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“IL SORRISO” entra in aula: sorprendenti gli spunti di riflessione…

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Castigliego
Gianluca Castigliego

“Più sorrisi e canti e meno antidolorifici”…. vi ricorderà sicuramente qualcosa…

Il 7 febbraio 2015, NurseTimes.org pubblica questo mio articolo che sin da subito ha suscitato molta curiosità sul web, soprattutto sui social network dove sono state tantissime le visualizzazioni e condivisioni… A tal proposito colgo l’occasione per ringraziarvi tutti, da chi mi ha scritto per incoraggiarmi e per farmi complimenti a chi mi ha rivolto pesanti critiche ed è rimasto dubbioso e convinto delle sue posizioni.

Per questo, proprio come mi auguravo e speravo, il mio primo obiettivo è stato raggiunto, cioè suscitare curiosità.. Tanta da permettermi, grazie alla richiesta di alcuni lettori, di trasformare questo semplice pensiero in un progetto reale e concreto chiamato…

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“SORRISI IN CORSIA”

Mi sono precipitato con tutto il mio entusiasmo! Finalmente un corso per parlare e aprire le porte ad un approccio comunicativo diverso, basato sul sorriso e centrato sul paziente cercando di approfondire anche gli aspetti psicologici. Ho colto l’occasione al volo, ho pensato che finalmente qualcosa poteva iniziare a cambiare. Ho cercato di creare un percorso che parlasse in una parte della mia esperienza seguendo quello che è il mio stile (stravagante, divertente e ironico) e l’altra parte, quella più scientifica, sviluppata da una figura tecnica e preparata ma che mi conoscesse e condividesse da sempre le mie idee…

Chi meglio di mia moglie? Giovane psicologa e specializzanda in Psicoterapia. Antonia per me è sempre stato un punto di riferimento, ma quello che mi affascina della sua scienza è il suo orientamento chiamato Cognitivo Comportamentale… sicuramente la maggior parte di voi non ne ha mai sentito parlare perché tutti associano la psicologia a Freud…

La psicologia, come tutte le altre scienze, si è evoluta! In termini semplici, Cognitivo-Comportamentale è un approccio orientato al QUI E ORA, ossia volto a risolvere le problematiche attuali dei pazienti utilizzando delle tecniche che hanno evidenza scientifica. Colgo l’occasione per ringraziarla per la sua collaborazione.

Anche se molti di voi saranno scettici su quello che pu  essere la collaborazione tra queste due figure professionali, vi assicuro che i risultati emersi convincono sempre di più che dovremmo cominciare a pensare di allargare i nostri orizzonti a collaborazioni interdisciplinari! Il risultato potrebbe essere assistenza a misura, cucita addosso ai nostri assistiti come nelle migliori sartorie! E’ proprio questo concetto del “QUI ED ORA” che accomuna le nostre idee!

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ARRIVIAMO ALLA RIFLESSIONE

“Sorrisi in corsia” è stato rivolto, per il momento, a circa 60 operatori sanitari, infermieri ed OSS di vari reparti. L’obiettivo del nostro corso è stato suscitare curiosità, interesse, riflessione, piccola autocritica e rilettura del proprio modo di essere e di fare.

In primis, abbiamo portato a riflettere i partecipanti ponendo loro due domande. In questo spazio ci concentreremo sulla prima, cioè:

Perché avete scelto di svolgere questa professione?

Le risposte, scritte su un foglio in totale anonimato, sono sorprendenti e possono aprire spunti per riflessioni. Premetto che quello che vi scriverò non è risultato di studi scientifici o risultato di ricerche in laboratorio, sono solo le percentuali di risposte positive e negative ricevute da questi incontri.

Se da una parte mi aspettavo già risposte positive del tipo “per aiutare gli altri” o “perché mi piace” o “per passione e solidarietà” che rappresentano circa il 60% delle risposte, quello che mi ha stupito e non mi aspettavo sono state le risposte del tipo “NON LO SO” o “NON LO RICORDO” o “PER CERTEZZA STIPENDIO/LAVORO” che purtroppo rappresentano circa il 40% delle risposte.

Non voglio criticare, ma aprire una breve riflessione su questo 40%!

Ho fatto un breve esperimento…essendo cresciuto in un piccolo paese che vive grazie all’agricoltura e alla pesca, ho rivolto la stessa domanda ad agricoltori, pescatori, muratori, operatori ecologici, baristi, ma non solo… anche a commercialisti, ingegneri, insegnanti, avvocati, professionisti di vario tipo.

Nessuno e ripeto NESSUNO, mi ha risposto “NON LO SO” o “NON RICORDO”!!

Certo qualcuno ha messo in risalto le poche o tante motivazioni, il piacere o no di svolgere un mestiere o una professione, ma tutti erano coscienti e consapevoli delle loro scelte!

A mio parere, il “non sapere” o “non ricordare” mette in evidenzia una crisi d’identità che inevitabilmente si ripercuote sulla professionalità e sulla professione stessa, creandone un’immagine distorta!

