Ruggero Ruggiero, scrittore vincitore del concorso letterario “I segreti dell’Anima – anno 2012”, definisce l’infermiere “un uomo, una persona capace di operare con professionalità e dedizione, usando tutti gli strumenti che vengono messi a disposizione, di fatto lavora attraverso il suo corpo, la sua mente, i suoi gesti”.
“C’è molta differenza – continua lo scrittore – quando un infermiere opera con amore e quando lo fa con un semplice senso d’obbligo di prestazione: nel primo caso, il paziente ne avverte i benefici in maniera incredibile. E’ come curare un malato in una stanza piena di fiori, e il particolare sta nel fatto che il mondo appartenente all’infermiere può essere trasmesso al paziente attraverso parole, gesti, sguardi, attenzioni, come i fiori possono trasmettere in una stanza le stesse sensazioni ed emozioni coi loro profumi e colori; si crea un’attinenza tra un infermiere che opera ed il mondo dell’arte”.
Per lo scrittore molisano il semplice riconoscimento accademico “può avere una valenza perché alla base si dà per scontato che si abbia una cultura accademica, ma questo non significa molto; la persona laureata o accademicamente preparata che non si aggiorna e non migliora, può anche essere sorpassata da un diplomato in infermieristica, che con il suo apprendimento ed il desiderio realizza delle cose che invece un laureato non fa. La capacità di un uomo, un individuo, va oltre qualsiasi strumento e qualsiasi riconoscimento accademico, e quindi un buon infermiere può essere anche un non laureato”.
Secondo lo srittore il valore dell’infermiere nella cultura (la cultura rientra in quell’ambito di bellezza) può essere configurato nella volontà , nella gioia , nei propri pensieri e nella grazia dell’operare, dove una persona può essere toccata, urtata, accarezzata. La cultura è un dipinto, cultura è musica, cultura è letteratura, cultura è scultura, ma è anche anima: si possono dipingere le parole su una tela e creare un quadro, affidarle ad una musica e fare una canzone, metterle su un foglio bianco fino a formare un libro, o esercitarle insieme alla gestualità nel proprio lavoro.
“Personalmente non ho mai avuto la necessità di essere assistito da un infermiere, ma come nei miei libri “Rosso Carminio” (Palladino Editore 2014) e il precedente, “Riflessi” nella mia vita ho avuto modo di vedere degli infermieri assistere mio padre, che è la persona che io amo in assoluto: ho osservato questi professionisti che venivano a domicilio per aiutarlo, molte volte in condizioni meteorologiche avverse (in passato ho vissuto a Campobasso) e ancor prima di cominciare a lavorare salutavano i familiari, si prendevano cura anche di noi parenti. E’ nata una forma di empatia, e questi infermieri li saluto tuttora quando li incontro: in ogni presentazione dei miei spettacoli loro sono sempre stati rappresentati, perché sono parte integrante di quelle emozioni che mi hanno trasferito e mi hanno reso l’uomo che sono oggi.
Come raccontato nel mio spettacolo letterario “Parole in movimento” (iniziativa patrocinata dall’Assessorato alla Cultura e inserita all’interno del calendario del Boamundus Festival di Canosa di Puglia), affiderei sicuramente un caro ad un infermiere perché gli infermieri hanno anche la capacità di trasferire le informazioni nei linguaggi umani , e parlare al malato di quello che ha spiegandolo in un modo che si può intendere, capire e sentire. Immagina che un infermiere ha dato a noi figli gli strumenti per assistere papà quando era malato, illustrandoci come dovevamo operare se per caso avesse avuto una crisi, utilizzando termini molto personalizzati e semplici da decodificare “.
Savino Petruzzelli
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