni infermieristiche 

L’evoluzione delle professioni infermieristiche vede il suo inizio con il D.lgs 30 dicembre 1992 n.502 che, nell’adeguare l’impianto del SSN nato dalla legge 833/78, trasferisce la formazione infermieristica dalla sede regionale a quella universitaria e statuisce che la conseguente ridefinizione del profilo professionale dell’infermiere e dell’infermiere pediatrico dovrà aversi tramite specifico decreto del Ministero della sanità (ora ministero della salute).
Il Ministero della Sanità con Decreto 14/09/1994 n. 739 “Regolamento concernente l’individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell’infermiere”, delinea il profilo professionale dell’infermiere – che viene definito responsabile dell’assistenza generale infermieristica – e specifica che l’assistenza infermieristica, preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa, è di natura tecnica, relazionale, educativa.
Il Ministero della Sanità (ora ministero della salute) con Decreto 17/01/1997 n. 70 “Regolamento concernente l’individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell’infermiere pediatrico”, delinea il profilo professionale dell’infermiere pediatrico con funzioni analoghe a quelle dell’Infermiere per quanto attiene il neonato, il bambino, l’adolescente.

L’impianto normativo sopra descritto viene successivamente perfezionato:

– dalla legge 26/02/1999 n. 42 “Disposizioni in materia di professioni sanitarie” che sancisce che quella infermieristica è una professione sanitaria a tutto tondo e che “Il campo proprio di attività e di responsabilità delle professioni sanitarie di cui all’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni e integrazioni, è determinato dai contenuti dei decreti ministeriali istitutivi dei relativi profili professionali e degli ordinamenti didattici dei rispettivi corsi di diploma universitario e di formazione post-base nonché degli specifici codici deontologici, fatte salve le competenze previste per le professioni mediche e per le altre professioni del ruolo sanitario per l’accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea, nel rispetto reciproco delle specifiche competenze professionali”.

dalla legge 10 agosto 2000 n. 251 “Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica” che all’art.1, comma 1, 2 e 3 recita:

1. Gli operatori delle professioni sanitarie dell’area delle scienze infermieristiche e della professione sanitaria ostetrica svolgono con autonomia professionale attività dirette alla prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva, espletando le funzioni individuate dalle norme istitutive dei relativi profili professionali nonché dagli specifici codici deontologici ed utilizzando metodologie di pianificazione per obiettivi dell’assistenza.

2. Lo Stato e le Regioni promuovono, nell’esercizio delle proprie funzioni legislative, di indirizzo, di programmazione ed amministrative, la valorizzazione e la responsabilizzazione delle funzioni e del ruolo delle professioni infermieristico – ostetriche al fine di contribuire alla realizzazione del diritto alla salute, al processo di aziendalizzazione nel Servizio Sanitario Nazionale, all’integrazione dell’organizzazione del lavoro della sanità in Italia con quelle degli altri Stati dell’Unione europea.

3. Il Ministero della Sanità, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, emana linee guida per:
– l’attribuzione in tutte le aziende sanitarie della diretta responsabilità e gestione delle attività di assistenza infermieristica e delle connesse funzioni;
– la revisione dell’organizzazione del lavoro, incentivando modelli di assistenza personalizzata”.

– dalla L. n.43/2006 “Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecniche e della prevenzione e delega al Governo per l’istituzione dei relativi ordini professionali” che all’ART. 6 cita:

ART. 6.
(Istituzione della funzione di coordinamento)

