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Lavorare a Roma come libero professionista…la denuncia di Alessio Biondino

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Il percorso di Alessio Biondino, infermiere laureato con lode nel 2010 e autore di due libri, che vuole raccontarci attraverso il suo percorso la realtà infermieristica della regione Lazio

La ricerca del lavoro

Tempo fa sono stato ad una manifestazione sindacale in Piazza del Popolo a Roma. Accompagnai mia moglie, infermiera anche lei e dipendente precaria da 7 anni di un’importante struttura della regione Lazio. Quel giorno mi sono confrontato con diversi colleghi del Policlinico dove lei lavora, che portavano avanti delle sacrosante rivendicazioni, tipiche di questa interminabile crisi: il CCNL da rinnovare, i dipendenti precari da stabilizzare, la necessità di nuove assunzioni, ecc.

Le solite cose, insomma, di quelle che si sentono e si vedono tutti i giorni in quasi ogni edizione del telegiornale. Reali e indegne di un paese “moderno”, ma soprattutto di quello che era uno dei sistemi sanitari migliori al mondo. Indegni di una Repubblica fondata sul lavoro. Ma parlando con loro, ovvero con chi ha avuto la “fortuna” di entrare in qualche ospedale prima dell’esplosione vera e propria della crisi (diciamo dal 2009 in poi), mi sono reso conto di quanto tantissimi colleghi non siano realmente informati sulle condizioni lavorative attuali degli infermieri.

Li sentivo parlare, protestare, rivendicare, ma a tratti mi sentivo un po’ un pesce fuor d’acqua in quanto quelli… Non erano i miei problemi. E non erano i problemi di TUTTI (e sono tanti) i colleghi che avevo incontrato e conosciuto fino a quel momento.

Contratti con aziende pubbliche? Cosa sono? Qualcosa di astratto, di fantascientifico.

Per me come per moltissimi altri colleghi, costretti ad altre strane formule o ad una forzata “libera” professione (cosa ci sarà mai di libero?) per pochi spiccioli che se ne vanno in previdenza e tasse. Vi racconto in breve il mio percorso, unico modo per fare degli esempi veri e concreti.

Mi chiamo Alessio Biondino e sono un infermiere. Di quelli convinti, che studiano, che si aggiornano, che scrivono e che fanno del profilo professionale una sorta di avvolgente vessillo. Mi sono laureato con lode nel 2010 dopo una stupenda esperienza durata sei anni come assistente domiciliare (ADEST, ovvero il vecchio OSS) di ragazzi disabili e di anziani. In onore a quest’esperienza per me molto significativa e che mi ha orientato verso un futuro da professionista dell’assistenza, ho scelto di realizzare una tesi di laurea sulla disabilità: “Il paziente sordocieco e pluriminorato psicosensoriale – complessità assistenziale e strategie di intervento”, realizzata in collaborazione con una nota onlus.

Dopo la laurea e i festeggiamenti del caso, ho iniziato la ricerca di un’occupazione. Con tanto entusiasmo, convinto che avrei spaccato il mondo e che avrei potuto “scegliere”, nonostante ci fossero già da qualche anno delle fredde e preoccupanti ventate di crisi. Dopo un mese circa di consegne a mano e di invii vari (raccomandata, posta, email, risposta ad annunci online, fax, ecc) il mio Curriculum fu notato da un’agenzia interinale. Anzi, “Agenzia del lavoro” come credo si chiamino ora. Glielo inviai tramite un annuncio online. Eh già, nel 2010 ancora uscivano moltissimi annunci online per la ricerca di infermieri qui nel Lazio (anche se di concorsi neanche l’ombra!). Mi chiamarono per un colloquio di lavoro e fui scelto per iniziare a lavorare con un’importante azienda privata. Si trattava di una clinica cardiochirurgica, con terapie intensive e sale operatorie all’avanguardia. Un sogno.

Visitai con loro e coi responsabili la struttura e rimanemmo d’accordo che sarei stato contattato entro breve tempo in vista dell’imminente apertura per firmare il contratto ed iniziare con un periodo di formazione a carico dell’azienda. Mi fu detto di non prendere altri impegni e io, da persona seria e forse ancora troppo ingenua, non consegnai altre candidature nonostante tra noi ci fosse solo una stretta di mano e nulla più. Per 2 mesi. Poi, per fortuna, destatomi dal torpore, mi resi conto di essere stato preso in giro. Non fui più chiamato. E mi arrabbiai molto. Logicamente inserii quell’agenzia del lavoro nella mia lista nera (ad oggi molto lunga).

Ricominciai con l’invio serrato di Curricula. Lo consegnai anche ad un’azienda che si occupa di trasporti in ambulanza e servizio 118. Mi fecero subito un colloquio mentre gli consegnavo il Curriculum. Il “Governatore” mi fece un discorso contorto, in cui affermava di volere dei “volontari” ma che li avrebbe pagati in nero con 8 euro l’ora.

Non avendo impegni, non dovendo firmare nulla ed ingolosito da un’esperienza in ambulanza accettai nonostante le condizioni contorte. Non mi fecero fare neanche un giorno di affiancamento ed iniziai subito come infermiere su ambulanze BLS. Una mattina, dopo un soccorso, ci incontrammo per caso con un’altra equipe d’ambulanza della stessa azienda. Così decidemmo di fare la pausa caffè insieme. Al bar ebbi modo di assistere ad una strana scena che definire strana è un eufemismo: colleghi infermieri, barellieri ed autisti che si contendevano (anzi, direi che se li stavano litigando in modo quasi violento) degli scontrini… Scontrini fiscali dei caffè, di un panino, di un pacchetto di patatine, ecc. Capii in seguito che tramite quei scontrini avveniva il “rimborso spese” attraverso cui si veniva pagati.

Rimasi interdetto, perplesso, stupito e decisamente contrariato. Io, infermiere professionista laureato con lode con tanto impegno e sacrifici avrei dovuto litigare per dei miseri scontrini fiscali da pochi euro per poter essere pagato (in nero) alla fine del mese?!

Per 8 euro lorde l’ora, poi?!

Una volta resomi conto dei rischi a cui andavo incontro in ambulanza senza un periodo di formazione iniziale e soprattutto una volta che ho assistito a quella triste scena, ringraziai e salutai senza pensarci un attimo. Per quelle due settimane di lavoro venni pagato sei mesi dopo. La mia lista nera contava già due voci.

Segue…

Alessio Biondino

 

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