È ben noto, da sempre perché già gli egizi e i greci l’avevano nelle loro tradizioni, che l’andare a cavallo porta con sé una quantità di sensazioni benefiche: produce senso di indipendenza, offre stimoli acustici, visivi, tattili ed olfattivi particolari, stimola l’attenzione e la volontà, rafforza il senso di sé, induce sentimenti di rispetto e di collaborazione oltre che molte vibrazioni affettive e timologiche.
Proprio per queste considerazioni è quasi lapalissiano che una “buona cavalcata” sia benefica per tutti, dai bambini ai vecchi e che possa essere utile a migliorare disturbi come svogliatezza, riduzione dell’umore, vaghe ansietà, spunti nevrotici e psicastenici ed autismo.
La psicologa e tecnico di equitazione integrata, Dott.ssa Francesca Urciuoli, si è così espressa in un intervista rilasciata al sito Equitabile:
“Uno degli aspetti più distintivi delle forme di autismo è la difficoltà nell’esprimere le emozioni e nel codificare quelle altrui; questo vale anche nelle forme ad alto funzionamento come ad esempio la sindrome di Asperger (disturbo pervasivo dello sviluppo), dove la persona fatica ad entrare in relazione con l’altro.
Questo contatto tra sé e l’altro può essere però sostenuto e facilitato grazie ad alcuni strumenti che aiutano la persona autistica ad avvicinarsi al mondo esterno.
Tra questi, il cavallo rappresenta uno dei mezzi più efficaci e indicati poiché permette di stimolare la persona su più piani: da quello emotivo a quello sensoriale ed affettivo sino a quello cognitivo e sociale; inoltre fornisce la possibilità di attenuare le eventuali difficoltà motorie che possono essere coinvolte.
Il cavallo può aiutare la persona autistica ad entrare in contatto col mondo esterno poiché possiede alcune caratteristiche peculiari che lo rendono unico e prezioso.
Anzitutto risveglia tutti i sensi del cavaliere autistico: il suo movimento, il suo calore ed il suo odore fanno si che tutti i sensi siano in gioco.
Solamente però grazie alla competenza ed alla presenza di tecnici esperti nel settore l’unione tra essere umano e nobile animale può portare a risultati significativi e benefici.
L’ippoterapia potenzia infatti differenti ambiti della persona, anzitutto le capacità motorie/posturali.
La persona autistica deve infatti fronteggiare una nuova situazione che lo obbliga ad adattarsi alla condizione “in sella” e a utilizzare le sue potenzialità muscolari per mantenere l’equilibrio rinforzando in questo modo il proprio tono muscolare.
Inoltre favorisce un certo rilassamento dovuto alla posizione ed alla necessità di entrare in sintonia con l’animale; la forza del cavallo e le sue reazioni obbligano poi a controllarsi: l’animale rimanda infatti le reazioni del suo cavaliere.
Infine anche la necessità di distinguere la destra dalla sinistra, il davanti dal dietro o il dentro dal fuori sono elementi che, nella persona autistica, favoriscono un miglioramento generale della percezione del proprio schema corporeo.
Secondariamente la rieducazione equestre sostiene e sviluppa le capacità intellettive poiché durante l’attività in sella l’attenzione, la concentrazione e la memoria sono necessarie per rimanere all’interno del setting che coinvolge la persona insieme all’animale ed all’operatore che conduce il lavoro.
Grazie poi ad un avvicinamento progressivo al cavallo che rinforza la fiducia reciproca, la persona autistica ha modo di controllare maggiormente le sue paure ed ansie, gestendo meglio le situazioni ansiogene e rafforzando l’interiorizzazione di un rapporto rassicurante e soddisfacente che sul piano affettivo rappresenta un importante passo avanti.
Infine, ultimo ma non meno importante, il rapporto col nobile animale stimola, sviluppa e rinnova quelle capacità relazionali ed empatiche sulle quali la persona autistica è più debole.
L’ippoterapia inizia infatti dal rapporto con l’animale prima ancora che con l’attività vera e propria in sella, proprio perché punta ad instaurare un legame affettivo/relazionale con un altro essere vivente che possiede caratteristiche specifiche e differenti da quello umano.
Su questo fronte il cavallo possiede specifiche peculiarità dettate dalla sua natura e da caratteristiche squisitamente intrinseche in grado di facilitare l’apertura verso il mondo esterno grazie al piacere di una relazione speciale ed alla presenza viva ma non propositiva.
Il rapporto e la conoscenza dell’animale potenzia nella persona autistica una certa motivazione a comunicare anche con gli alti esseri umani, risultato fondamentale e obiettivo primario della riabilitazione.
In sintesi, il cavallo non è certamente la panacea che risolve tutti i mali, ma certamente può rivelarsi un intermediario particolarmente facilitante per creare benessere, interattività e stimolare all’acquisizione di competenze che probabilmente in altri ambiti potrebbero essere difficili da ottenere”.
Scupola Giovanni Maria
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