1. In conformità all’ordinamento degli studi dei corsi universitari, disciplinato ai sensi dell’articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e successive modificazioni, il personale laureato appartenente alle professioni sanitarie di cui all’articolo 1, comma 1, della presente legge, è articolato come segue:

a) professionisti in possesso del diploma di laurea o del titolo universitario conseguito anteriormente all’attivazione dei corsi di laurea o di diploma ad esso equipollente ai sensi dell’articolo 4 della legge 26 febbraio 1999, n. 42;

b) professionisti coordinatori in possesso del master di primo livello in management o per le funzioni di coordinamento rilasciato dall’università ai sensi dell’articolo 3, comma 8, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, e dell’articolo 3, comma 9, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270;

c) professionisti specialisti in possesso del master di primo livello per le funzioni specialistiche rilasciato dall’università ai sensi dell’articolo 3, comma 8, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, e dell’articolo 3, comma 9, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270;

d) professionisti dirigenti in possesso della laurea specialistica di cui al decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 2 aprile 2001, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 128 del 5 giugno 2001, e che abbiano esercitato l’attività professionale con rapporto di lavoro dipendente per almeno cinque anni, oppure ai quali siano stati conferiti incarichi dirigenziali ai sensi dell’articolo 7 della legge 10 agosto 2000, n. 251, e successive modificazioni.

2. Per i profili delle professioni sanitarie di cui al comma 1 può essere istituita la funzione di coordinamento, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. A tal fine, l’eventuale conferimento di incarichi di coordinamento ovvero di incarichi direttivi comporta per le organizzazioni sanitarie e socio-sanitarie pubbliche interessate, ai sensi dell’articolo 7 della legge 10 agosto 2000, n. 251, l’obbligo contestuale di sopprimere nelle piante organiche di riferimento un numero di posizioni effettivamente occupate ed equivalenti sul piano finanziario.

3. I criteri e le modalità per l’attivazione della funzione di coordinamento in tutte le organizzazioni sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private sono definiti, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con apposito accordo, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Ministro della salute e le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

4. L’esercizio della funzione di coordinamento è espletato da coloro che siano in possesso dei seguenti requisiti:

a) master di primo livello in management o per le funzioni di coordinamento nell’area di appartenenza, rilasciato ai sensi dell’articolo 3, comma 8, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, e dell’articolo 3, comma 9, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270;

b) esperienza almeno triennale nel profilo di appartenenza.

5. Il certificato di abilitazione alle funzioni direttive nell’assistenza infermieristica, incluso quello rilasciato in base alla pregressa normativa, è valido per l’esercizio della funzione di coordinatore.

6. Il coordinamento viene affidato nel rispetto dei profili professionali, in correlazione agli ambiti ed alle specifiche aree assistenziali, dipartimentali e territoriali.

7. Le organizzazioni sanitarie e socio-sanitarie, pubbliche e private, nelle aree caratterizzate da una determinata specificità assistenziale, ove istituiscano funzioni di coordinamento ai sensi del comma 2, affidano il coordinamento allo specifico profilo professionale.

Per effetto del surriportato quadro normativo è dato osservare che:

a) le professioni infermieristiche sono professioni autonome (art. 1 L. n. 42/1999 e art. 1, comma 1, l. 251/2000), essendo stata abrogata la definizione di “professione sanitaria ausiliaria” ex art. 1, comma 1;
b) l’oggetto della professione è costituito dalle “attività dirette alla prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva” (art. 1, comma 1, l. n. 251/2000);
c) le funzioni proprie della professione sono definite “dalle norme istitutive dei relativi profili professionali, dai contenuti degli ordinamenti didattici, nonché dagli specifici codici deontologici ed utilizzando metodologie di pianificazione per obiettivi dell’assistenza” (art. 1, comma 1, l. 251/2000);
d) ulteriori funzioni possono essere stabilite dallo Stato e dalle Regioni “nell’esercizio delle proprie funzioni legislative, di indirizzo, di programmazione ed amministrative”.
e) Si definisce specialista (L. 43/06) il professionista in possesso del master universitario per le funzioni specialistiche, con piani di studio concordati con il Ministero dell’Università e della ricerca, il Ministero della salute e delle regioni/province autonome, previa definizione delle aree di specializzazione e dei conseguenti fabbisogni;

Appare evidente che i criteri per la determinazione delle competenze proprie della professione, vengono sostanzialmente individuati:

a) nel criterio guida – introdotto dall’art. 1, comma 1, l. n. 251/2000 – che preordina la professione allo svolgimento delle “attività dirette alla prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva”;
b) nei criteri limiti – previsti dall’art. 1 l. n. 42/1999 e dall’art. 1, comma 1, l. 251/2000 – costituiti dai profili professionali, dall’ordinamento universitario e formativo post-base e dai codici deontologici.

