SOTTO IL CIELO DI GAZA
6. Il rientro in Italia
No, non sono ancora abituata alla morte, e con questa consapevolezza riprendo il cammino del ritorno. Poco lontano, lungo la strada polverosa e bianca, due dromedari si contendono pochi fili d’erba, sulla dune spoglie del deserto incipiente.
Mi bruciano gli occhi: sarà il vento che solleva in un turbinìo la sabbia, mentre saluto il cielo di Gaza.
Lancio furtiva uno sguardo struggente al mare, le cui onde s’infrangono quasi silenziose, assieme ai miei ricordi, sulle macerie, sui resti di un popolo antico.
…mi hanno chiesto perchè me ne andavo, perchè li abbandonavo. Già, perchè?
Perchè è giunto il momento, perchè ho una vita migliore che mi aspetta, un mondo razionale, ricco, esuberante;
una casa solida, una dispensa rifornita, lo stomaco sempre pieno….
E’ tempo di rientrare, di riappropriarmi della normalità… Me ne ritorno nella mia tranquillità, alla mia “morte normale”, alla mia quotidianità.
Sotto un cielo, in cui gli unici “fuochi”, sono quelli di capodanno o delle feste di paese;
Dove tutto ha un prezzo, ma tutto si può comperare.
Dove non c’è nessun fucile che ti spara da sopra un muro, mentre raccogli le verdure del tuo campo.
Dove ogni bambino, per essere tale, è sufficiente che corra felice in un parco giochi, piuttosto che nelle buche sconnesse create dalle bombe.
Dove, almeno, quando viene la sera, puoi andare a dormire sognando, a stomaco pieno, sbadigliando dietro un televisore al plasma.
Dove i pianti dei piccoli, saranno solo pallide grida capricciose, ben lontane da quelle angoscianti e disperate, annegate nel terrore, dei piccoli gazawi.
La guerra annulla, ruba la vita, la dignità, l’infanzia, l’umanità.
Ruba le menti degli uomini di pace, la pace nei cuori degli uomini.
Ruba il sole, il calore di un popolo, disperdendo i suoi resti al vento d’Oriente .
E forse, ho lasciato su quelle dune della Striscia, oltre alle mie impronte che si stanno pian piano cancellando, una parte del mio cuore, sepolto dalla sabbia del deserto.
Renza Martini
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