In modo aritmetico è facile immaginare un professionista vuoto, demotivato. Come si può  svolgere una professione se non so neanche il perché mi trovo in quel posto, in quel momento?

Non possiamo ragionare come operai di fabbrica che meccanicamente ogni giorno svolgono il loro lavoro entrando in contatto con oggetti, tutti uguali, inanimati e senza emozioni…noi entriamo in contatto con persone, che sono tutte diverse, e noi questo non possiamo non considerarlo…questo ci differenzia da tanti altri lavori…il contatto con “PERSONE”…

Sono consapevole delle condizioni in cui spesso siamo costretti a lavorare, sono cosciente dello stress che si accumula in alcune realtà, siamo sicuramente poco tutelati, ma tutto questo non deve assolutamente essere un alibi per lasciarsi andare e non considerare quella che è la nostra identità!

Io, per esempio, sono uno dei tanti precari e anche se sotto pressione, non dimentico mai le motivazioni che mi hanno portato a fare questa scelta!

Credo che, a volte, i nostri primi nemici siamo noi stessi!  Bravi, attenti alla cura di noi stessi, a posto con la coscienza solo per il fatto che si è svolta una prestazione professionale secondo scienza e coscienza, con ordine e precisione, dimenticandosi chi sta ricevendo assistenza!

Sappiate che in quel preciso momento siete come un bel Selfie, cioè belli in apparenza, ma non sarete stati bravi a far conoscere la parte migliore di voi, cioè le emozioni che arrivano dal cuore!

A chi non sa o non ricorda le motivazioni che lo spingono verso questa professione, ai demotivati, ai perfezionisti, ai delusi, ai disinnamorati, vorrei ricordare che state svolgendo una delle più belle professioni al mondo… Aiutiamo gli altri a convivere con un momento di salute precaria! Già il solo fatto di fare qualcosa per gli altri dovrebbe essere una risposta alla nostra domanda! Cercate di ritrovare la felicità prima in voi stessi e di conseguenza riuscirete a trasmetterla agli altri… ritrovate la passione, il sorriso, il piacere e cercate di donare il cuore a questa professione. 

Coltiviamo la cultura del saper ascoltare mettendo al centro del nostro agire professionale l’importanza della persona ancor prima della patologia, vedrete che nuove motivazioni e facili risposte ci verranno a cercare, facendo emergere le vere motivazioni che ci hanno spinto verso questa professione!

Per farvi comprendere quello che cerco di spiegarvi vi riporto un esempio risalente a poche sere fa. Un’assistita, come da prescrizione medica, doveva fare un ciclo di C-PAP con Helmet, ma lo stato di agitazione e di ansia non mi consentiva di espletare la mia prestazione professionale, e non mi dava la possibilità di fargli capire la bontà di quella procedura…

Poi ho capito che forse dovevo ASCOLTARLA e le ho chiesto: “C’è qualcosa che non va?” 

Quello che tormentava la signora, infatti, non era lo stato di assistito o la situazione clinica, ma la sua condizione di mamma di un figlio che era appena stato abbandonato dalla moglie senza preavviso, con due figli da crescere.

Spesso dobbiamo cercare di uscire dal guscio professionale che ci avvolge e utilizzare strade diverse per ottenere il risultato sperato, sempre negli interessi di chi stiamo assistendo! Ovviamente dopo averla ascoltata, sono riuscito a raggiungere lo scopo terapeutico perché torno a dire che spesso va considerata prima la persona, poi la patologia.

Secondo voi, tornando alla domanda iniziale, un professionista che non sa neanche il perché svolge un lavoro così bello sarà in grado di svolgere la professione nel modo migliore?

Provate anche voi a porvi la domanda: perché ho deciso di svolgere questa professione? Se anche voi non avete ancora trovato risposta a questa domanda. Fermatevi e riflettete.

Io per primo non sognavo di fare l’infermiere, ma mi sono fatto questa domanda e la risposta mi è venuta a cercare alla prima esperienza da tirocinante! Mai avrei iniziato questa bellissima professione senza sapere il perché lo facessi! Io ho trovato nella distribuzione del sorriso la mia strada ed il mio punto di forza! E se un giorno questo entusiasmo e amore per la professione finisse, mi fermerei e rifletterei anche sulla possibilità di fare altro. Certo i tempi sono quelli che sono e non si può  cambiare facilmente occupazione, ma se vuoi fare la differenza devi sentirti UNICO in quello che fai…ESCLUSIVO.

Pensa a quello che è un tuo punto di forza, mettilo in campo e a servizio della professione e vedrai che facilmente ricorderai o troverai risposta al perché svolgi questa professione.

A voi le giuste e dovute riflessioni… Chi vi scrive è un infermiere folle che vuole essere il cambiamento e non vuole stare ad aspettare che gli altri cambiano le cose anche per me…

Un saluto da parte dell’Infermiere Folle..

Gianluca CASTIGLIEGO

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