E’ altresì evidente che i criteri limiti di cui alla sopra riportata lett. b) configurano una dinamicità in progress di attribuzione di competenze/responsabilità e funzioni secondo quanto già previsto o potrà essere stabilito da disposizioni normative ed amministrative, preordinate a definire i profili professionali, gli ordinamento universitari e formativi, le regole deontologiche. 

Il tutto è esaltato e rafforzato dalla portata della previsione dell’art. 1, comma 2, l. n. 251/2000 là dove attribuisce espressamente allo Stato e alle Regioni il compito di promuovere, nell’esercizio delle proprie funzioni legislative, di indirizzo, di programmazione ed amministrative, “la valorizzazione e la responsabilizzazione delle funzioni e del ruolo delle professioni infermieristico – ostetriche al fine di contribuire alla realizzazione del diritto alla salute, al processo di aziendalizzazione nel Servizio Sanitario Nazionale, all’integrazione dell’organizzazione del lavoro della sanità in Italia con quelle degli altri Stati dell’Unione europea”.
Quanto sopra indica che la valorizzazione e responsabilizzazione delle funzioni e del ruolo della professione ad opera dell’attività legislativa ed amministrativa dello Stato e delle Regioni, deve essere realizzata alla luce e nel rispetto:
a) della competenza propria della professione, che si identifica con le “attività dirette alla prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva” (art. 1, comma 1, l. n. 251/2000);
b) dell’evoluzione dei percorsi formativi definiti dalle istituzioni universitarie e formative per le professioni sanitarie. 

La statuizione dell’art. 1 della Legge 42, “Il campo proprio di attività e di responsabilità delle professioni sanitarie ….. è determinato dai contenuti dei decreti ministeriali …… fatte salve le competenze previste per le professioni mediche e per le altre professioni del ruolo sanitario…. nel rispetto reciproco delle specifiche competenze professionali”, ha provocato, anche recentemente, un significativo dibattito tra la professione infermieristica e quella medica soprattutto per quanto concerne la ridefinizione dei campi di attività e delle competenze/responsabilità nei percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (PDTA), la continuità dell’assistenza e la presa in carico territoriale di numerose tipologie di pazienti, l’innovazione dell’organizzazione del lavoro.

In considerazione della complessità quotidiana del funzionamento degli ospedali, dei servizi sanitari e socio sanitari territoriali e della necessaria innovazione dei processi dell’organizzazione e dei percorsi-clinico-assistenziali-riabilitativi si pone, con evidenza, la necessità del lavoro interdisciplinare e multiprofessionale all’interno delle attività clinico assistenziali dirette alla tutela della salute degli individui e della collettività. Tale scenario richiede l’acquisizione di saperi elevati per ciascuna professione dell’equipe e competenze agite in una logica di integrazione, collaborazione e cooperazione tra professionisti e non solo dell’area sanitaria.

Metodo di lavoro: partecipazione, comprensione e condivisione

Un esercizio professionale flessibile, dinamico ed integrato rende necessaria l’innovazione dei rapporti fra le diverse professionalità sanitarie e socio-sanitarie e di organizzare i processi produttivi anche definendo e ridefinendo “in progress” spazi e attività che arricchiscono le competenze distintive di ogni professione che in tal modo garantisce valore aggiunto ai processi di cura ed assistenza.
Allo scopo diviene rilevante la capacità di relazionarsi proattivamente nell’intento di fornire appropriate prestazioni e costruire un clima lavorativo che favorisca comprensione, partecipazione e riconoscimento/valorizzazione di ogni specifico apporto professionale.
Nell’ottica di cui sopra, diviene fondamentale che la politica orienti azioni programmatiche e piani di studio che valorizzino i concetti precedentemente illustrati; nel contempo diviene fondamentale anche che i Ministeri in condivisione con le Regioni producano atti e strumenti di pianificazione, attuazione e valutazione dell’impatto di tali innovazioni sulla salute dei cittadini e sulla sostenibilità economica.

