E’ nato a Corato, in provincia, ed è arrivato a Bari dove si è scontrato con la burocrazia che sepera i reparti di tre grandi ospedali. E’ stato ricoverato a Napoli, dopo un tentativo a Foggia
Quattrocento km per salvare la vita a un bimbo appena nato. E quattro ospedali per evitare un nuovo caso dopo gli ultimi che si sono verificati negli ospedali della Puglia. Il bambino, nato a Corato, è stato trasferito prima al Di Venere di Bari, poi a Foggia e infine a Napoli, dove i medici sono potuti intervenire e operare il piccolo paziente. A Bari, dal Di Venere non è stato possibile trasferirlo all’ospedaletto dei bimbini, la grande struttura del Giovanni XXIII, il Pediatrico della città, per colpa di una convenzione che non c’è.
“E’ un caso che suscita indignazione”, attacca il consigliere regionale di Forza Italia, Giammarco Surico che ha raccontato dell’incredibile vicenda. “Il bambino – spiega Surico, che è un medico – presentava addome acuto e, quindi, era in pericolo di vita.
Il Di Venere, però, è dotato del reparto di terapia intensiva neonatale, ma non della chirurgia e per questo era necessario trasferirlo presso l’ospedale Giovanni XXIII di Bari. Tuttavia, tra le due strutture, una dell’azienda consorziale Policlinico di Bari, e l’altra dell’Asl Bari non esiste una convenzione che consenta il trasferimento dei pazienti.
Una circostanza già di per sé grave, ma il piccolo è stato trasferito ancora: dall’ospedale di Foggia e poi di nuovo a Napoli”. “E’ un sistema sanitario regionale allo sbando – commenta – l’odissea di un bambino appena nato nell’ospedale Di Venere, costretto ad un trasferimento a Napoli in fin di vita, per colpa di una disorganizzazione più unica che rara”.
“Una vera e propria odissea- aggiunge Surico – considerando lo stato di emergenza e le condizioni del piccolo, costretto con la sua famiglia a fare centinaia di chilometri fino a Napoli da beghe burocratiche subite anche dal personale sanitario che non è nelle condizioni di trovare soluzioni in casi simili. E’ una vicenda triste e sconcertante insieme, che si aggiunge ai disagi inimmaginabili di pazienti e operatori sanitari del pronto soccorso del Di Venere. Il Giovanni XXIII poi, soffre di un’incongruenza organizzativa in quanto la struttura è staccata da quella del Policlinico dove, però, la terapia intensiva c’è”.
Fonte: bari.repubblica.it
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