Gli strumenti operativi

Per attuare quanto disposto dal presente documento risulta necessaria la ridefinizione e l’avanzamento delle competenze del profilo professionale dell’infermiere veicolata da strumenti operativi quali, ad esempio:

– indirizzi generali nel nuovo Patto salute;

– accordo Stato-Regioni che fornisce indirizzi per la gestione del sistema salute e sviluppo professionale;

– provvedimenti di Giunta Regionale per l’implementazione di modelli organizzativi basati sull’intensità di cura e la complessità assistenziale sia a livello ospedaliero che nei servizi territoriali;

– percorsi attuativi definiti da aziende ed altre istituzioni sanitarie e socio-sanitarie finalizzati alla condivisione e partecipazione delle professionalità interessate;

– decreti di Giunta Regionale per l’individuazione e attivazione di percorsi formativi professionalizzanti nell’ambito dei Sistemi Sanitari Regionali;

– accordi fra Università e Regione per l’attivazione dei corsi di studio universitari di scienze infermieristiche;

– indirizzi interministeriali per la ridefinizione dei piani di studio curriculari della laurea triennale e magistrale nonché dei master di primo e di secondo livello;

– linee guida allegate al Piano Sanitario Nazionale o ai Piani Sanitari Regionali o Piani Socio Sanitari Regionali;

– linee progettuali/sperimentali nazionali o regionali per determinati campi di attività, o per percorsi diagnostico terapeutico assistenziali o processi clinico assistenziali;

– tassonomie di competenze da svilupparsi nei percorsi di studio e certificate anche in aderenza agli standard europei definite dal Ministero della Salute e dalla Conferenza Stato Regioni.

La ridefinizione, l’implementazione e l’approfondimento delle competenze e responsabilità professionali degli infermieri riguarda, in prima fase, le competenze che possono essere esercitate, dando atto agli strumenti sopra presentati, nelle seguenti aree professionali:

• Area cure primarie – infermiere comunità- famiglia;
• Area intensiva e dell’emergenza urgenza;
• Area medica;
• Area chirurgica;
• Area neonatologica e pediatrica;
• Area salute mentale e dipendenze.

Quanto rappresentato fonda il proprio razionale attraverso una visione integrata delle seguenti componenti:

contrattuale: dove porre in essere un sistema di flessibile dinamicità, escludendo ingessature organizzative, nelle progressioni di carriera e favorendo meccanismi di valorizzazione professionale capaci di riconoscere il valore e il contributo posto da parte del singolo professionista nel processo assistenziale/organizzativo per il tempo di effettivo e positivo esercizio della competenza;

formativa regionale: dove attivare una formazione, in collaborazione con l’università, finalizzata all’avanzamento delle competenze dell’infermiere. I programmi di formazione saranno valutati ai fini del riconoscimento dei CFU (Crediti Formativi Universitari) tramite preventivo accordo con l’Università;

formativa curricolare universitaria dove ridefinire i piani di studio della laurea triennale e magistrale nonché dei master condivisi in accordi tra ministeri e regioni al fine di rispondere alle necessità di sviluppo della professione infermieristica percorrendo in tal modo positive esperienze già mature in ambito internazionale. Nella definizione dei nuovi percorsi formativi è essenziale una forte integrazione fra l’Università e il SSR affinchè la formazione universitaria faccia proprie le necessità che nascono sia dall’evoluzione dei sistemi sanitari sia dalla necessità di sviluppare competenze professionalizzanti,

accreditamento professionale sui diversi livelli di carriera finalizzato allo sviluppo di un sistema di garanzia per il professionista e il cittadino basato sulla certificazione delle competenze del singolo, attraverso la costituzione a livello di ogni Regione o Provincia Autonoma di un Sistema di certificazione delle competenze capace di garantire coerenza tra lo sviluppo del sistema salute e la capacità dei professionisti di rispondere in termini di performance adeguate.

Bozza di Accordo, ai sensi dell’art. 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo e le Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano, recante ridefinizione implementazione e approfondimento delle competenze e delle responsabilità professionali dell’infermiere e dell’infermiere pediatrico
Nell’odierna seduta del ____________________;

VISTI gli articoli 2, comma 2, lettera b), e 4, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, che affidano a questa Conferenza il compito di promuovere e sancire accordi tra Governo e regioni, in attuazione del principio di leale collaborazione, al fine di coordinare l’esercizio delle rispettive competenze e svolgere attività di interesse comune;
VISTO il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, recante “Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421”, e successive modificazioni ;
VISTO il decreto del Ministro della sanità 14 settembre 1994, n. 739, “Regolamento concernente l’individuazione della figura e relativo profilo professionale dell’infermiere”;
VISTO il decreto del Ministro della sanità 17 gennaio 1997, n. 70, “Regolamento concernente l’individuazione della figura e relativo profilo professionale dell’infermiere pediatrico”;
VISTA la legge 26 febbraio 1999, n. 42, “Disposizioni in materia di professioni sanitarie”;

VISTA la legge 10 agosto 2000 n. 251, “Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica”, e successive modificazioni;
TENUTO CONTO del riparto di competenze fra Stato e regioni, così come delineato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che ha modificato il Titolo V della Costituzione;
TENUTO CONTO che il Piano sanitario nazionale 2012-2014, la cui proposta è stata approvata dalla Conferenza Stato-regioni, al punto 1.6 prevede lo sviluppo di nuove competenze e responsabilità da parte delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, consolidando quanto già in atto nel nostro Paese ed uniformandosi così agli altri sistemi europei;
VISTA la richiesta inoltrata dalla Commissione Salute per il tramite della Regione del Veneto, coordinatrice della stessa, al Ministero della salute con nota prot. n. 458704 del 5 ottobre 2011, di avviare un tavolo congiunto per la verifica dei profili professionali sanitari esistenti in un’ottica di ampliamento delle competenze dei professionisti;

RAVVISATA l’esigenza del Ministero della salute e delle regioni di promuovere la diffusione sul territorio nazionale di modelli organizzativi e professionali, positivamente sperimentati e già patrimonio condiviso in alcune regioni;
CONSIDERATO che il Ministero della salute ha verificato la necessità di sviluppare le competenze dei professionisti della sanità e di prevedere l’istituzione di aree di specializzazione in attuazione dell’articolo 6 della legge 1° febbraio 2006, n. 43;
CONSIDERATA la costante e profonda evoluzione nei settori scientifico, epidemiologico, demografico, formativo, professionale nonché lo sviluppo dell’informatizzazione e delle tecnologie con conseguente rimodulazione dei processi assistenziali e dei modelli organizzativi in ambito sanitario e socio sanitario;
TENUTO CONTO delle osservazioni espresse dalle rappresentanze professionali e sindacali interessate;
SANCISCE ACCORDO
tra il Governo e le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, nei seguenti termini:

Art. 1
(Oggetto)

1. Il presente Accordo, in relazione alle aree di intervento di cui all’articolo 2, definisce le modalità e i percorsi validi su tutto il territorio nazionale per riconoscere e promuovere lo sviluppo delle competenze e delle responsabilità professionali dell’infermiere e dell’infermiere pediatrico al fine di favorire lo sviluppo delle funzioni professionali in correlazione con gli obiettivi di educazione, prevenzione, cura, assistenza e riabilitazione previsti dalla programmazione sanitaria nazionale e regionale.
2. Le esperienze avanzate, già in essere in alcune regioni o aziende, sono ricondotte alle modalità e ai percorsi definiti dal presente accordo.

Art. 2
(Aree di intervento)

1. Sono individuate le seguenti aree di intervento:

a) AREA CURE PRIMARIE – SERVIZI TERRITORIALI/DISTRETTUALI
b) AREA INTENSIVA E DELL’EMERGENZA URGENZA
c) AREA MEDICA
d) AREA CHIRURGICA
e) AREA NEONATOLOGICA E PEDIATRICA
f) AREA SALUTE MENTALE E DIPENDENZE

Art. 3
(Modalità e percorsi per lo sviluppo delle competenze professionali)

1. Lo sviluppo delle competenze e delle responsabilità, basato sulla formazione, sulla ricerca e sull’esperienza professionale acquisita in ambito lavorativo, ha come riferimento le norme deontologiche, le disposizioni normative e amministrative relative ai contenuti dei profili professionali e gli ordinamenti formativi universitari, nonché le scelte di programmazione nazionale e regionale, per migliorare la presa in carico della persona, la continuità assistenziale fra ospedale e territorio, il governo dei bisogni assistenziali, sanitari e socio sanitari delle persone, delle famiglie e della comunità assistita

2. Le regioni e le province autonome, previo confronto con le rappresentanze professionali e sindacali, definiscono, all’interno del processo di accreditamento professionale, i criteri per lo sviluppo delle competenze degli infermieri e la conseguente revisione dei modelli organizzativi, sia ospedalieri che territoriali, a iniziare dall’organizzazione dei presidi ospedalieri per intensità di cure e dai modelli per complessità assistenziale, in relazione alle esigenze regionali e professionali.

3. Con riferimento al comma 2, le regioni e le provincie autonome, sulla base di una specifica intesa con le rappresentanze sindacali e professionali, definiscono, in collaborazione con l’università, entro 180 giorni dall’approvazione del presente Accordo, i percorsi attuativi e i criteri per riconoscere pregresse specifiche esperienze, nonché i percorsi formativi da effettuarsi in ambito regionale o aziendale, anche ai fini dell’attribuzione dei crediti formativi universitari (CFU).

4. Le regioni e le province autonome inviano al Ministero della salute la documentazione relativa ai percorsi di cui al presente articolo.

Art. 4
(Formazione e sperimentazione)

1. Con decreto del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca scientifica, di concerto con il Ministero della salute, e d’intesa con le regioni e province autonome, sono emanati gli indirizzi per dare corso alla formazione dell’infermiere specialista, in attuazione dell’articolo 6, comma 1, lettera c), della legge 1° febbraio 2006, n. 43, nonché i criteri per il riconoscimento dei crediti formativi universitari (CFU) relativi ai percorsi pregressi effettuati dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano. In relazione all’attuazione delle modalità e dei percorsi di cui all’articolo 3 sono inoltre rivisitati i piani di studio delle Lauree, delle Lauree Magistrali e dei Master universitari di I e II livello.

2. Le regioni e le province autonome promuovono specifiche e innovative sperimentazioni clinico-assistenziali, gestionali e formative, in ottemperanza alle modalità e ai percorsi di cui all’articolo 3 e ai processi formativi di cui al precedente comma 1, avendo come riferimento una moderna ed efficace integrazione delle competenze all’interno di equipe multi-professionali.

Art. 5
(Governo dell’evoluzione professionale, formativa e organizzativa nel Ssn)

1. Per promuovere lo sviluppo omogeneo delle competenze professionali e dei conseguenti modelli organizzativi nel Servizio sanitario nazionale nonché per promuovere e diffondere le buone pratiche nonché per disincentivare modelli che non abbiano prodotto miglioramenti in termini di efficacia ed efficienza, presso il Ministero della salute è istituito l’Osservatorio nazionale delle buone pratiche professionali e organizzative, cui partecipano i rappresentanti del Ministero della salute, i rappresentanti delle regioni, le rappresentanze professionali e sindacali. L’Osservatorio, valutata la documentazione pervenuta ai sensi dell’articolo 3, esprime pareri motivati al fine di promuovere lo sviluppo omogeneo nel Servizio sanitario nazionale. L’Osservatorio ha facoltà di organizzare i propri lavori secondo le modalità operative e le priorità che riterrà opportuno individuare. Il Ministero della salute è incaricato della diffusione dei pareri dell’Osservatorio.

Art. 6
(Clausola finanziaria)

1. Dal presente Accordo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

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